Carla Campus, Chiara Calò, Francesca Schipa e Ornella Gaudio sono imprenditrici. Hanno alle spalle percorsi diversi con un denominatore comune: i libri, le librerie. Ognuna con le proprie caratteristiche e la visione personale di un mondo che oggi è al centro di discussioni, valutazioni e strategie, hanno messo insieme le esperienze per iniziare un nuovo progetto. Anzi due. Hanno inaugurato a Roma, nel 2019 la libreria Bookstorie, nel quartiere Montesacro e nel 2021 la libreria Ubik Tiburtina. La prima completamente indipendente, la seconda ibrida. Al centro del loro “cerchio”, non solo la passione (perché senza passione non si può diventare librai) ma anche e soprattutto responsabilità, ricerca, dialogo con editori e lettori e il desiderio di creare una comunità attorno ai libri, che siano gruppi di lettura o laboratori solidali di lavoro a maglia.
Seguiamo il cammino delle amiche-colleghe ascoltando Carla, Chiara e Francesca e partendo dalla prima tappa: Destino. Ci raccontate come avete iniziato e qual era il vostro lavoro nella vita “di prima”?
Abbandonare un lavoro completamente diverso, scegliere di impiegare il proprio tempo al meglio, lasciarsi coinvolgere.
Carla: È stato il caso che mi ha fatto diventare una libraia. Ho conosciuto Valeria Testoni, la proprietaria di Libri & Bar Pallotta. Era il 2008 e all’epoca lavoravo come impiegata amministrativa in un’azienda informatica. Leggevo tanto e i libri erano la mia passione, ma avevo frequentato le librerie solo da lettrice. Non ho subito lasciato il lavoro e quindi, per qualche mese, sono diventata la libraia del fine settimana e dei giorni festivi e quando ero libera coprivo le ferie al mio collega Carmelo Calì.
Chiara: Io non credo tanto nel destino, credo nelle scelte possibili. Che, cioè, entro un certo perimetro di possibilità abbiamo il dovere di decidere per cosa spendere il tempo della nostra vita. Quando mi sono ritrovata per la prima volta in una libreria – in allestimento – ero alla Ubik di Monterotondo, dove ho poi lavorato per sette anni, dal 2011 al 2018, e ho capito che una delle scelte possibili, per me, sarebbe stata quella.
Sono stata fortunata, perché ho incontrato le persone giuste, che mi hanno dato gli strumenti per imparare e per reinventare, in qualche caso, un mestiere che poi ho amato e amo molto.
Francesca: Molti anni fa, ho seguito un corso di Tecnico dell’editoria, con stage finale in libreria. Tuttavia la cosa si è fermata lì: il mio lavoro era tutt’altro. Ero e sono un’appassionata lettrice e così, frequentando le librerie dove già lavoravano Carla e Chiara, ho iniziato a partecipare a eventi e presto mi sono ritrovata a fare la libraia. E ancora oggi, dopo anni di gestione di librerie, mi considero ancora un’apprendista, ho molto da imparare, ma ho ottime maestre.
Procediamo con la seconda tappa: Amicizia. Quanto pensate che sia importante avere un rapporto di complicità con le colleghe con cui condividete l’esperienza?Amicizia, ma soprattutto responsabilità e, a volte, leggerezza per superare i momenti più complicati.
Carla: Io e Carmelo siamo nati come colleghi e poi siamo diventati più che amici, il clima di Pallotta era assolutamente collaborativo, credo che anche questo abbia fatto la differenza nei riguardi dei clienti. L’amicizia è sempre importante, ma sul lavoro sono più importanti la condivisione, il rispetto reciproco e soprattutto la motivazione, il timone che ci consente di far navigare la barca nella stessa direzione; certo non è detto che si sia d’accordo su tutto, ma fondamentale è poterne parlare.
