Gestire male i collaboratori: un grave danno anche economico

La parola “estate” per chi come me ha un ruolo di direttore sportivo è sinonimo di “costruzione della squadra per il campionato successivo”. Da quando ricopro questo ruolo per la società sportiva Como Nuoto la ricerca dei pallanuotisti che abbiano voglia di approdare sulle rive del Lario è sempre foriera di tante emozioni e di piacevoli riflessioni. Aspetti fondamentali per poter fare un buon lavoro sono il budget a disposizione, che nella pallanuoto quasi mai è particolarmente ricco, e il confronto con l’allenatore che dovrà guidare e far crescere la squadra.

Armato di ogni buona intenzione anche quest’anno, come nei precedenti, sono partito nel confronto con il nostro capo allenatore, Predrag Zijmonic, chiedendo su quali nuovi giocatori “forti” volesse puntare. Lui (per ben due volte campione europeo, argento mondiale e bronzo olimpico), con la tranquillità di chi mastica sport da una vita, mi ha risposto serafico: «Cerchiamo prima di tutto di investire per tenere a bordo e rinforzare quelli che appaiono gli anelli deboli». La sua risposta mi ha spiazzato e ancor più la precisazione: «È importante far crescere tutta la squadra, dobbiamo tutelare il gruppo e non possiamo più perdere dei pezzi». Di fornte alla mia sorpresa, Zijmonic ha fatto riferimento alla legge della catena:

“Il valore di una squadra si misura dalla forza del suo anello più debole”

Lavorare sul valore di ogni membro della squadra

Questo aspetto mi ha aperto gli occhi: cercare ogni anno di investire il piccolo budget a disposizione su pochi nuovi atleti e non farlo sui propri giocatori, sulla crescita degli atleti meno pronti è sicuramente una scelta di breve periodo. Non investire sulle risorse a disposizione, trascurandone alcune perché non pronte, è il modo migliore per creare malcontento, abbandoni, alienazione, polemiche tra giocatori e conflitti di difficile risoluzione. In questa situazione, una scelta di gestione del gruppo sbagliata può creare un crollo economico, di immagine e di risultati per chiunque abbia investito sulla squadra.

Appare chiaro come il mondo dello sport insegni che il cuore del lavoro debba essere sulle persone. Gli atleti non vanno mai “lasciati indietro”: gli obiettivi si raggiungono con una corretta gestione dell’intera squadra, motivando, facendo crescere e coinvolgendo tutti gli elementi del team. Il costo di perdere qualcuno per strada, anche se si lasciasse indietro “l’anello più debole”, sarebbe troppo alto. Questo vale non solo per la squadra e i suoi obiettivi, ma anche per la reputazione della società, per i suoi investimenti e per i suoi ritorni economici.

E in ambito lavorativo vale la stessa regola?

Il costo della cattiva gestione delle persone

A livello globale il costo di una cattiva gestione delle persone, del mancato coinvolgimento di alcune risorse e della perdita di produttività dovuta a dipendenti poco motivati e non impegnati ammonta a 8,8 trilioni di dollari, ovvero al 9% del PIL globale, secondo uno studio di Gallup.

Dunque, tutti quei manager che, come gli allenatori nello sport, hanno l’opportunità di gestire una squadra, devono prendere consapevolezza dell’impatto che una loro errata gestione delle persone può arrecare alla squadra stessa e all’intero universo economico dell’azienda per cui lavorano.

Avere coscienza della propria capacità di condurre il gruppo è la base per poter migliorare il rapporto con i collaboratori. Conoscere i propri punti di forza e le aree di miglioramento nella gestione delle persone permette di capire come creare coinvolgimento per tutto il team senza lasciare nessuno indietro. Comprendere il proprio modo di rapportarsi con la squadra aiuta a portare l’intero gruppo verso i risultati attesi. Questa consapevolezza nella gestione delle persone che è alla base della crescita comportamentale di molti manager rappresenta, probabilmente, uno dei metodi più efficaci per aumentare la produttività riducendo gli sprechi all’interno delle organizzazioni.

