I bambini olandesi sono i più felici, almeno secondo l’ultimo rapporto UNICEF. Nella stessa classifica, quelli italiani occupano il 19esimo posto. Pubblicato a inizio settembre, il documento valuta la salute mentale, fisica e lo stato delle competenze accademiche e sociali dei bambini fino a 18 anni, di 41 nazioni del mondo.
Certo classifiche come questa rischiano di sembrare un esercizio ingiusto, dato che confrontano situazioni spesso difficilmente paragonabili. Invece le conclusioni che permettono di trarre sono utili, si spera, per migliorare le politiche. O almeno per chiarire le situazioni esistenti. E rendersi conto per esempio che, anche davanti alle eccellenze segnalate nel rapporto stesso, nessun Paese risulta privo di limiti.
Il benessere emotivo delle persone è ormai uno degli elementi per la valutazione dello sviluppo dei Paesi. Negli anni è emerso che statistiche, come i livelli di PIL di una nazione, non sono sufficienti a offrire un’immagine dettagliata delle condizioni di vita della (maggior parte) della popolazione di uno stato. Questo è risultato particolarmente vero a partire dalla crisi del 2008 e di fronte alle difficoltà nel gestirla.
A maggior ragione oggi, quando ancora non è chiaro l’impatto reale della pandemia sulle economie mondiali, i livelli di benessere delle nuove generazioni dovrebbero essere un parametro per valutare (meglio) credibilità ed efficacia delle politiche pubbliche. Soprattutto sul medio-lungo termine. Non è un mistero per esempio che i periodi di prolungato lockdown, le incertezze su contenimento e trattamento della malattia e le discussioni sull’apertura delle scuole stanno impattando la salute dei ragazzi con un rialzo consistente della diffusione di depressione, ansia e patologie legate al benessere mentale.
Il documento dell’UNICEF, anche se basato su numeri pre-Covid-19, è un po’ campanello d’allarme un po’ mappa: permette di individuare le priorità su cui concentrarsi. Dalla situazione della prima in classifica, si vede, per esempio, che i Paesi Bassi presentano alti tassi di obesità e livelli di stress legato alle pressioni e prestazioni scolastiche – criticità che risultano comuni ai paesi ad alto reddito. Allo stesso tempo però il 90% dei 15enni olandesi si dice soddisfatto della propria vita (in Italia si arriva al 76%) e nel 81% dei casi dichiara di avere una certa facilità a fare amicizia (nel 79% in Italia). In generale, inoltre, un alto senso di appartenenza alla scuola, voce in cui ancora gli olandesi primeggiano (gli italiani sono al 14esimo posto), pare essere correlato a buoni risultati scolastici.
Non c’è una ricetta per la felicità. E sicuramente non è valida per tutte le situazioni, ma riconoscerne alcuni tratti può permettere di (ri)costruire ambienti più “salutari”. Un discorso ricorrete in questa fase della pandemia.
Vedendo come vivono i bambini nei Paesi Bassi, continuo a credere (ne parlavo nel 2018 proprio su queste pagine) incidano una combinazione di fattori: una certa indipendenza a cui sono abituati da piccoli, fiducia da parte di genitori e la percezione di poter avere un rapporto aperto e diretto con gli adulti. A cui aggiungere tanta attività all’aria aperta (già senza che il Covid lo rendesse una necessità) anche con pioggia e temperature basse.