Chiara: L’amicizia, quando si parla dei colleghi di lavoro, è un valore aggiunto. Lo stesso vale per la complicità. Nel nostro caso, ci sono state entrambe, ma se allarghiamo lo sguardo e proviamo a osservare la nostra storia anche come un percorso di impresa e lavoro conta molto di più il senso di responsabilità nei confronti degli altri, dei colleghi, dei lettori, delle persone con cui a vario titolo si collabora. Michela Murgia, nella sua ultima intervista ha parlato della responsabilità come della necessità di portare pesi, ma secondo me è anche la capacità di rispondere delle proprie scelte e di farsi trovare quando si può dare qualcosa. Per me essere o diventare, di volta in volta, responsabili è un percorso entusiasmante e bello, quando è fatto con la giusta motivazione.
Francesca: L’amicizia è importante, ma non necessaria, in un rapporto di lavoro: contano molto la sintonia, il rispetto del lavoro altrui, la capacità di fondere idee per dare origine a novità, il dialogo e anche le discussioni accese, purché sfocino in soluzioni condivise. Certo, aiutano i pranzetti insieme, le chiacchiere davanti a una tazza di caffè o di tè, e le risate; e quelle per fortuna non mancano.
Mi fermo per due tappe con Carla: Delusione e Riscatto.
Una libreria che chiude, il bagaglio di esperienze e persone accumulate in anni di lavoro e si riparte verso una nuova avventura con maggiore consapevolezza.
Carla: L’incertezza del futuro, data dalla possibile chiusura della libreria, ha interrotto questo bellissimo periodo, Carmelo era andato via e a quel punto era necessario cambiare e a ottobre 2018 sono andata via anche io. Tutto scorre e arriva la proposta di Chiara, Francesca e Ornella che si stavano muovendo per aprire una libreria. Lavoravamo al progetto già da qualche mese, organizzavamo presentazioni tramite l’associazione Equilibri, eravamo una sorta di libreria itinerante, e nel frattempo vedevamo possibili locali e zone dove aprire un negozio vero e proprio fino a quando siamo arrivate a Montesacro, un quartiere con una storia, vissuto dai suoi abitanti e noi siamo la loro libreria di quartiere, entrano anche solo per un saluto e questo ci rende felici e ci fa pensare di essere nel “posto giusto”, ci sentiamo sostenute.
Bookstorie è una libreria indipendente, che fa della qualità delle proposte il punto fermo, la mission. Qual è, nel vostro caso, la prima caratteristica che vi contraddistingue rispetto alle librerie di catena o legate a un editore-distributore?Rapporto diretto editori-libraie-lettori, spazi di ricerca, scoperta, discussione.
Carla: Il marchio crea riconoscibilità e questo inevitabilmente omologa, una libreria indipendente ha più autonomia; chi entra nella nostra libreria capisce cosa ci piace e si aspetta da parte nostra un consiglio; diamo importanza ai cataloghi dei nostri editori, spesso ci sentiamo dire “Voi avete libri che da altre parti non ci sono”. In realtà anche nelle grandi librerie ci sono, solo che a volte si perdono in mezzo al resto; hanno di tutto e questa è la loro forza, ma spesso non hanno un’anima, un’identità unica, e il lettore si sente un po’ spaesato.
Chiara: Torniamo alla parola “responsabilità”. In una libreria indipendente i librai devono, sempre di più, essere in condizione di rispondere delle loro scelte e della loro proposta. E anche della loro capacità di ascolto dei lettori, del territorio, delle esigenze di altre comunità linguistiche anche. Mi piacerebbe che prima o poi si aprisse uno spazio per parlare di questo, se vogliamo fare bene il nostro mestiere abbiamo dei doveri anche nei confronti delle persone che scrivono e leggono in lingue che non sono la nostra? Mi piacerebbe che se ne parlasse, credo che le libreria indipendenti potrebbero essere uno spazio adeguato per affrontare questo discorso. Per me le librerie indipendenti dovrebbero avere questa funzione caratterizzante, quella di essere delle realtà apripista. Di immaginare dei percorsi su cui poi anche altri possano camminare.
