Un anno dopo il femminicidio, le storie di chi resta

In quest’anno e mezzo abbiamo dovuto ricostruire la nostra vita da zero. Come sempre succede, passati i giorni successivi all’omicidio è calato il silenzio. Le indagini sono state chiuse  e a livello istituzionale non si è fatto sentire nessuno”.  A parlare è Daniele Mondello, ex compagno di Lidija Miljkovic, uccisa l’8 giugno 2022 dal suo ex marito Zlatan Vasiljevich. Lidija è una delle oltre 200 vittime di femminicidio degli ultimi due anni in Italia.  Lidija aveva denunciato, aveva intrapreso un nuovo cammino per sé e per i suoi due figli. Ma non è bastato. Ora Daniele e i figli di Lidija vivono insieme. “Ci facciamo forza l’uno con l’altro, andiamo avanti ogni giorno nella speranza di ricevere ancora qualcosa di bello”, racconta Mondello.

Attraverso la loro storia cerchiamo di capire cosa avviene prima e dopo l’assassinio di una donna da parte del suo compagno, padre dei suoi figli. Perché la violenza contro le donne riguarda tutti, in un paese in cui ogni tre giorni una donna muore per mano del proprio partner e più di 6000 sono vittime di violenza sessuale.

L’escalation di violenza
Daniele Mondello conosce Lidija Miljkovic a Vicenza nel 2013. Lidija, mamma di due bambini, è vittima di violenza da parte di suo marito e dopo un’escalation di abusi tra gennaio e marzo 2019, lo denuncia.  Il 27 marzo 2019 l’uomo finisce in carcere, il 4 aprile va ai domiciliari, il 5 dicembre ottiene un’ulteriore attenuazione della restrizione: divieto di avvicinamento alla persona offesa e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Intanto Vasiljevich comincia il percorso di disintossicazione dall’alcol al Servizio territoriale per le dipendenze e il corso rieducativo per uomini maltrattanti tenuto dall’associazione Ares.

La sentenza di condanna
Nella sentenza di condanna il 2 luglio 2020 a 1 anno e 10 mesi, il giudice per le indagini preliminari mette nero su bianco che “la lunghissima protrazione delle condotte di maltrattamento non consente di ritenere che in futuro l’imputato si asterrà dalla commissione di ulteriori condotte aggressive, trattandosi di una modalità relazionale certo agevolata dall’abuso di alcolici, ma che trova fondamento in un sostrato culturale arretrato, basato su una concezione del rapporto uomo-donna di tipo padronale e dominante”. Il giudice cita le relazioni positive del Serd e dell’Associazione Ares sul percorso riabilitativo e rieducativo, ma spiega che si tratta “solo dell’inizio di un programma di complessiva revisione del proprio comportamento, non sufficiente alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena”.

A febbraio 2021 il primo corto circuito
Basandosi anche sulle relazioni di Serd e Ares, il 2 febbraio 2021 la Corte d’appello di Venezia riduce la pena per Vasiljevich a 1 anno e 6 mesi e concede il beneficio della sospensione condizionale della pena.  La Corte esprime una prognosi favorevole circa la futura astensione dell’imputato dalla commissione di altri reati. Zlatan Vasiljevich torna libero. In quel momento Daniele e Lidia stanno insieme da qualche mese, vivono a Vicenza con i ragazzi, di cui Lidia ha l’affido esclusivo. “Visto che stavamo bene insieme abbiamo deciso di iniziare la convivenza, subito contrastata dagli assistenti sociali”, racconta Mondello, spiegando che “nessuno è venuto a casa nostra a vedere come vivevamo, a parlare con i ragazzi, a chiedere loro se si trovavano bene con me. Nessuno ha mai chiesto questo”.

Il secondo cortocircuito
I servizi sociali scrivono che Lidija è refrattaria a un percorso di supporto alla genitorialità, scrivono che ha taciuto l’inizio della relazione con Mondello e il trasferimento con i bambini presso la sua abitazione. Una condotta – secondo gli assistenti sociali – lesiva dei minori, che dopo l’allontanamento del padre vengono introdotti nell’abitazione di un altro uomo, legato alla madre da una relazione non duratura. Il comportamento di Lidjia deve essere quindi valutato dal Tribunale come fortemente ostativo all’esercizio della capacità genitoriale della stessa, la quale non può ritenersi un genitore idoneo nei confronti dei minori.

