Sottopagati, precari, non rappresentati: i giovani ai margini del mercato del lavoro

man making announcement with megaphone at gold studio

E i giovani? E’ una delle domande da porre al nuovo governo in un’Italia che sul mercato del lavoro continua a generare nuove marginalità, anche alla luce delle grandi trasformazioni dei processi produttivi degli ultimi anni, come automazione e digitalizzazione.

L’ultima denuncia arriva dal Rapporto del Consiglio Nazionale dei Giovani in collaborazione con Eures: il 42% degli intervistati afferma di trovarsi ad affrontare criticità e problematiche quotidiane sul lavoro, percentuale che sale al 55% per chi lavora nel digitale. Parliamo di circa 2,2 milioni di persone che tra il 2020 e il 2021 hanno ricavato un reddito grazie ai servizi digitali, di cui 570 mila svolgendo prestazioni lavorative attraverso piattaforma (nel 48% dei casi in maniera esclusiva).

Oltre la metà di loro ha lavorato con contratti atipici o con partita Iva, mentre quasi un lavoratore su 3 non ha avuto alcun contratto. Se quindi da un lato l’economia digitale ha offerto opportunità di lavoro libero e indipendente, dall’altro ha generato l’erosione delle tutele connesse al lavoro subordinato, come la retribuzione minima nazionale o settoriale, la tutela della sicurezza e della salute, le ferie retribuite, il diritto a ottenere assegni di disoccupazione, permessi per malattia, congedi parentali, e molto altro.

Tasto dolente è, anzitutto, la retribuzione: quasi la metà dei giovani lavoratori e lavoratrici (46%) ritiene di essere pagato troppo poco, con la situazione più critica tra chi lavora nelle professioni digitali (52%). Qui, i compensi sono in tutto o in parte variabili. In generale, per 4 persone su 10 (43%) la retribuzione mensile è inferiore a 1.000 euro, solo un terzo riceve una retribuzione più dignitosa, compresa cioè tra 1.000 e 1.500 euro, mentre meno di uno su quattro (il 24%) supera i 1.500 euro netti mensili. Il tutto, con un forte gap di genere: 1.160 euro per gli uomini, 996 euro per le donne.

«Le nuove professioni hanno aperto a vecchie e nuove marginalità che colpiscono soprattutto i giovani e, tra questi, le donne che rappresentano una componente particolarmente vulnerabile dell’offerta di lavoro. Un dramma causato sia dalle retribuzioni mediamente più basse rispetto a quelle degli over 35, sia per l’indice di occupazione (41% per gli under 3%) e di disoccupazione (17,9%). È indispensabile mettere in campo tutti gli strumenti necessari per invertire questa tendenza»  commenta Maria Cristina Pisani, presidente del CNG.

Non solo, trovare informazioni relative alle retribuzioni negli annunci è molto difficile: sono omesse nel 68% dei casi e anche in fase di colloquio sembra essere un tema “scomodo” da sollevare. Guardando alle categorie, l’offerta retributiva più bassa è per chi si occupa di consegne (circa 830 euro lordi al mese, spesso condizionati a turnazioni e risultati), per la produzione e gestione di contenuti web/social si arriva a circa 950 euro lordi mensili, per l’area informatica si sale a 1.100 euro, nel reparto marketing/gestione clienti si superano i 1.220 euro così come per l’area sales. A livello geografico, sono più alte le retribuzioni medie offerte al Nord(1.420 euro lordi) rispetto a quelle del Centro-Sud (995 euro lordi).

Venendo all’inquadramento, il precariato sembra essere parte del DNA dei nuovi lavoratori: l’Inps certifica come in Italia tra gli under 35 l’incidenza dei contratti a tempo determinato sia più che doppia rispetto ai lavoratori maturi (23,5% contro 10,7%). Scorrendo gli annunci, il 14% fa riferimento a contratti a tempo determinato, il 12% a tirocini o stage (generalmente della durata di 6 mesi), l’8% a collaborazioni occasionali e l’11% a forme di lavoro autonomo.

«L’analisi evidenzia in maniera plastica la debolezza contrattuale dei giovani già al momento della ricerca del rapporto di lavoro: comunicazioni omissive o completamente disattese al colloquio sia in termini di impegno orario che di livelli retributivi. Le offerte di lavoro sotto la soglia di povertà, insieme alla precarietà diffusa demotivano i ragazzi e le ragazze e non consentono alcun progetto di vita o investimenti a medio-lungo termine. Eppure, troppe volte, i giovani sono costretti a fare una scelta obbligata di fronte alla prima, o peggio unica, offerta utile» conclude Alessandro Fortuna, Consigliere di presidenza del CNG.

Non stupisce, quindi, che la tutela dei sindacati sia ritenuta fondamentale per la stragrande maggioranza dei giovani intervistati (69%). Una cifra che sale al 71% tra le nuove professioni digitali e arriva al 75% tra gli under 25 e le donne. Del resto, le donne sembrano essere escluse o marginalizzate a priori. Da un’analisi degli annunci di lavoro, emerge come il profilo richiesto sia declinato nella maggior parte dei casi al maschile: in pratica si parla molto più diffusamente di “addetto”, “operatore”, “tecnico” e “venditore”. Solo il termine “segretaria” è declinato al femminile.

E la formazione? Per la maggior parte delle persone, è stata poco rilevante nella ricerca del lavoro, tranne che nel caso dei lavori digitali e nelle professioni qualificate: qui il titolo di studio è risultato “decisivo” per oltre il 63% dei casi.

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