In realtà ne abbiamo scoperte tutti molte di più, di cose nuove, e iniziano a manifestarsi piano piano mentre vediamo con speranza la curva dei contagi rallentare. Ma le domande servono a fare spazio alle conoscenze, soprattutto a quelle nuove, e domandarci che cosa sappiamo adesso che non sapevamo già è il modo migliore per dare gambe e spessore a una realtà in cui ci siamo trovati improvvisamente immersi e che quindi rischiamo di non vedere – come pesci che non sanno cos’è l’acqua.
Ecco quindi le tre scoperte che scelgo di esplorare oggi, mettendo un po’ d’ordine nel soqquadro che c’è nella mia mente quando mi affaccio in cerca delle novità.
1) La prima è questo tema del “caffè”, ovvero che cosa significava davvero la pausa caffè quando lavoravamo in ufficio. Se ne è parlato ieri in una conferenza online con i direttori HR di alcune grandi aziende, che per primi hanno ammesso che ne hanno riscoperto la funzione essenziale alla creazione di reti di relazioni e alla nostra capacità di avere un territorio comune più ampio di quello circoscritto da ruoli e obiettivi.
Io proprio mercoledì, al termine di una conference call con i manager della mia azienda che si era rivelata stranamente tesa e improduttiva, d’istinto gli ho chiesto di “mettere in agenda delle pause caffè di coppia settimanali”, perché ho sentito che ci mancava proprio quello: parlare di altro, di noi, di niente, per rinsaldare quella base identitaria che andrebbe in frantumi se si componesse solo di lavoro.
2) La seconda scoperta riguarda l’andamento delle giornate, e come gli ecosistemi (anche piccoli, come quelli familiari) trovino un proprio equilibrio che supera – in felicità ed efficienza – qualunque modello di pianificazione strategica. Lo dico perché da qualche giorno i miei bambini non corrono più a cercare i loro dispositivi digitali per giocare nella mezz’ora quotidiana cui hanno diritto, ma si distraggono perché vogliono invece giocare (tra di loro, ma anche con me!) a Trivial, ping pong, basket, biliardino (tutti in formato mini, ovviamente), e il tempo non basta mai. Hanno intensificato le lotte e le coccole e annusano a pieni polmoni ogni spiffero d’aria: il loro istinto li guida verso ciò di cui hanno bisogno, e comincio ad abituarmi anch’io a fidarmi più della loro agenda che della mia.
3) Infine, è girata per qualche giorno la domanda se “le donne torneranno prima a lavorare” perché meno colpite dal coronavirus, e alla fine l’hanno fatta anche a me. E allora mi sono accorta di sapere che qualcos’altro potrebbe permettere alle donne di tornare a lavorare prima, o comunque meglio: questo congedo collettivo forzato che abbraccia tutto il mondo ci ha finalmente fatto condividere davvero la vita familiare con i nostri compagni.
Impossibile mantenere i vecchi confini (sfido qualcuno a dirmi che ce l’ha fatta): la rivoluzione di tempi e di spazi ha rimesso in gioco tutti, e spero che le donne abbiano ceduto territori – se non altro per sfinimento – e gli uomini ne abbiano conquistati, scoprendoli magari meno noiosi del previsto.
Tornerà tutto come prima oppure, se misureremo i minuti dedicati alla gestione familiare da uomini e donne ogni giorno, ci sarà una netta differenza tra prima e dopo Covid-19?
L’importanza del tempo “perso” (o meglio, non allocato ad attività produttive), un po’ di serendipity nella vita familiare e la chance evolutiva che questa fase di isolamento sta dando alle relazioni tra uomini e donne: tre belle scoperte per un mese che comunque è stato anche tanto duro per tutti noi, mentre questa storia la viviamo, la subiamo e, in qualche modo, la scriviamo.