Che la natura abbia benefici sul benessere psicologico delle persone è un’evidenza chiara a chiunque abbia trascorso qualche ora in un bosco. Oggi, grazie a uno studio condotto dall’Università di Exeter (Regno Unito), sappiamo qual è il tempo medio settimanale necessario per ottenere questi risultati: 120 minuti.
Gli spazi verdi, come ampiamente dimostrato in letteratura, sono un antidoto alla stress: abbassano la pressione sanguigna, riducono l’eccitazione del sistema nervoso, migliorano le funzioni di quello immunitario e, in generale, riducono l’ansia e migliorano l’umore. Uno studio del 2015 condotto nel Regno Unito ha addirittura rilevato che una maggiore esposizione alla natura si traduce in una maggiore coesione della comunità e a una diminuzione dei tassi di criminalità.
Tuttavia, la quantità di tempo che si trascorre tra gli alberi o al mare non è l’unico elemento da considerare. Le ricerche mostrano infatti che la sensazione di connessione con il mondo naturale – che alcune persone possono avvertire a prescindere dal luogo in cui sono – gioca un ruolo nel proprio benessere. Sembra dunque che non sia necessario essere effettivamente a contatto con la vegetazione per poterne apprezzare i benefici.
Non è dunque un caso che vi siano studi che approfondiscono l’utilizzo della realtà virtuale in sostituzione a un’esperienza diretta nel verde, dimostrando come questa possa essere in effetti una valida sostituta. Specialmente per coloro che – per svariate ragioni – non possono uscire all’aperto.
Questi risultati sembrano dunque suggerire che potrebbe essere sufficiente – per ottenere benefici per la propria salute psicologica – sperimentare visivamente la natura. Come ricorda Peter H. Kahn, professore di Psicologia all’Università di Washington, tali evidenze sono importanti, ma rischiano di restituire una visione impoverita di cosa significhi interagire con il mondo naturale. Un bosco lo si può apprezzare visivamente, ma tutt’altra cosa è abbracciare un albero o camminare a piedi nudi sul manto erboso, ad esempio.
Si rende dunque sempre più necessario approfondire le forme di interazione che possono esserci con la vegetazione, con l’obiettivo di progettare esperienze più immersive. Specialmente in città.
La vera sfida del prossimo futuro sarà infatti quella di integrare spazi naturali all’interno dei centri abitati. Le stime ONU ci dicono che entro il 2050 due terzi della popolazione mondiale vivrà nelle metropoli. È pertanto fondamentale includere la natura all’interno della geografia urbana, andando ben oltre soluzioni come parchi e viali alberati.
A questo proposito, si conclude quest’anno il progetto Grow Green. Lanciato nel 2017, ha avuto la finalità di integrare, in città come Manchester, Valencia e Bratislava, soluzioni nature-based per rendere questi centri abitati più resilienti all’impatto negativo dei cambiamenti climatici e più sani e coesi sul piano sociale. Esperienze simili, sono state portate avanti anche a Melbourne, Torino e Washington, come raccontato in una recente puntata del podcast “Città” di Will.
Tutti interventi che, impattando positivamente sul cambiamento climatico, consentono altresì di ridurre l’eco-ansia ad esso associata. Non solo dunque la natura porta benefici diretti sul benessere psicologico ma, paradossalmente, stare a contatto con essa aiuta anche a ridurre il crescente malessere psicologico legato proprio alle sue sorti.
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