Trasformazione digitale: fissiamo degli obiettivi perché le donne non restino indietro

Futuristic networking technology remix with woman using virtual screen

La trasformazione digitale delle aziende ha subito un forte slancio in questi ultimi due anni. Intelligenza artificiale, robotica, Internet delle Cose (IoT), stampa 3D, ingegneria genetica, computer quantistici: la tecnologia è il supporto irrinunciabile per ogni tipo di innovazione, che si tratti di innovazione di prodotto o di servizi, ma anche per migliorare le condizioni e la qualità del lavoro. Non c’è settore in cui non sia indispensabile la padronanza delle competenze digitali e questo è vero non solo per le nuove generazioni che si affacciano al mercato del lavoro.

Non si può dunque pensare alla costruzione di questo futuro trascurando l’importanza di un’adeguata presenza e valorizzazione delle donne: su di loro e sui loro talenti occorre investire per accelerare il cambiamento e per azzerare il digital gender gap. “Donne per la transizione digitale – Competenze, Cuore e Coraggio per attivare il cambiamento” è un evento che si propone come momento di confronto su questi temi. Si terrà il 10 novembre, organizzato dall’Associazione Donne 4.0 a Roma presso l’Università dell’Arkansas con sede a Palazzo Taverna in Via di Monte Giordano.

darya-majidiLe donne 4.0 sono coloro che hanno capito che le tecnologie stanno completamente ridisegnando il mondo e che se non interveniamo in un’ottica di inclusione questi strumenti rimarranno solo in mano agli uomini. Sono persone attente ai diritti umani, al diritto alla formazione e al lavoro, e hanno capito che la tecnologia non è neutra. Gioca un ruolo fondamentale nel reshaping del nostro mondo, e per questo le donne devono essere incluse non solo come utilizzatrici, ma come protagoniste” racconta ad Alley Oop Darya Majidi, imprenditrice tech e presidente dell’Associazione Donne 4.0.

Il convegno vuole essere un momento di confronto per indicare anche nuove direttive di azione. In un contesto di digital transformation, in cui le tecnologie stanno creando milioni di nuovi posti di lavori, storicamente e per ragioni meramente culturali l’apporto femminile è molto basso. Si stima che in Italia solo il 27% della forza lavoro nel settore ICT sia femminile, e che ancora nel 2020 tra tutti gli iscritti alle facoltà STEM le studentesse rappresentavano solamente il 37%, sebbene in totale più del 55% degli studenti siano femmine.

Ma il divario di genere digitale non riguarda solo le nuove leve che stanno progettando un futuro lavorativo: le tecnologie sono per tutte un’opportunità di crescita personale e professionale, ma anche strumenti di libertà, di rappresentanza e di azione. In questo senso ha un’importanza fondamentale anche il reskilling e l’upskilling, come continua a spiegare Majidi: “Chi fa parte della nostra associazione ha capito che occorre sviluppare un mindset digitale anche se il percorso di formazione non è propriamente Stem. Sappiamo che i dati post pandemia sul mondo del lavoro sono preoccupanti, particolarmente per le donne. La transizione tecnologica sta valorizzando certe competenze e ne sta depotenziando altre. Occorre che le donne non abbiano paura del digitale e dell’automazione e che siano più sicure di sé, concedendosi di uscire dalla propria comfort zone e approcciare queste discipline. Come gli elettrodomestici hanno rappresentato una forma di libertà per una certa generazione femminile, così la padronanza di un algoritmo può essere strumento di libertà per questa generazione”.

E non si tratta solo di collocarsi professionalmente e conquistare uno spazio lavorativo: dal momento che la tecnologia costruisce il nostro mondo e risponde a certi bisogni, è necessario che abbia uno sguardo realmente inclusivo. Basti pensare alle app mediche e di fitness che non tengono conto della diversità portata dal ciclo mestruale. O ancora, non dovrebbe sorprendere sapere che il mondo dell’AI può non essere immune agli stessi bias di genere di chi li progetta: un traduttore che traduce in automatico “doctor” con “dottore” o “nurse” con “infermiera”, per fare un esempio banale.

Hispanic woman using a digital tablet

Ma dato che solo ciò che è misurabile è migliorabile, il convegno si propone tra le altre cose anche di istituire un Osservatorio sul Pnrr, in una logica di monitoraggio partecipativo. Lo scopo è di valutare e identificare le opportunità dedicate alle donne e verificare l’efficacia delle azioni messe in campo tramite la definizione di obiettivi precisi, vicini nel tempo e quantificabili. “Abbiamo identificato dei KPI realistici e fattibili, che tra l’altro fanno parte del Pnrr, e riteniamo che debbano essere strategicamente monitorati. Se oggi il rapporto donne uomini nelle Stem è di 20-80, dovremmo puntare almeno al 40-60, in alcuni campi anche 50-50 perchè i tempi sono maturi” sottolinea  Majidi.

L’evento vedrà la partecipazione, tra gli altri, di Assuntela Messina, senatrice e sottosegretaria del ministero dell’Innovazione Tecnologica e la transizione digitale; Linda Laura Sabbadini, chair del W20; Sonia Stucchi, hr Manager – Hewlett Packard Enterprise; Azzurra Rinaldi, direttrice School of Gender Economics, Unitelma Sapienza. L’evento è stato realizzato con la partnership di Hewlett Packard Enteprise Italia, e il Sole 24 Ore è media partner.  “Quella del PNRR – osserva Stefano Venturi, presidente e amministratore delegato di Hewlett Packard Enterprise – è un’occasione unica per dare uno slancio decisivo al processo di transizione digitale del nostro Paese. Se, a causa della scarsa presenza femminile nel settore, alimentiamo gli algoritmi di intelligenza artificiale con dati parziali, che contengono essi stessi degli stereotipi, la macchina finirà per assumerli, accreditarli e amplificarli. Promuovere il talento e la presenza femminile in questo ambito significa impegnarsi per un domani più prospero ed equo, non solo nello specifico settore della tecnologia”.

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