“La prima A entrerà alle 6 e la quinta G alle 11, però di sera perché altrimenti si incrocerebbe con la terza D che uscirà alle 10,58. Dovrete posizionare vostro figlio di fianco al cinesino posto sul pavimento, non fate quella faccia, a questo servono i cinesini, se avete altri figli legateli al palo fuori dal cancello. Verrà fatta valutazione stato di salute, i bambini dovranno stare sull’attenti, i primi 10 che crolleranno non saranno ammessi. Se arriverete in ritardo perderete lo slot e dovrete aspettare che il varco spazio/tempo si riapra”.
«Non è la trama di un gioco a livelli, ma quasi. Dopo mesi di didattica a distanza in cui reinventarsi insegnati e tornare studenti, le scuole riaprono regolarmente solo nelle chat dei genitori: “ore 9: la scuola ci comunica (finalmente) modalità e orari di entrata da lunedì prossimo. Ore 12: il sindaco posticipa apertura al 24 settembre” si legge su Twitter. E tu – madre e collega che avevi sfiorato per un attimo la possibilità di pensare a compartimenti stagni, un’ora per volta, “solo al lavoro/solo alla casa/solo al tempo per te” – sei solo una MDM, Mamma di Merda».
Lo spiegano bene Francesca Fiore e Sarah Malnerich, fondatrici di Mammadimerda, il blog politicamente scorretto che racconta “quello che della maternità non si racconta”, raccogliendo il seguito di 25mila follower su Instagram e oltre 60mila su Facebook: una vera e propria community a cui l’iconografia di “Mammabene” sta stretta. “L’obiettivo di MDM” – racconta Malnerich – “è desacralizzare la figura mitica della madre che ci hanno cucito addosso“: una scelta politica che parla un linguaggio “leggero ma non superficiale” e che “vuole dire quello che non si può dire sulla maternità, discutendone i lati più problematici dettati dal testo sacro de «lo devi fare tu e lo devi fare bene”. Affermare a voce alta che fare la mamma sia spesso faticoso, non può essere un tabù. Sentirsi inadeguate, si può. Non sentirsi pronte, anche. Eppure, sul tema scuola e riapertura, Mammadimerda è stata prontissima, sollecitando l’attenzione dell’agenda governativa già dal lockdown.
“Dopo due mesi trascorsi a casa, senza la minima attenzione nel dibattito pubblico per il tema scuola e istruzione, abbiamo ricevuto centinaia di messaggi che testimoniavano situazioni di profonda disperazione”: da quel momento, la consapevolezza di utilizzare la visibilità come strumento per dare voce a quello che stava accadendo nelle famiglie dimenticate. “Il 16 aprile è nata la prima campagna #noncisiamo”, spiega Fiore, “in cui abbiamo indirizzato delle domande specifiche alla ministra Bonetti: le misure a sostegno delle famiglie andavano riviste, i soli 15 giorni di congedo parentale pure. Così come l’incompatibilità dei bonus con altre forme di sostegno al reddito e con gli ammortizzatori sociali: chi in Italia non ha fatto un giorno di cassa integrazione in quel periodo?”.
Le MDM hanno giocato d’anticipo, unendo la loro battaglia a quella di “Priorità alla Scuola”: ciò nonostante, le incertezze non trovano risposte. E se le trovano, sono poche e sparse. Abruzzo, Puglia, Calabria, Basilicata e Campania rimandano il suono della campanella al 24 settembre: troppi i nodi da sciogliere. Se fossero in una task force titolata al “Back to school”, le MDM avrebbero chiaro da dove cominciare.
I nodi problematici: perché #noncisiamo?
