Attivare centri antiviolenza specifici per i minorenni; introdurre l’obbligo per chi lavora con bambine, bambini, ragazze e ragazzi di dimostrare di non avere precedenti per reati contro la sfera sessuale; creare una legge organica, con una definizione univoca di violenza. Sono le proposte a governo e parlamento dell’autorità Garante dell’infanzia e dell’adolescenza, Carla Garlatti, nella Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Proposte che arrivano in un momento in cui violenze e reati sono in aumento, soprattutto tra i giovanissimi. Un “bollettino di guerra”, spiega la procuratrice per i minorenni di Palermo, Claudia Caramanna, in riferimento al balzo quest’anno dei reati da codice rosso commessi da minorenni. “Giovani che agiscono come se fossero cresciuti nella cultura in cui vigeva ancora il delitto d’onore”, sottolinea il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia.
Le proposte delle Garante dell’infanzia
Il tema della violenza contro minorenni “deve diventare una priorità politica, anche in termini di investimenti strategici a lungo termine”, spiega Garlatti, che propone, tra gli altri punti, “l’obbligo per tutti coloro che operano a contatto con i minorenni – negli oratori, nei centri sportivi e in qualunque altro contesto di aggregazione – di presentare il certificato del casellario giudiziale per verificare che non abbiano precedenti per reati contro la sfera sessuale”.
Va inoltre ampliato – secondo Garlatti – il novero dei reati che dovrebbero impedire a chiunque di stare a contatto in maniera continuativa con i minorenni, inserendo la violenza sessuale di gruppo e la diffusione di immagini e di video sessualmente espliciti. Altro tema: introdurre nuovi strumenti per promuovere e agevolare il meccanismo di segnalazione, con l’attivazione di centri antiviolenza specifici per gli adolescenti. “Tutte innovazioni che dovrebbero confluire in una legge organica, per superare la frammentazione normativa in materia”, continua l’Autorità Garante.
L’aumento dei reati
A preoccupare magistrati e operatori del settore è l’aumento elevato dei reati di violenza nella fascia giovanile, dichiara Roia. Un fenomeno trasversale, da Nord a Sud del paese. “Notiamo da qualche anno un incremento preoccupante della violenza minorile, anche rispetto ai reati di violenza di genere, come le violenze sessuali di gruppo”, sottolinea il procuratore generale della Corte d’Appello di Ancona, Roberto Rossi.
A Palermo, secondo i dati della procura per minorenni, dal 1 luglio 2022 al 30 giugno di quest’anno, i casi di stalking sono saliti del 60%, le violenze sessuali del 30%, i maltrattamenti in famiglia (minore che maltratta i propri familiari) del 61%. Un bilancio che mostra una forte crescita dei reati da codice rosso commessi da minorenni. In merito alla violenza sessuale, i dati del Ministero dell’interno rivelano che un terzo delle vittime è minorenne e più del 50% ha meno di 24 anni.
Manca un’educazione a legalità e affettività
Secondo la procuratrice Caramanna – che ha seguito, tra gli altri casi, lo stupro di gruppo avvenuto a luglio a Palermo – manca il rispetto della donna in quanto tale, manca un’educazione al rispetto e all’affettività, su cui bisogna investire.
“Vicende come quella dello stupro di Palermo sono una cartina tornasole della cultura patriarcale, maschilista, prevaricatrice e violenta che vige ancora nella nostra società – spiega la procuratrice – Quando abbiamo sentito i ragazzi accusati dello stupro di gruppo, ci siamo resi conto che non avevano la benché minima percezione della vittima, erano concentrati su loro stessi, dicevano: “mi sono rovinato la vita per una fesseria”. Nessuno di loro era in grado di vedere la vittima. Da qui dobbiamo partire, dalla formazione delle coscienze”.
La cultura patriarcale e la scuola
“Sulla violenza di genere, i più giovani agiscono come se fossero cresciuti nella cultura in cui vigeva ancora il delitto d’onore, in cui non c’era ancora stata la riforma del diritto di famiglia, nella cultura patriarcale dei loro nonni, in alcuni casi dei loro padri”, precisa il presidente del Tribunale di Milano Roia, aggiungendo che serve una riflessione seria sull’utilizzo delle risorse per la prevenzione della violenza sulle donne, con programmi strutturati che lavorino in maniera importante nelle scuole.
Per Caramanna la normativa italiana è all’avanguardia, ma occorre investire nella prevenzione: “bisogna avvertire i primi segnali di disagio e intervenire prima che si trasformino in condotte violente o in fatti penalmente rilevanti”. “Se non si sradica questa mentalità, se non si agisce sulla cultura, se non si educano i ragazzi, i bambini, significa che stiamo già ora perdendo la battaglia. La repressione penale è necessaria ma non sufficiente, è la cultura che deve cambiare”, conclude Rossi.
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