Francesca: Forse molto lavoro in più, lavoro di ricerca e scoperta di nuove realtà editoriali, di proposte fuori dal coro, di maggiori contatti con i clienti, con le case editrici e con i fornitori. Però è un lavoro molto soddisfacente che arricchisce noi e i lettori.
Il guadagno delle librerie non è alto, anzi. Voi quanto incassate realmente rispetto al prezzo di copertina di un libro? Secondo voi si potrebbe migliorare qualche ingranaggio nella filiera in modo da far vivere le librerie come meritano? Quali sono le fonti di guadagno (se ci sono) oltre ai libri nel vostro caso?
Creare non solo uno spazio di vendita, ma un percorso, un progetto, condiviso con gli utenti.
Carla: I margini sono bassi, vanno dal 25 al 40% e la fetta della torta si assottiglia a seconda dei passaggi della filiera. I rapporti diretti che abbiamo come libreria indipendente sono più remunerativi, ma non sono facili da mantenere. Da qualche anno grazie alla nuova legge sul libro si è calmierata l’applicazione degli sconti che ormai sono uguali per tutti. La lettura e le librerie rientrano nel patrimonio culturale di una nazione, ma da noi non sembra essere una priorità e quindi ci dobbiamo reinventare continuamente, facendo spazio all’oggettistica, organizzando corsi e tutto quello che crea movimento.
Chiara: Sulle percentuali ha già risposto Carla e devo dire che, per quella che è la filiera e la quantità di persone coinvolte nella realizzazione di un libro, non sono nemmeno bassissime, secondo me. Il punto è che in questo momento le dimensioni del mercato editoriale non sono sufficienti né per chi lo vive dall’interno, né per chi vi attinge dall’esterno. Lavorare per allargare i perimetri di questa industria non è e non deve essere tanto fare una guerra di posizione in cui ciascuno difende la sua postazione e il suo mestiere; secondo me dovrebbe soprattutto essere un modo per allargare gli spazi dell’immaginazione e della costruzione del futuro. In questo senso tutti siamo responsabili della vita delle librerie, non solo della loro sopravvivenza, ma proprio della qualità della loro proposta. Noi viviamo grazie a chi sceglie di comprare libri da noi, grazie a chi consiglia ad altri la nostra libreria, grazie a chi costruisce insieme a noi gli incontri e gli eventi che la libreria ospita. E potrei continuare. Non sono operazioni di marketing, sono percorsi condivisi. In questo senso, in una libreria può starci di tutto, dal cibo alla musica, al ricamo ai giochi.
Francesca: Il guadagno medio non è alto e ovviamente si potrebbe migliorare. Oltre ai libri abbiamo molti giochi per bambini, gadget di vario tipo e creiamo borse e portalibro con tessuti scelti da noi, di ispirazione giapponese.
Parliamo di un altro punto fermo in questa esperienza imprenditoriale: Ambizione. L’ambizione vi ha spinto ad aprire Bookstorie? Oppure la voglia di riscatto, di ricominciare?
La passione e il senso profondo di accogliere, lettori e idee, in una “Casa di libri e persone”.
Carla: Il punto fermo è l’incoscienza, ma che ci vuoi fare, quando ami questo lavoro e il rapporto con le persone! Ricominciare sicuramente contando sul gruppo e puntando sulle nostre quattro anime diverse, frutto di percorsi lavorativi e di vita che sono sicuramente la nostra ricchezza.
Chiara: Nel mio caso, solo la consapevolezza di poter fare bene un mestiere e la volontà di provare a farlo con persone stimate e fidate.
Francesca: Non saprei dire se ambizione o riscatto abbiano a che fare con la mia scelta; direi piuttosto solo il desiderio di creare qualcosa di totalmente nostro, di bello e utile, un luogo aperto e accogliente. Una casa di libri e persone.
