C(u)ore Business: per una nuova storia d’amore tra persone e lavoro

“Sebbene il secolo scorso abbia visto miglioramenti senza precedenti nelle condizioni di lavoro in tutto il mondo, in tutti i settori e a tutti i livelli di competenza, c’è ancora molto margine di miglioramento.

Non mancano sintomi problematici anche tra i cosiddetti “lavoratori della conoscenza”, che rappresentano i vertici della piramide dei talenti e che hanno goduto di enormi benefici e privilegi, per gentile concessione delle organizzazioni che competono per offrire maggiore libertà e flessibilità e per fornire ai dipendenti esperienze simili a quelle dei consumatori.

Ad esempio, i livelli di coinvolgimento dei dipendenti si aggirano intorno al 13%, i livelli di stress e burnout sono aumentati costantemente nell’ultimo decennio (anche tenendo conto della pandemia) e la produttività è rimasta stabile o in calo dagli anni Sessanta.

Una spiegazione a questa situazione desolante è che, quando le condizioni di lavoro oggettive migliorano, le aspettative soggettive aumentano a loro volta.
Questo non è da deplorare: è il motore essenziale della civiltà e del progresso. La capacità di rimanere insoddisfatti dei risultati raggiunti è l’antidoto principale al compiacimento, alla stagnazione e alla decadenza. (…)

Non sorprende che negli ultimi 20 anni ci sia stata una chiara tendenza a recuperare l’esperienza positiva che gli esseri umani sono sempre riusciti a trarre dal lavoro: il senso di artigianalità, la percezione di agenza e di realizzazione, nonché la capacità di sfruttare aspetti importanti della nostra identità attraverso il lavoro e di sentirci orgogliosi del nostro io professionale.

Molte delle istituzioni che storicamente hanno funzionato come fonti di significato sono state svalutate in epoca moderna: la religione, la famiglia, la società e persino le vere amicizie (con la rivoluzione digitale che ha mercificato i legami sociali e diluito gli amici ad asettici indicatori di stima che curano la nostra reputazione online).

La domanda allora è: possiamo riumanizzare il lavoro e trovare motivi per rimetterci il cuore, possiamo addirittura amare quel che facciamo?
Possiamo riscoprire la passione per il lavoro in un modo che valorizza il nostro io personale e non compromette, ma anzi amplifica, il nostro benessere spirituale e fisico?

Come illustra Riccarda Zezza in questo brillante libro – un potente manifesto per ridefinire i posti di lavoro e le carriere e allinearli alle aspettative moderne – la risposta è SÌ, ma è necessario molto lavoro da parte di manager, leader e organizzazioni.

Come l’autrice dimostra in modo convincente, mettendo insieme lo stato dell’arte della scienza e la sua ricca esperienza personale di leader e imprenditrice affermata, esiste un modo per rendere le organizzazioni più umane, mettendo a frutto il nucleo emotivo degli esseri umani al lavoro, ma è necessario essere consapevoli dei pregiudizi dominanti, dei privilegi e delle pratiche tossiche e nepotistiche che inibiscono il potenziale delle persone, e riscrivere alcune delle regole fondamentali che ancora governano le dinamiche formali e informali tra le persone al lavoro.

In breve, è necessaria una vera e propria rivoluzione culturale piuttosto che la timida, cauta e spesso ipocrita “evoluzione” proposta nelle organizzazioni moderne.

Questa, infatti, è una chiamata critica all’azione per una vera leadership, che è sempre a confronto con la tradizione.
Questo libro diventerà una lettura essenziale per chiunque sia interessato a trasformare il lavoro, a creare le condizioni per far prosperare le persone e a liberare i loro talenti e il loro potenziale.

È un libro tempestivo, destinato a diventare ancora più importante a mano a mano che il mondo del lavoro diventa sempre più asettico e sterilizzato dalla crescente dipendenza dalla tecnologia e dall’influenza diffusa dell’intelligenza artificiale e delle macchine, come ho evidenziato nel mio ultimo libro – I, Human: AI, automazione e la ricerca di ciò che ci rende unici.

In effetti, gran parte del pensiero e del lavoro discusso nel mio libro è stato influenzato da Riccarda, che combina una capacità unica di portare in vita le scienze comportamentali e sociali, distillate in suggerimenti pratici ma basati sui dati per persone interessate a migliorare i loro team, le organizzazioni e il lavoro.

Se davvero ci interessa vedere gli esseri umani prosperare e migliorare il mondo del lavoro per le generazioni future, non è sufficiente sperare: è arrivato il momento di agire, e questo libro mette in luce il perché e il come di quella che ritengo essere una tabella di marcia profondamente convincente per una trasformazione realmente umana delle organizzazioni, del lavoro e delle carriere”.

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Estratto dalla prefazione di Tomas Chamorro Premuzic, Professore di psicologia aziendale alla Columbia University e all’Ucl – University College London al libro “C(u)ore Business, per una nuova storia d’amore tra persone e lavoro”, di Riccarda Zezza, in edicola con Il Sole 24 Ore dal 22 aprile e in libreria dal 28 aprile.