La decisione del tribunale civile
Il 7 aprile 2022 il tribunale di Vicenza, sezione civile, affida i minori ai servizi sociali, al fine di avviare un percorso di sostegno della genitorialità delle parti. I servizi sociali – si legge nella sentenza – dovranno: mediare tra i genitori in caso di insanabile contrasto in ogni scelta, quindi medica, scolastica, sportiva, ricreativa religiosa; sostenere le parti nelle rispettive genitorialità; provvedere a riallacciare i rapporti padre e figli calendarizzando, ove il padre lo richieda, delle visite in modalità protetta. Padre, ricordiamo, condannato per violenza e maltrattamenti.  Così Lidjia, dopo anni di maltrattamenti, denunce, iter giudiziari, perde l’affido esclusivo dei suoi due figli.

 Il femminicidio
Due mesi dopo la sentenza, l’8 giugno 2022, Zlatan Vasilievic uccide Lidija Miljkovic. Lo stesso giorno uccide anche un’altra donna con cui aveva avuto una relazione, Gabriela Serrano, poi si suicida.  Il caso scuote le coscienze. L’allora Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, chiede ai suoi ispettori di avviare approfondimenti. Gli uffici giudiziari mandano una relazione sul caso. A rispondere è il procuratore della Repubblica di Vicenza, Lino Giorgio Bruno. “Ci fu una richiesta di informazione da parte del Ministero, a cui l’ufficio diede esito con una mia nota e la trasmissione di documentazione. Nota con la quale ripercorrevo l’iter delle vicende giudiziarie che avevano interessato Vasilievic”, precisa il procuratore. Con quella nota la vicenda si chiude.

 17 mesi dopo
I figli di Lidjia vivono con Daniele Mondello a Vicenza, nessuno si è più fatto sentire, né le istituzioni né gli assistenti sociali. Come ci ha detto all’inizio del suo racconto, si fanno forza uno con l’altro, soli.  Lidjia ha denunciato, ha combattuto, Lidija ha fatto tutto quello che era in suo potere ma è stata uccisa. Il femminicidio è la punta dell’iceberg di un sistema che spesso non funziona, di un corto circuito tra visioni diverse della stessa realtà, tra persone che parlano lingue diverse ed entrano in contatto con la stessa donna: una mamma, figlia, fidanzata, sorella, che prima di essere vittima di femminicidio è vittima di violenza, indifferenza, ignoranza.

Qui il reportage di Radio24

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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.

Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.

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  • GILARI ENRICA |

    Le parole non bastano per esprimere le grandissime lacune del servizio pubblico in tal senso. qui è finita in tragedia .. soprattutto per chi resta. Il mio apporto è per confermare le inefficienze dei servizi sociali. Purtroppo chi è pagato per rendere un servizio alla società non ha le opportune deleghe e garanzie da parte del sistema per assumere la responsabilità delle proprie decisioni ,seppur sancite dalla legge . il caso personale riguarda l’affido di un bimbo all’età di 8 anni. Ho dovuto denunciare i due genitori drogati al tribunale dei minori per stato di abbandono del bimbo, ho dovuto accollarmi per più di un anno tutte le responsabilità (sottrazione di minore) fintantochè il tribunale dei minori non si pronunciava a favore dell’allontanamento dai genitori, nel mentre gli assistenti sociali si sono rifiutati di denunciare direttamente avvalendosi della legge sulla privacy. Una volta avuto in affido il bimbo da parte del tribunale è stato nominato un tutore , che fino alla maggiore età del bimbo in questione ho visto una sola volta nel primo anno di affido. Ora il bimbo ha 22 anni. Nei restanti anni (da 9 ai 18 anni – raggiungimento maggiore età) nessuno si è fatto più vivo. Come pure le relazioni annuali che avevo l’obbligo di sottoporre al giudice: le ho fornite per i primi tre anni e poi…. per principio non le ho più consegnate: bene, nessuno le ha mai reclamate e nessuno più mi ha chiesto che “fine” avesse fatto il minore. Negligenza assoluta.

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