La donna che ha reso immortale Vincent Van Gogh

È stata (ufficialmente) una Van Gogh per ventuno mesi – prima di diventare, giovanissima, vedova. Eppure senza di lei molto probabilmente questo cognome non sarebbe scampato all’oblio già poco dopo la morte del più famoso dei fratelli. Grazie a lei, non c’è angolo della terra che non riconosca lo stile e non celebri il genio di Vincent.

“La signora Van Gogh”, traduzione italiana del romanzo di Caroline Cauchi (Piemme), ricostruisce due anni della vita di Johanna Bonger-Van Gogh dal suo arrivo a Parigi e dall’incontro con Theo, mercante d’arte e amatissimo fratello minore dell’inquieto artista. Pur ispirato fortemente da dati biografici, il romanzo non vuole essere una ricostruzione accurata  degli eventi storici che hanno accompagnato la protagonista nel suo periodo parigino. Esplorando le vicende personali di Johanna, più che perseguire un traguardo storiografico la Cauchi offre un racconto avvincente e credibile da cui è difficile staccarsi fino all’ultima pagina.

Sullo sfondo c’è Parigi, cuore della cultura dell’epoca. Le vie, i parchi, gli interni di una manciata di appartamenti. Gli incontri mondani tra i più grandi maestri del tempo (da Rodin a Degas a Gauguin) e le loro vicende personali, tratteggiate però più per quanto sono significative nell’economia della trama.

In primo piano ci sono gli eventi minuti, le emozioni forti e gli avvenimenti personali che segnano la parabola di crescita della giovane Bonger. A Parigi l’ex-insegnante approda per passare un’estate lontana dallo scandalo della sua relazione con un collega che non l’avrebbe mai sposata. E qui diventa molto presto lo snodo fondamentale della vicenda dei Van Gogh in città. Dalle gioie e tribolazioni di questi pochi mesi viene contagiata al punto che fa una missione di vita il consegnare alla storia la meraviglia dell’arte del cognato.

“Tieni bene a mente le mie parole”, dico agitando l’indice e sorridendo al piccolo Vincent. “Un giorno il mondo conoscerà e ammirerà il cognome Van Gogh. Non mi importa quanto tempo impiegherò”.

Nella capitale francese

Incontriamo Johanna nel momento del suo arrivo nella capitale francese in fuga dalla “bigotta Amsterdam”. Da subito però è chiaro che non ci troviamo di fronte a una vittima apatica. Determinata e curiosa, pur trascinata dalla confusione del momento, accoglie il cambiamento facendosi accompagnare alla scoperta della città da una manciata di personaggi comprimari. Protagonista indiscussa a partire dalla prima pagina, è attraverso i suoi occhi che si costruisce questo libro: tributo del ruolo determinante, ma spesso sottovalutato, che ha giocato nel costruire la fama di Vincent Van Gogh.

Come in un diario personale, scrive in prima persona gli eventi mentre si svolgono. Non nasconde domande e tormenti, dolore e insicurezze che la accompagnano da quando scende dal treno e poi nel conquistarsi una posizione dentro il rapporto strettissimo – e a tratti morboso – tra due fratelli. Fino a quando, poi, deve affrontare (e sopravvivere) la spirale discendente della malattia, mentale, di uno e, fisica, dell’altro Van Gogh.

Lungo tutta l’opera la Bonger soffre, gioisce e si districa tra le convenzioni del tempo attraversando ogni sfumatura emotiva nel navigare le vicende di cui è partecipe e protagonista. Diventando a tutti gli effetti la donna che ha reso immortale il pittore dei Girasoli. Dai timori dell’arrivo in Francia – “Mi assale la paura di non riuscire a inserirmi, di non essere abbastanza raffinata” – alla ferma consapevolezza dell’incanto dell’arte del cognato. “Vedere gli altri scoprire il talento di Vincent è il mio nuovo passatempo preferito”, afferma una volta tornata in Olanda.

Nel percorso umano raccontato nel romanzo, uno spazio interessante è riservato alla riflessione sulla condizione femminile. Johanna Bonger è molto cosciente delle aspettative sociali del tempo, del doppio standard di genere applicato anche nella moderna Parigi. Privilegiata per aver potuto studiare, lavorare e poi fuggire dallo scandalo, conosce bene il ruolo “corollario” giocato dalle donne. “Essendo io donna ci si aspetta che li lasci parlare di me come se non ci fossi”, o, che come le dice Andreis, “Rilassati e fa ciò che ci si aspetta da te”.

Non ne sono immuni, scopre presto, nemmeno le artiste attive nella capitale, a partire da Camille Claudel, amante, musa e modella di Auguste Rodin. “Persino qui, tra gli artisti parigini, alle donne non è consentito occupare lo stesso spazio degli uomini. Esistiamo come oggetti e non come individui di pari grado”. Al fratello domanda, conoscendo già la risposta: “Quante si guadagnano da vivere con la loro arte? E a quante di loro è concesso di esporre le proprie opere nei saloni?”.

Forse proprio perché ha chiari i limiti imposti, si trova costretta (ma anche alla fine appagata) a diventare autrice del suo destino.

“Farò conoscere al mondo l’opera di Vincent Van Gogh. Farò sì che anche gli altri vedano il suo genio. Lascerò che siano i suoi quadri a raccontare la storia di mio cognato”. […] Solo così potrò riappacificarmi con me stessa e raccogliere l’eredità di Theo.
Sono stata una Van Gogh per ventun mesi soltanto, ma mio figlio è un Van Gogh. E lo sarà per sempre. […]

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Titolo: “La signora Van Gogh”
Autrice: Caroline Cauchi
Traduzione di: Federica e Stefania Merani
Editore: PIEMME
Prezzo: 21 euro

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