Ultima tappa: Scommessa. Non contente di dedicare le vostre giornate a Bookstorie, vi siete lanciate, insieme con Salvatore, in una nuova avventura; sentiamo di che si tratta.
Da un evento infausto – ancora una volta, la chiusura di una libreria – a una collaborazione entusiasmante.
Chiara: Quando, improvvisamente, ha chiuso la vecchia libreria Ubik di via Tiburtina che io conoscevo soprattutto in conseguenza della mia amicizia con Salvatore Di Maio, che ne era il direttore, mi è sembrato di essere di fronte a una perdita inutile.
Quella libreria era diventata un punto di riferimento per il quartiere, funzionava bene, era bella e curata. Dal mio punto di vista, il fatto che fosse un’affiliata Ubik rappresentava un valore aggiunto perché in Ubik ho ricevuto la mia prima formazione e fatto le prime, fondamentali esperienze da libraia. Ho proposto a Carla, Francesca e Ornella di incontrare Salvatore per capire se insieme avremmo potuto fare qualcosa per non disperdere completamente quell’esperienza. Ed è nata la libreria Ubik di via Cupra, aperta da giugno del 2021.
Carla: È stata una scommessa, ma torna anche la parola “amicizia”. Questa seconda libreria è un’opportunità di crescita, lì facciamo lo stesso lavoro, ma con modalità diverse. Ubik è una catena non catena, ci dà molta libertà, coltiva le differenze, e lo fa dando il supporto di un marchio forte, affidabile e riconoscibile.
Francesca: L’apertura di Ubik Tiburtina è nata da quella che chiamerei una serie di fortunati eventi. E speriamo vivamente che continui ad esserlo: una realtà nata da una chiusura improvvisa di una sede e dalla voglia di provare ad ampliare i nostri contatti, la nostra presenza.
In questo caso, essendo una realtà “ibrida”, sentite di avere una sorta di paracadute?
Indipendente o ibrida, non mancano le difficoltà, che se affrontate con responsabilità, passione e un pizzico di incoscienza, si superano.
Carla: No, le difficoltà sono le stesse e pure l’incoscienza!
Chiara: No. Non abbiamo un paracadute. Lavoriamo esattamente nello stesso modo e con le stesse prospettive. Quello che c’è di diverso è che la responsabilità di cui parlavo prima è condivisa (e moltiplicata) con tanti professionisti e tanti altri librai che lavorano nelle Ubik in tutta Italia.
Francesca: No, non direi. È un diverso modo di essere libreria , una nuova (per me) esperienza. Ma testa e cuore (e anche incassi) restano quelli.
Consigliate un libro (ciascuna) per leggere il nostro tempo, soprattutto dal punto di vista delle donne.
Le libraie (e i librai) si riconoscono perché sanno dare consigli fuori dagli schemi.
Carla: Mesi fa all’interno del gruppo di lettura abbiamo letto il libro di Cristina Rivera Garza, “L’invincibile estate di Liliana”, tradotto da Giulia Zavagna e edito da Sur. Il 16 luglio del 1990, a Città del Messico, Liliana Rivera Garza fu vittima di un femminicidio. Trent’anni dopo, a partire dalle carte di Liliana, dalle indagini dell’epoca e dalle testimonianze di amici e familiari, l’autrice ricostruisce la storia della sorella, una storia personale ma terribilmente universale, quella di una giovane donna, brillante e determinata, che muove i primi passi in un mondo permeato dalla violenza di genere e che ha vissuto in una nazione che ha codificato il reato di femminicidio solo nel 2012. È un libro politico, attuale e con una prosa molto poetica.
