La Bicamerale contro il femminicidio è un’assunzione di responsabilità della politica

Il Parlamento ha approvato all’unanimità il disegno di legge del Pd a mia prima firma per la costituzione della Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere. E’ la prima volta che viene istituita una Bicamerale sul femminicidio e sulla violenza maschile ed è un salto di qualità rispetto alle Commissioni di inchiesta monocamerali delle due passate legislature. Il segno che il cambiamento culturale che invochiamo sta iniziando, proprio grazie al contributo di quei lavori parlamentari e all’impegno di tante reti che fuori dalle istituzioni hanno spinto, supportato, affiancato quel lavoro. Penso a tanti professionisti straordinari che ci hanno affiancato in questi anni, a tante operatrici dei centri antiviolenza e a tutti i movimenti femminili e femministi che mai hanno interrotto la loro azione.

Il Parlamento assume con il voto di ieri il contrasto alla violenza maschile contro le donne come un impegno prioritario e anche la discussione che si è tenuta nell’Aula di Palazzo Madama ha segnato questo passo in avanti: il linguaggio, il sentire comune nelle Camere è cambiato. Si comincia a chiamare il fenomeno per nome e cognome. Non è un’emergenza, non è un raptus, la violenza maschile contro le donne è un fenomeno strutturale di natura culturale e sociale, manifestazione estrema dei rapporti sperequati di potere tra uomini e donne nella società e nella famiglia, non è un fatto privato ma un fenomeno pubblico che interroga la politica e dalla politica pretende scelte e risposte. Ora. Ho apprezzato il coraggio della ministra Eugenia Roccella, che da destra ha parlato lo stesso linguaggio, non era scontato. Non è stato un fatto banale. Ora inizia un’altra grande sfida di carattere, appunto, culturale.

La nuova Commissione bicamerale

La nuova Commissione avrà ancora una volta per tante attività di indagine gli stessi poteri della magistratura inquirente e raccoglie l’eredità della Commissione del Senato che ho avuto l’onore e l’onere di presiedere per una legislatura: 13 relazioni che scandagliano il problema in molti dei suoi aspetti, dalla sua consistenza alla reazione giudiziaria alla violenza, dalla vittimizzazione secondaria che avviene nei tribunali civili ai danni delle donne che denunciano, fino alla sanità e alla scuola.

Una mole di dati e di indicazioni su cosa fare, un patrimonio che speriamo verrà utilizzato a piene mani considerandone il valore scientifico e tecnico, mai di parte, mai ideologico, come conferma la condivisione unanime dell’intera commissione senza differenze tra forze politiche. Per questo mi auguro che la futura Bicamerale composta questa volta da 18 senatori e 18 deputati, con almeno un rappresentante per ogni gruppo parlamentare, vorrà innanzitutto monitorare che le prescrizioni date e le leggi varate non rimangano lettera morta e potrà, e io me lo auguro, fare ancora di più e meglio su alcuni temi.

C’è ancora infatti tanto da fare: completare filoni di indagine e ricerca che per ragioni di tempo legate alla prematura e improvvisa fine della legislatura non abbiamo approfondito e completato come avremmo voluto. Penso alle ultime due relazioni su come la violenza viene letta, affrontata, e gestita nelle scuole e più in generale in tutti i luoghi deputati della formazione e all’istruzione, ma anche nelle strutture sanitarie in specie in quelle di prossimità a partire dalla rete dei “medici di base”, che tanto potrebbero fare per intercettare e contrastare gli stereotipi e i pregiudizi sessisti su cui prolifera la violenza.

Le leggi ci sono

Il patrimonio legislativo, lo continuiamo a ripetere, è enorme e solido, le leggi ci sono, per quanto alcune ancora migliorabili, ma ci siamo. Ora bisogna passare dalle parole ai fatti. La violenza maschile contro le donne può e deve essere sconfitta. Quello che chiediamo al governo è allora di passare dalle parole ai fatti, con risposte semplici e concrete su un sentiero tracciato e condivido.

Nell’attuazione, ad esempio, della legge sulle statistiche, a maggiori investimenti sulla formazione e la specializzazione di tutti gli operatori, un intervento per la legge organica sulla violenza e il femminicidio, una grande, straordinaria campagna di sensibilizzazione. Oltre che un maggiore e costante aumento delle risorse da destinare a CAV e case rifugio.

Questo significherebbe assumere davvero come prioritario questo obiettivo nell’azione di governo, per la prima volta guidato da una donna, nel nostro Paese. Questo significherebbe fare la differenza e noi saremmo, se ciò accadesse, pronte a riconoscerlo come abbiamo fatto ieri in aula rispetto alle parole giuste pronunciate sul tema dalla ministra Roccella.

Le misure per le donne

Abbiamo però una preoccupazione che non possiamo nascondere. A preoccuparci, infatti, non è l’impegno sul tema della violenza, che a parole non manca, ma la visione di un Esecutivo che ha varato norme penalizzanti per le donne come la nuova Opzione donna, il quoziente famigliare, la cancellazione della rilevazione dell’impatto di genere degli appalti, l’idea dei congedi solo materni. Una maggioranza che non contrasta con convinzione attacchi che vengono da suoi esponenti alla libertà di scelta delle donne su come e quando avere un figlio.

Se, come abbiamo tutti riconosciuto ieri, la vera causa della violenza fonda le sue radici nella sperequazione di potere esistente nella relazione tra uomini e donne è lì che dobbiamo agire anche promuovendo ruoli, spazi, funzioni pubbliche pari nella sfera pubblica ,così come in quella privata, per uomini e donne. E questo però oggettivamente cozza con le scelte compiute sino ad ora da questo governo. Attenzione, contrasto alla violenza e affermazione di diritti, parità e libertà delle donne camminano necessariamente insieme.

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