“Il primo punto critico è l’organico” spiega Francesca Fiore: “mia figlia, seconda elementare, non ha neanche un’insegnante nominata perché i precari che avevano le cattedre assegnate lo scorso anno non hanno potuto rinnovare richiesta nelle stesse scuole. La continuità didattica non è stata salvaguardata”. Se un organico carente è già un problema in situazioni normali, diventa insormontabile in emergenza: “alle istituzioni chiedevamo lungimiranza. Invece, oggi, molte scuole non possono garantire il tempo pieno perché manca il personale ATA, fondamentale anche per le operazioni di sanificazione necessarie”. A ingolfare un meccanismo già complesso, le linee guide in caso di eventuali contagi: “per evitare che un bambino debba restare a casa al primo raffreddore o sintomo influenzale” – spiegano le MDM – “abbiamo chiesto presidi sanitari nelle scuole. Le linee guida prevedono che, al primo sintomo, si debba contattare il pediatra che – a sua discrezione – valuterà se avvisare l’ASL e disporre il tampone. Dopo l’esito del tampone, potrà esserne richiesto un ulteriore, a verifica della doppia negatività. Nel frattempo, chi resta a casa con i figli? “Facile rispondere: in Italia il padre guadagna mediamente di più e, anche laddove accade il contrario, sono comunque le madri ad occuparsi del lavoro di cura: la possibilità che gli uomini possano richiedere il congedo parentale è considerato un fatto ancora culturalmente improbabile e strano”.
Emergenza doppia: diritto allo studio e pari opportunità
A chi replica che “la scuola non è un parcheggio” e che “il focus non è sulla libertà dei genitori”, toccherà ricordare la funzione educativa e sociale della scuola, parte integrante di un equilibrio globale e fondamentale: non è solo un tema di diritto allo studio, ma di pari opportunità. L’anno scorso, in Italia, 37.611 le lavoratrici neo-genitori che si sono dimesse. Oggi solo il 24,7% dei bambini ha un posto al nido e, come spiega Malnerich, “se per i primi due anni di tuo figlio non puoi lavorare, è difficilissimo rientrare nel mondo del lavoro”. Così, l’emergenza scuola ne porta a galla un’altra: il diritto di welfare e servizi adeguati che supportino le donne, “non solo madri, ma forza lavoro che produce Pil”.
Lo conferma la nuova ricerca “La scuola che verrà: attese, incertezze e sogni all’avvio del nuovo anno scolastico”, realizzata da Ipsos per Save the Children: al momento dell’indagine, 7 genitori su 10 dichiarano di avere preoccupazioni relative al rientro a scuola. Prima fra tutte, l’incertezza circa le modalità di ripresa (60%), seguita dai rischi legati al mancato distanziamento fisico (51%) e quindi dalle possibili variazioni di orario di entrata/uscita da scuola che potrebbero non essere compatibili con gli impegni lavorativi dei genitori (37%). In questo caso i nonni, per chi li ha, tornano ad essere il pilastro del welfare familiare, per il 22% dei genitori intervistati. Anche la rinuncia al lavoro o la riduzione dell’orario lavorativo sembra essere una delle opzioni delle famiglie: una scelta che – confermando il gender gap del nostro paese – ricadrebbe principalmente sulle madri (23%) più che sui padri (4%).
“Non si tratta di conciliazione vita-lavoro”, spiega Malnerich, “ma di diritti connaturati: non vogliamo la conciliazione, ma quello che ci spetta. Poter lavorare, avere figli e dire che il lavoro ci piace. Non sono solo una mamma, ma una donna con delle passioni”.
Quale futuro?
La scuola non è “un problema” solo della scuola, ma di tutta la società e, guardando al futuro, le MDM si dicono “pronte a tutto”. Sugli investimenti in arrivo dal Mes e Recovery Fund, sono propositive: “ora è l’occasione per attuare misure strutturali per il futuro: perché non investire nel miglioramento dell’edilizia scolastica? Il 40% degli edifici scolastici ha più di 70 anni” sottolinea Malnerich. “Dal momento in cui c’è una pandemia che colpisce maggiormente d’inverno – luoghi chiusi, sindrome parainfluenzale– non avrebbe più senso dotare le scuole di impianti di condizionamento e tenerle aperte più durante l’estate, stagione meno rischiosa? Tre mesi di chiusura non rispondono più alle esigenze di una società che è cambiata” , aggiunge Fiore.
Il 26 settembre, con Priorità alla Scuola – comitato che comprende genitori, insegnanti e studenti – l’appuntamento è in piazza del Popolo a Roma. Le MDM ci saranno e numerose perché, come titola il loro libro, “Non sei sola”: l’emergenza può ancora farsi occasione per reinventare collettivamente l’istruzione, a misura di tutti. Genitori compresi.