Chiara: Il mio consiglio è “I bambini del maestrale” di Antonella Ossorio, edito da Neri Pozza, non soltanto perché è una storia che ha al centro una grande protagonista, Giulia Civita Franceschi, che ha diretto la nave asilo Caracciolo dal 1913 al 1928, ma anche perché è una storia che racconta come sia possibile e doveroso scommettere sul futuro in momenti di estrema indecisione e difficoltà.
Francesca: Quest’estate mi sono innamorata di un libro che ho poi consigliato a molti lettori: “L’ultimo amore di Baba Dunja”di Alina Bronsky, tradotto da Scilla Forti e pubblicato da Keller Editore. Si può pensare alla protagonista come a una donna del passato: un’anziana contadina brusca e ironica, che decide di tornare alla sua casa in campagna nonostante le radiazioni di Černobyl. Ma dalle sue frasi spesso sincere fino ad essere taglienti, nella sua forza testarda e invincibile, nella sua necessità di affermare la propria volontà in quanto essere senziente e libero, ho ricavato una sensazione di appartenenza e persino di sorellanza. Leggerlo è stato divertente, intenso e malinconico insieme.
Chiudiamo con i gruppi di lettura… e non solo. I “lettori organizzati” sono senza dubbio una risorsa, ma sotto quali aspetti fondamentali secondo voi?
Gruppi – e scuole – di lettura: librai e lettori in un cammino comune con i libri al centro. E laboratori solidali.
Carla: Nei mesi scorsi abbiamo cercato di leggere libri di autori che avremmo ospitato, per avere anche il piacere di parlarne con loro. Questo ha il vantaggio di garantire una presenza più nutrita alle presentazioni e di creare un gruppo sul quale contare. Il 21 settembre abbiamo inaugurato una scuola di lettura, degli incontri su un singolo autore. Il primo è stato Saramago, per accontentare le richieste dei lettori sulla riscoperta dei classici.
Chiara: Quello che mi interessa di più di questi percorsi è il fatto che siano in grado di sottrarre alla dimensione puramente virtuale lo scambio di consigli ed esperienze di lettura.
Avete organizzato anche gruppi di lavoro a maglia. Ci dite come funzionano?
La libreria rimane ferma nella sua missione di creare comunità e punto di incontro per tutti e apre la porta non solo ai lettori, ma anche a chi, per due ore a settimana, voglia sferruzzare in compagnia, parlando di vita, oltre che di letture, trascorrere il tempo in leggerezza e aderire a un progetto solidale. Lo scorso anno, infatti, abbiamo creato insieme a un gruppo di signore sciarpe e cappelli da donare alla Comunità di Sant’Egidio e quest’anno aderiremo alle iniziative per i pazienti impegnati in terapie mediche organizzate dall’Associazione Gomitolo Rosa.
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“Donne di editoria” è un viaggio a puntate di Alley Oop, ideato e curato da Manuela Perrone, tra le professioniste che a vario titolo lavorano nel settore dei libri: editrici, libraie, scrittrici, bibliotecarie, comunicatrici, traduttrici. Tutte responsabili, ciascuna nel proprio ambito, di disegnare un pezzo importante del nostro immaginario e della nostra cultura.
Qui la prima intervista alla libraia Samanta Romanese.
Qui la seconda intervista alla filosofa ed editrice Maura Gancitano.
Qui la terza intervista all’illustratrice Daniela Iride Murgia.
Qui la quarta intervista alla editor Flavia Fiocchi.
Qui la quinta intervista alle libraie Maria Carmela e Angelica Sciacca.
Qui la sesta intervista alla poeta Elisa Donzelli.
Qui la settima intervista alla editor Ilena Ilardo.
Qui l’ottava intervista alle scrittrici Giulia Cuter e Giulia Perona.
Qui la nona intervista alla editrice Mariangela Tentori.
Qui la decima intervista alla editrice Erica Isotta Oechslin.
Qui l’undicesima intervista alla “libraia felice” Monica Maggi.
Qui la dodicesima intervista alla libraia Daniela Bonanzinga.
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