Mia figlia maggiore aveva 7 anni quando l’abbiamo adottata dall’Etiopia e, come ogni bambino di quell’età, è soggetta nel nostro Paese all’obbligo scolastico. Ancor prima di consolidare il legame come figlia, di conoscere bene noi, la nuova casa, i nuovi parenti, la nuova città, la nuova lingua, ha dovuto iniziare a frequentare la scuola, all’incirca un mese dopo il suo ingresso in Italia.
Il mio non è, come si potrebbe pensare, un caso speciale o isolato, tantissime famiglie adottive si trovano nella medesima condizione: l’ultimo report pubblicato sul sito della Commissione per le Adozioni Internazionali relativo al 2019 riporta un’età media dei bambini adottati al momento dell’ingresso nel nostro Paese di 6,6 anni. E l’età è in lenta ma costante crescita negli ultimi anni (era 5,9 anni nel 2016). Non è più possibile quindi oggi parlare di adozione senza considerare i bambini all’interno di una prospettiva più ampia che comprenda il contesto scolastico e sociale, oltre a quello strettamente familiare.
La rete delle relazioni scolastiche
Daniela Pazienza prova a fare il punto sulla questione nel volume, esplicativo già dal titolo, Adottati e subito a scuola, edito da Aracne editrice. Il libro non è un semplice vademecum per genitori adottivi alle prese con l’inserimento scolastico del proprio figlio, ma un vero e proprio condensato di esperienze, riflessioni, peculiarità, difficoltà che la maggior parte dei bambini diventati figli attraverso l’adozione internazionale devono affrontare in tutto il percorso scolastico (e forse anche oltre).
Al centro del volume c’è il bambino (o il ragazzo, perché ampio spazio è dato ai cosiddetti “bambini grandi”, che vengono adottati a 10, 11, 12 anni) e la rete di relazioni che lo sostengono e che lo hanno formato nel bene e nel male nel suo percorso di crescita. A ognuno di questi legami sono dedicati i primi capitoli del libro: in primis la relazione del bambino con la famiglia adottiva, una storia ancora da costruire quando il bambino fa il suo primo ingresso a scuola ma che poi sarà il cardine e la base sicura del suo percorso scolastico e di vita; una relazione che si inserisce però all’interno di un percorso dove un pezzettino di strada (piccolo o grande che sia) è già stato fatto dal bambino all’interno di altre relazioni e di altri legami (con la famiglia di origine, con i compagni di istituto o con le figure che si sono prese cura dei nostri figli prima che noi arrivassimo).
Con l’ingresso a scuola il bambino (e la nuova famiglia con lui) si apre ad altre relazioni: con i compagni, con le maestre o i professori, con la complessità che questo comporta, a livello emotivo e cognitivo e che si viene a sommare in contemporanea alla costruzione del legame affettivo con i genitori adottivi.
Daniela, com’è nata l’idea di scrivere un libro sul percorso scolastico dei bambini adottati?
Posso dire che più che un’idea sia stato lo sbocco naturale di un percorso di crescita “collettiva”: un percorso cercato e condiviso di esperienze comuni a tanti genitori di figli adottati “grandi”. Anni e anni di appunti e approfondimenti che possono essere utili ai “genitori di oggi” che si pongono le domande che ci ponevano noi “genitori di ieri”.
Ci sono tante esperienze di altri genitori riportate nel libro, da dove provengono?
Le esperienze provengono proprio da questo cercarci tra genitori per riflettere insieme sulle dinamiche comuni, per avere un possibile orientamento, per sapere dove posare lo sguardo, per non “navigare” troppo a vista: mutuo aiuto, scambio continuo, rete tra genitori.
Qual è la difficoltà maggiore che è emersa dalle voci che hai raccolto e dal confronto di questi anni con le famiglie sul tema?
Quello che è sempre emerso è lo sforzo: dei genitori ad accompagnare, con l’approccio giusto, i propri figli nel loro percorso di studi cercando una prospettiva lunga; dei genitori e dei figli per trovare strategie giuste (senza perdere la fiducia né nelle proprie risorse di genitori né in quelle dei figli) per acquisire conoscenze e competenze, partendo proprio da loro, soprattutto quando adottati “grandi” con un percorso di vita e di apprendimento già iniziato prima dell’adozione; dei figli ad ambientarsi nella famiglia, nella scuola per trovare e/o ritrovare le proprie competenze, risorse e potenzialità, con i propri tempi. Costruire e ricostruire ogni giorno senza dare nulla per scontato. Come ogni figlio/studente, adottato e non, il percorso scolastico può avere difficoltà più o meno grandi, ma può essere anche molto brillante, con le soddisfazioni dei traguardi raggiunti e dove le specificità dell’adozione possono essere fonte di grande ricchezza e valore.
Quale riflessione vorresti condividere…
C’è ancora bisogno di approfondire le tematiche legate ai figli adottati “grandi”: le loro risorse, le loro capacità, le loro abilità, le loro conoscenze, le loro competenze e soprattutto la loro forza (quella di chi ricorda, quella di chi ha vissuto la separazione dai genitori biologici…), come scrive Margarita Soledad Assettati nella prefazione al libro, quella “forza sovrumana che li ha aiutati a sopravvivere e resistere al dolore della separazione, sostenuti da una buona dose di rabbia, motore esplosivo che li ha resi ‘visibili’ al mondo esterno”.
Nella seconda parte del libro ampio spazio è dedicato proprio alle peculiarità del bambino adottato e alla loro influenza sulla sua capacità di apprendere (vita pregressa, ricordi e memoria, scolarizzazione nel paese d’origine…), con un affondo sul rapporto con la lingua madre, così delicato e particolare per questi bambini e così diverso rispetto ai ragazzi stranieri che arrivano in Italia con la propria famiglia d’origine.
Conclude il volume un utile approfondimento dedicato alla normativa di riferimento e agli strumenti a disposizione della scuola e dei genitori per costruire un percorso scolastico che sia davvero inclusivo e calibrato sulle esigenze dei bambini adottati (ricorso ai BES, applicazione delle Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio dei bambini adottati del MIUR).