Lavorare sui “fondamentali”

Da più di vent’anni mi occupo di risorse umane. Il mio focus è sempre stato sulla gestione delle persone e sulla crescita di manager e professionisti all’interno delle organizzazioni. Tra vita nello sport e gestione delle persone ho imparato che:

  • nello sport ci sono degli aspetti tecnici che vengono chiamati “fondamentali” e sono alla base della crescita di un atleta nella propria disciplina sportiva
  • allo stesso modo nel contesto lavorativo esistono dei mattoncini “fondamentali” per costruire il ruolo di un manager: dialogo ed ascolto sono i primi da imparare per sorreggere le tecniche di valutazione, di motivazione, di feedback e di delega, ovvero i pilastri della gestione delle persone.

Mancanza di Consapevolezza

Manuela Zanchi, campionessa olimpionica con il Setterosa nel 2004 ad Atene, ha sempre sostenuto che per crescere sui “fondamentali” devi prima poter capire “come li esegui”. Solo con questa coscienza puoi metterti in gioco per migliorarli.

Numerosi sono gli studi che puntano ad aiutare i manager a migliorare nei propri “fondamentali” di dialogo, ascolto e gestione delle persone. Ci sono ricerche, però, che pongono l’accento sulla bassa consapevolezza che i manager stessi hanno del proprio modo di rapportarsi con i collaboratori. Ricerche che hanno saputo mettere a confronto lo stile con il quale i capi pensano di guidare il loro team con quello in cui i collaboratori affermano di essere condotti. La differenza di vedute appare notevole:

  • quasi il 60% dei manager ritiene di fare un buon lavoro nel riconoscere il duro lavoro e i contributi del proprio team, ma solo circa un terzo dei singoli collaboratori, il 35%, condivide lo stesso sentimento. (Studio Gallup citato in precedenza)
  • Il 70% dei manager afferma di fornire feedback correttivi e di sviluppo almeno una volta alla settimana, ma solo il 27% dei dipendenti è convinto di riceverne. (Studio Gallup citato in precedenza)
  • Il riconoscimento dei meriti secondo i manager è molto frequente ma i collaboratori segnalano all’80% di non ricevere feedback positivi o che questi non vengano consegnati in modo “memorabile”. (Studio Gallup citato in precedenza)

Prendere consapevolezza è alla base del miglioramento

Per questa ragione prima ancora di poter lavorare su come rafforzare la capacità di gestione dei collaboratori, diventa fondamentale investire per far sì che chi guida si renda conto dei passi di miglioramento che può fare: solo 4 su 10 tra manager e imprenditori dichiarano di non aver ancora raggiunto una capacità soddisfacente di lavorare con le proprie risorse.

Gli strumenti che possono aiutare la creazione di questa consapevolezza sono i più vari, come ad esempio gli assessment comportamentali corredati di feedback individuale e i questionari a 360° svolti in azienda sono solo alcuni tra i più noti al mondo delle risorse umane.

Uno degli strumenti più potenti è certamente l’utilizzo del feedback come scambio reciproco tra manager e collaboratore. Appare importante includere nella relazione con i collaboratori il confronto reciproco: quello scambio in cui anche chi segue ha la possibilità di esprimere il proprio pensiero per aiutare chi guida a migliorare le proprie capacità.

I dati però non ci danno conforto. Tra i dipendenti intervistati nello studio di Gallup, meno della metà (42%) dichiara di avere l’opportunità di fornire riscontri al proprio manager anche attraverso momenti formali. Circa uno su quattro (24%) ha la possibilità di contribuire alla valutazione delle prestazioni dei manager. Di conseguenza il passo per aiutare i manager a divenire consapevoli dei propri errori con le persone è ancora lungo. Andando avanti così è sempre molto alto il rischio di sprechi economici e buchi di produttività.

Cari manager, accettate questo feedback per provare a migliorare: mettetevi in discussione e cercate riscontri. La palla per cambiare è in mano a voi!

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