Che regalo vuoi per Natale?

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Quante volte ce lo siamo sentito chiedere e quest’anno, che ci si frequenta così poco, ce lo hanno chiesto forse di più del solito. Perché ci si è persi un po’ di vista, perché la quotidianità comune è andata disintegrandosi, perché la fatica di pensare a una sorpresa sembrava troppo grande in mezzo a questa emergenza continua. Che regalo vuoi per Natale? Nella maggior parte dei casi la risposta era qualcosa che non stava in un pacchetto e che abbiamo dovuto tenercelo solo per noi.

Vorrei un lavoro

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Il lavoro. Per molti e molte in particolare è questo il regalo più ambito. La pandemia sta continuando a mietere cassa integrazione e perdita di lavoro. Dei 622mila posti di lavoro persi nel terzo trimestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, secondo l’Istat, 344mila (il 55,3%) riguardano le donne. C’è il rischio che gli effetti dell’emergenza sanitaria facciano aumentare ulteriormente poi le dimissioni delle lavoratrici madri nel 2020: l’anno scorso sono state 37.611 le neomamme che sono uscite dal mondo del lavoro (il 73% delle dimissioni in italia).

A questo dato va accostato quello sui nuovi poveri della Caritas: sono in aumento le donne in stato di bisogno, così come i giovani. Un problema che seppure nelle priorità del governo nelle intenzioni, in pratica rischia di rimanere irrisolto. Tanto che questa settimana 36 parlamentari, di diversi schieramenti, hanno scritto al premier Giuseppe Conte perché i 4,2 miliardi di euro (saliti poi a 4,5 miliardi), pari al 2% dei fondi spettanti all’Italia, dedicati alla parità di genere risultano essere un investimento non adeguato. Serve un programma straordinario per l’occupazione femminile, la parità salariale, le pari opportunità di carriera, come scrive la senatrice Valeria Fedeli in un intervento su Alley Oop.

Vorrei più diritti

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La pandemia ha fatto emergere gli “invisibili” anche nelle professioni, che relegati nell’ombra per la prima volta nella storia sono “diventati” come categoria. Professioni a cui si pensa poco e che anche la politica a volte lascia in fondo alla lista delle priorità. Basta pensare a tutti i lavoratori dello spettacolo, non gli attori più famosi o i cantanti con i nomi sul cartellone. I lavoratori che fanno funzionare la macchina di un mondo che alimenta i nostri sogni e la nostra immaginazione. E gli appelli e le iniziative associative si sono susseguite per far emergere un bisogno, che certo i ristori non colmano quando si parla di diritti. I numeri fotografano il danno della pandemia:  dalle sale ai teatri agli impianti sportivi, nel primo semestre di quest’anno sono mancati il 64% degli eventi rispetto allo stesso periodo del 2019 e al botteghino i ricavi sono calati del 73%. Quale sarà il futuro degli spettaoli?

Quella delle traduttrici e dei traduttori editoriali, solo per fare un esempio, era una professione a rischio di sopravvivenza già prima della pandemia, perché sottopagata, priva di inquadramento, tutele sociali e previdenziali, come emerge dalla ricerca di Filomena Spolaor. E oggi rischia di vacillare ancor di più. Ma le categorie sono davvero molte dallo sport ai servizi, dal settore viaggi ai lavoratori indipendenti. Alla fine di questa pandemia ci saranno interi comparti da ricostruire e serviranno investimenti ma anche un quadro di tutele per farli ripartire.

Vorrei non essere considerato inutile

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Gli anziani si sono chiusi in casa. Non vedranno figli e non vedranno nipoti in questo Natale da zona rossa. Ma probabilmente non li avrebbero voluti incontrare neanche in zona gialla. Perché hanno paura, perché hanno la consapevolezza che sono quelli più deboli. E proprio loro, che hanno retto il welfare di questo Paese per tanti decenni, si sono ritirati in buon ordine e si sono sentiti dare dei “non produttivi”, quando anche le teorie economiche dicono il contrario, come ha ricordato la prof.ssa Luisa Rosti.

Ora la “generazione silver” vorrebbe vedersi riconosciuto quel ruolo sociale che ha sempre ricoperto in modo naturale e silenzioso. Ed essere anche tutelati per questo, per poter tornare, post pandemia, a riprendere le loro attività nel sistema produttivo familiare, in cui non si paga con moneta sonante, ma con amore i servizi resi.

Vorrei non essere messo da parte

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Eliminazione delle barriere, educazione a un linguaggio più adeguato partendo dalle scuole, eliminazione del pay gap, maggiore accessibilità alle cure più adatte. Sono solo alcune delle richieste che gli attivisti nell’ambito delle disabilità inserirebbero nella lista dei regali di Natale. Voci raccolte nell’inchiesta di Francesca Fedeli. In un Paese ancora non inclusivo per le disabilità c’è ancora molto da fare e spesso le famiglie si trovano da sole a combattere le loro battaglie.

Vorrei una via d’uscita

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Non sei sola. È il messaggio che con Alley Oop cerchiamo di dare da anni alle donne vittime di violenza. Ci sono associazioni, centri antiviolenza, avvocati, forze dell’ordine, psicologi, magistrati che ogni giorno si adoperano per combattere un problema ormai diventato strutturale in Italia. In questo 2020 le donne vittime di femminicidio rischiano di superare quota 100. Sono 3.344 le donne uccise in Italia nel XXI secolo, secondo il rapporto sul Femminicidio di Eures analizzato da Simona Rossitto.

I femminicidi sono solo la punta dell’iceberg di una situazione molto complessa e ramificata per le forme che la violenza può prendere: da quella del linguaggio a quella economica, dalla violenza sessuale alla violenza fisica. La violenza contro le donne non è un destino, però, come ricorda Lella Palladino nel suo libro. Ma per spezzare il presente molte donne hanno bisogno di strutture adeguate che possano accoglierle, personale di polizia adeguatamente formato, supporto psicologico, assistenza legale adeguata.

Vorrei tornare a scuola

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Sono quelli che più di tutti stanno pagando una situazione di difficile gestione con trasporti non adeguati per consentire loro di andare a scuola. Gli adolescenti, persi dentro uno schermo, si sono visti filtrati tutti i loro rapporti da whatsapp, mail e classroom. Quando possono rubano alle regole momenti di socialità, ma la solitudine li sta isolando e uscire sembra sempre più un’opzione lontana. E’ ora di occuparsi di loro, come ricorda Antonella Bonavoglia.

Il ritorno a scuola, dopo mesi di didattica a distanza, potrebbe spezzare una spirale che rischia di portarli alla sindrome del nido e ad allontanarli dalla principale via di conoscenza di sé: gli altri.

Vorrei cambiare

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Tutto ciò che si è rivelato insostenibile lo era già prima. Abbiamo compreso cosa non ci piaceva della nostra vita e cosa potremmo cambiare, fare in modo diverso. Occorre coraggio per innovare davvero, perché è più facile ripercorrere le strade che conosciamo. Ma, come scrive Riccarda Zezzacontinuare a farci vecchie domande renderà impossibile dare vita ad una nuova realtà che oggi rappresenta per tutti noi un bisogno vitale, di sopravvivenza. Allora facciamoci un regalo. Partiamo da noi.

Buon Natale da tutto il team Alley Oop

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