Siamo abituati a lottare per difendere bambini e adolescenti da nemici visibili: persone che abusano di loro, insegnanti maneschi, genitori maltrattanti o violenti, bulli. Questi nemici hanno tutti una fisicità. Ma ne esiste uno insidioso e invisibile, che è altrettanto pericoloso perché ne mina il benessere: il disagio emotivo.
La pandemia ha fortemente colpito i nostri ragazzi, non solo per i traumi legati alla malattia e alle conseguenze economiche e sociali, ma anche perché ne ha stravolto la quotidianità. Ci sono le difficoltà a frequentare amici e amori, c’è la didattica a distanza, ci sono giorni che sembrano essere sempre uguali a se stessi, c’è soprattutto una profonda incertezza sul futuro, unita alla sensazione di non essere stati presi in considerazione.
I minorenni ci parlano e lo fanno a modo loro: alzando la voce e manifestando, oppure attraverso comportamenti devianti, dalle maxirisse alle sfide estreme documentate online. Negli ultimi mesi i ragazzi hanno iniziato a gridare perché non si sentono ascoltati. Gridano anche attraverso il corpo: tagliandosi la pelle con unghie, aghi, lamette. O smettendo di mangiare o abbuffandosi in maniera patologica, anche tra gli 8 e i 9 anni. E gridano provando a uccidersi.
Il 114, il telefono per l’emergenza infanzia del Dipartimento delle politiche della famiglia gestito da Telefono Azzurro, ha registrato nel 2020 una crescita del 50% rispetto all’anno precedente dei tentativi di suicidio tra i minorenni, del 53% delle idee suicidarie e del 7% degli atti autolesivi. I reparti di neuropsichiatria infantile sono al colmo, come il “Bambin Gesù” di Roma, e molto spesso per accogliere ragazzi che hanno cercato di togliersi la vita.
Non è più possibile ignorare la minaccia al benessere e alla salute mentale di bambini e ragazzi. Occorre intervenire con la massima rapidità e la risposta può solo arrivare, nell’immediato, da chi è più vicino alle persone. Sarebbe opportuno, in tal senso, dare un nuovo impulso ai consultori, portandoli a intervenire nelle scuole e a supportare le famiglie. Inoltre, negli istituti scolastici, agli sportelli d’ascolto si potrebbero affiancare interventi che utilizzino il gruppo di pari come occasione di confronto e di crescita: bisogna dare a bambini e ragazzi il modo di esprimersi, di essere ascoltati e di condividere il malessere.
Tuttavia, l’esigenza di potenziare il supporto e di anticipare, per le situazioni che lo richiedono, la diagnosi e l’intervento dei servizi specialistici per la presa in carico, si scontra con le carenze del Paese già note e segnalate dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza sin dal 2018. Mancano infatti i servizi di supporto alle famiglie, quelli intermedi – come ad esempio potrebbero essere i centri diurni – che possano dare risposte in maniera flessibile e senza lunghe liste di attesa.
La pandemia, come avvenuto per la didattica a distanza o lo smart working alle prese con una connettività non sempre adeguata, ha portato alla luce le disomogeneità dei territori. Ora bisogna recuperare il tempo perduto e trovare soluzioni: lo sforzo deve riguardare tutte le istituzioni e il sistema Paese nel suo insieme, soprattutto di fronte all’urgenza di tutelare la psiche dei nostri figli. In tal senso, appare quanto mai necessaria l’adozione del V Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva. Da parte sua l’Autorità garante convocherà un tavolo con esperti, oltre ad avviare una ricerca su benessere e salute mentale dei minorenni, con lo scopo di arrivare a elaborare raccomandazioni utili ad assicurare adeguate risposte alle esigenze di bambini e ragazzi e guardare così al loro e nostro futuro.