Prendete delle radioline a energia solare. Sintonizzatele sulla giusta frequenza. Non c’è il programma musicale preferito o quello con le dediche da rivolgere a chi fa battere il cuore. C’è la lezione dell’insegnante da seguire per non restare indietro e non perdere tempo. Niente immagini o powerpoint. La voce – il principale strumento per chi insegna – arriva così a tutti gli studenti che sono bloccati a casa nelle baraccopoli alle periferie delle metropoli nel Sud del mondo grazie ai volontari di Compassion. E’ questa la didattica a distanza per migliaia di bambini in alcune parti del nostro pianeta, ai tempi della pandemia da Covid-19. Perché mentre noi eravamo intenti a districarci tra le diverse piattaforme, alcuni volontari percorrevano svariati chilometri a piedi per andare a prendere i compiti dall’insegnante e portarli ai piccoli, isolati nelle loro case e nelle bidonville. Per centinaia di migliaia bambini nel mondo il problema non è l’accesso al pc o ad internet, ma vivere – ancora oggi nel 2020 – in capanne di latta dove 10 persone condividono 12 mq, dove non c’è corrente elettrica, né acqua corrente.
«Per questi bambini avere il pc è come per noi andare sulla luna – spiega Roberto Savini Zangrandi, membro del Consiglio di Amministrazione di Compassion Italia e di Spagna, l’organizzazione internazionale fondata dal Rev. Everett Swanson che da più di sessant’anni aiuta i bambini in povertà in 25 Paesi nel mondo in tutti e cinque i continenti e impegnato in attività di fund raising – ma se sapere che l’uso delle radioline può provocare una prima istintiva reazione di profondo dispiacere per le loro condizioni di estrema povertà, in un secondo momento sopraggiunge un senso di meraviglia e stupore perché anche nell’emergenza più drammatica come questa che stiamo vivendo con la pandemia e il lockdown, sono state trovate delle soluzioni che consentono di mantenere un contatto con questi bambini, per non lasciarli soli al loro destino. Questa è la capacità di non arrendersi e di andare avanti, nonostante tutto. Ed è straordinario se ci pensiamo».
In molte realtà, specie le più povere, dall’Asia all’America Latina, dall’Africa all’Estremo Oriente, è difficile il contenimento sociale, lo è altrettanto mantenere le distanze. In questo momento le attività nelle scuole dei centri Compassion sono sospese, così come sono chiusi i centri “mamma e bambino”. Ciò significa che tanti bambini stanno perdendo opportunità importanti, specie sul fronte della socialità, della crescita e del confronto. La pandemia, dunque, arriva in tutti gli angoli del globo, impattando seriamente anche sulla Solidarietà Internazionale, come ci aveva già confermato Vittoria Garofalo, cooperante internazionale di Caritas Spagna, in una nostra diretta Instagram, in onda a maggio per il format #uncaffècon. Tanti progetti sono fermi e non possono proseguire. Altri non possono neanche partire. L’adozione a distanza, tra i principali strumenti di Compassion per sostenere le attività per i piccoli, ha subito un forte rallentamento, come Savini Zangrandi spiega. Le preoccupazioni hanno distolto l’attenzione dalle difficoltà in cui versano milioni di persone nel mondo.
L’istruzione è il primo strumento di emancipazione contro la povertà, l’unico modo che i bambini hanno per “salvarsi”, imparando un mestiere o studiando per una professione. «I volontari fanno quello che possono – aggiunge – portano pacchi cibo, le mascherine e il sapone e spiegano la necessità di lavarsi le mani in continuazione. È un supporto che si può offrire a queste comunità che purtroppo hanno perso anche quel minimo di sostentamento che avevano. Sono famiglie numerose, dove chi può, lavora alla giornata facendo i mercatini, dedicandosi al piccolo commercio oppure si adopera con piccole attività di trasporto necessarie con i flussi turistici, che adesso sono purtroppo fermi. Ciò che ci consola è che – nonostante la drammaticità e la precarietà della situazione – il numero dei contagi resta basso. L’unica cosa che continua regolarmente è la didattica a distanza per i ragazzi dell’università».
Eppure c’è ancora tanto da fare. Il pensiero, infatti, corre a loro, agli studenti che s’impegnano e sognano di diventare medici, infermieri e insegnanti non per partire e andare via dalla miseria, ma per restare e aiutare la loro gente. Garantire adesso strumenti adeguati, aiuto e supporto significa proteggere il loro futuro, prevenire situazioni di degrado e promuovere lo sviluppo di quei territori. Lo sviluppo del bambino fornisce oggi le capacità per avere successo domani. È un investimento in un bambino – e sulle loro famiglie – per tutta la vita. «Non parliamo solo di povertà materiale ed economica – conclude – ma anche morale, psicologica, di prospettiva. Noi genitori adottivi – io e mia moglie ne abbiamo adottati cinque – li seguiamo da lontano passo dopo passo, li incoraggiamo a non arrendersi, li sproniamo quando ci scrivono “Non ce la farò mai”, oppure quando in famiglia non hanno buoni esempi da seguire. Il rischio che si perdano per strada c’è sempre».
I risultati di fatica e sacrifici per fortuna arrivano e donano conforto, in questo momento.Le storie sono tantissime e tutte meravigliose. «Ho dormito poco bene, pensando a come sarebbe vedere il mare per la prima volta – scrive Kissia, che pur vivendo in Brasile non aveva mai visto il mare – È molto più grande e più bello di quanto immaginassi». Aiutare e sostenere questi bambini significa provare a dar loro un’infanzia più serena.