“Mi auguro che ora in Italia ci sia molta attenzione sul recupero degli studenti dopo la crisi del coronavirus, perché c’e’ il forte rischio di lasciare indietro soprattutto i ragazzi svantaggiati, con danni che possono essere di lungo termine, non solo sull’economia, ma anche sulla carriera dei singoli individui”. Giovanni Semeraro, economista dell’Ocse tra gli autori del rapporto sulla scuola pubblicato oggi dall’organizzazione, sottolinea che la chiusura delle scuole a causa della crisi sanitaria (18 settimane in Italia, uno dei periodi più lunghi tra i Paesi industrializzati), ha penalizzato soprattutto gli studenti che già erano a rischio.
“Le persone potenzialmente più in difficoltà hanno pagato di più anche nell’istruzione. Un lockdown prolungato può esacerbare le disparità sociali, considerando che le performance scolastiche sono correlate con lo status socio-economico delle famiglie. La lontananza dalla scuola può peggiorare la situazione per gli studenti che hanno già una performance peggiore degli altri e vivono in un contesto disagiato”, sottolinea l’economista in un colloquio con Radiocor-Il Sole 24 Ore. Inoltre, “va ricordato che la didattica a distanza non è la stessa cosa della didattica in presenza, soprattutto per i più piccoli”.
Già adesso l’Italia deve fare i conti con percentuali di ragazzi inattivi, i ‘Neet’, cioè né a scuola, né al lavoro tra le più alte del mondo e con maggiori difficoltà nel completamento degli studi per gli studenti degli istituti tecnici rispetto a quelli dei licei, che generalmente provengono da ambiti socio-economici più avvantaggiati. I Neet in Italia nel 2019 erano il 29% tra i 20-24enni, in amento dal 25% del 2009. Quasi la metà (48%, 10 punti più della media Ocse) di coloro che si iscrivono a un corso tecnico-professionale non lo completa in tempo contro il 23% dei liceali.
Il ritorno sui banchi dei ragazzi italiani, intanto, rischia di essere complicato anche per la mancanza di un numero adeguato di insegnanti rispetto alle cattedre disponibili. Tra le cause del minore ‘appeal’ della carriera di docente in Italia rispetto ad altri sbocchi professionali, Semeraro individua “la scarsa progressione dello stipendio” negli anni. Un altro problema del Paese è “la saturazione della professione, considerando che quasi il 60% dei docenti è ultra-cinquantenne”, la più alta percentuale nell’Ocse e nei prossimi anni “quasi un terzo degli insegnanti andrà in pensione”.
L’auspicio è quindi che l’Italia “diventi più agile nel reclutamento degli insegnanti”. Un altro nodo è quello della percentuale di insegnanti che partecipa ad attività di sviluppo professionale, che è più bassa della media Ocse, con ricadute anche durante il lockdown. “In Italia siamo indietro come competenze informatiche degli insegnanti e questo è un ostacolo per la ripresa dopo il Covid. E’ una situazione correlata anche con l’età media degli insegnanti. Un corpo docente più giovane avrebbe permesso di attenuare l’impatto del lockdown più efficacemente”, rileva l’economista. Il Paese ha sbloccato fondi abbastanza velocemente per formare gli insegnanti sull’informatica, ma se questo fosse stato fatto prima, sarebbe arrivato più preparato all’onda d’urto della crisi.
Italia in coda per spesa in istruzione