Le manager nel mondo STEM: ambiziose ma frenate dalla famiglia

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Entro tre anni 9 dei 10 lavori più richiesti saranno nel tech, ma le donne rischiano di perdere questa opportunità, tra scarsa presenza nel mondo STEM e vecchi dilemmi tra vita e lavoro. A dirlo sono le ricerche che continuano a susseguirsi e nonostante ci siano le strategie per invertire la rotta, sembra che l’attuazione a livello politico e di singole imprese non sia così immediato e risolutivo.

DILEMMA ATTUALE 

Nel film Baby Boom, del lontano 1987, Diane Keaton  si sentiva dire che “non è possibile avere tutto”, inteso come una brillante carriera e una figlia piccola. A distanza di più di trent’anni quel dilemma è più che mai attuale. Secondo la Ricerca di BCG e Women’s Forum il 60% delle senior manager di Italia, Gran Bretagna, Germania e Francia ha dovuto rifiutare almeno una volta una proposta di carriera a causa dei propri impegni familiari. 

Il mondo della tecnologia offre ai talenti femminili un enorme potenziale di crescita – commenta Elena Benussi, principal di Boston Consulting Group – dato dalla continua ricerca da parte dei tech player di nuove risorse e competenze. Tuttavia, se le donne continueranno a essere sottorappresentate nelle aziende di settore e nelle divisioni tech aziendali, nei prossimi anni il mismatch tra domanda e offerta continuerà ad essere elevato”. 

AMBIZIOSE SI’, MA OBERATE DA CARICHI DI CURA 

Non è l’ambizione a mancare: secondo il report, il 47% delle donne manager è alla ricerca di una promozione nei prossimi tre anni, percentuale leggermente superiore a quella dei colleghi uomini (42%) coi medesimi obiettivi. Ma qualcosa le frena, se è vero che in Europa solo 2 su 5 (17%) hanno cambiato oltre 5 diversi lavori nel corso della propria vita professionale (22% degli uomini) e questo limita quelle che in gergo vengono definite le “esperienze professionali significative” . Solo il 35% delle manager può dire di averle, rispetto al 43% dei colleghi. 

Il “freno” è la differenza le ambizioni e la realtà di dover gestire una famiglia, che è ancora quasi tutta sulle loro spalle. In base alla ricerca infatti uomini e donne in egual misura (due terzi) ritengono che prendere un periodo di aspettativa o lavorare part-time possa danneggiare la carriera. Ma nonostante questo la grande maggioranza delle donne (80%) alla fine chiede un lavoro più flessibile, mentre solo il 50% dei colleghi neo-papà fa un passo indietro. 

E sono sempre le donne a chiedere i periodi di congedo più lunghi (superiori ai 6 mesi), che complicano il rientro al lavoro. Non per tutti però: quasi il 30% dei manager neo-papà ritorna in azienda con una posizione di livello superiore (contro il 15% delle donne). 

QUALCOSA SI MUOVE, LENTAMENTE

Tra gli intervistati quasi la metà (40%) ha dichiarato che la propria azienda non disponga di programmi DE&I (Diversity, Equity and Inclusion) che puntano a favorire la diversità di genere nel top management. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, questo significa che l’altra metà beneficia comunque di un’attenzione rispetto a questi temi. Con quale impatto, resta tutto da capire. Dopo i dati del Gender Gap Report del Word Economic Forum, che come vi abbiamo raccontato denuncia un’aumento dei divari di genere, anche la ricerca rivela che il 21% delle donne manager e il 27% dei colletti bianchi non giudicano efficaci i programmi DEI esistenti. 

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