Il paradosso delle politiche di D&I: discriminano le minoranze

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Si sta facendo ancora troppo poco per la diversità e l’inclusione all’interno delle aziende. A dirlo è l’ILO (International Labou Office delle Nazioni Unite), che nel report “Transforming Enterprises through Diversity and Inclusion” fa emergere un paradosso: le attuali politiche di D&I rischiano di essere discriminatorie, perché sono maggiormente apprezzate e utilizzare dai senior manager  (92%), spesso un gruppo omogeneo di uomini europei e over 50.

POLITICHE DI D&I POCO INCLUSIVE

Le persone più junior in azienda invece riconoscono una minor efficacia di queste politiche (76%), ma spesso sono proprio le donne, le persone con disabilità o appartenenti a etnie o credo religioso minoritario ad occupare queste posizione. E sarebbero loro invece a beneficiare maggiormente di attività di inclusione oltre che di sensibilizzazione alla diversità. “L’evidenza mostra che i gruppi minoritari – spiega Jae-Hee Chang, Senior Program and Operations Officer, dell’Ufficio per le attività dei datori di lavoro presso l’ILO – hanno maggiori probabilità di essere e rimanere in posizioni più junior all’interno di un’azienda. Per raggiungere livelli più elevati di inclusione e cambiamento trasformativo, le aziende devono applicare azioni lungo tutto il ciclo di vita dei dipendenti, dall’assunzione allo sviluppo e alla fidelizzazione, e impegnarsi per livelli più elevati di inclusione nelle politiche di diversità e inclusione”.

Anche perché solo un’azienda su tre monitora e misura i progressi fatti e usa l’ascolto e la raccolta dati per aggiornare le iniziative future, perdendosi i potenziali benefici. “Molte aziende sono impegnate per la diversità – spiega Jae-Hee Chang – e per misurare la presenza delle minoranze ai vari livelli aziendali, ma hanno ancora difficoltà per quanto riguarda le attività di inclusione e la loro valutazione. Dobbiamo cercare, come abbiamo fatto in questo report, di promuovere indagini sulla salute organizzativa che esplorino gli aspetti più soggettivi come il senso di rispetto e di appartenenza, il sostegno e le opportunità che ognuno pensa di ricevere”.

L’IMPORTANZA DELL’ANALISI PER CLUSTER

Per rendere più efficaci le politiche di D&I quindi è cruciale analizzare l’impatto dell’intersezionalità – considerando le diverse caratteristiche personali, come etnia e genere, oltre al livello aziendale – sull’inclusione. Le imprese – si legge nel report – dovrebbero focalizzare e monitorare di più l’impatto di queste attività tra più gruppi minoritari e per livello aziendale. Allo stato attuale invece il percepito delle persone (il 75% degli intervistati) è che non c’è un numero significativo (dal 40 al 60%) di donne nel top management, così come di persone con disabilità ai livelli senior.

I QUATTRO FATTORI CHIAVE

L’ILO suggerisce quindi un transformational change, cioè un cambiamento che sia sistemico e che combini quattro fattori diversi, a partire dall’evidenza:

1. PRIORITA’ Nelle aziende dove le persone riferiscono che D&I è prioritaria e parte della strategia e della cultura organizzativa, radicati nei valori e comportamenti, politiche e processi, gli intervistati a livello globale hanno il 21% di probabilità in più di sentirsi incoraggiati e sostenuti per avanzare nella loro carriera, e sono il 15% più propensi a parlare di modi nuovi o migliori di fare le cose.

2. RAPPRESENTANZA Un secondo elemento cruciale è che le minoranze facciano parte del top management: quando le donne sono almeno il 40% nel top management di un’azienda, le altre donne nei diversi ruoli aziendali hanno un 10% in più di probabilità di sentirsi supportate e incoraggiate nella propria crescita e un 12% in più di sentirsi bene sul lavoro.

3. INGAGGIO Se ognuno si sente responsabile come ambassador per D&I nelle proprie azioni e comportamenti quotidiani, le persone sono il 10% più propense a sentirsi ingaggiati in azienda e a sperimentare alti livelli di collaborazione con i colleghi.

4. MAINSTREAM La D&I deve essere circolare in azienda, e toccare in maniera trasversale tutti i processi HR e di business per essere credibile. In un’azienda con una D&I policy ben scritta per esempio, aumenta di un quinto la probabilità che le persone si sentano rispettate e di ricevere attenzione da parte dell’azienda.
Sembra tutto molto ovvio, ma non è così se solo metà delle persone giudica che i programmi di D&I siano sufficientemente finanziati e conosciuti all’interno dell’azienda. Un ruolo importante in questo senso lo possono giocare gli obblighi normativi e gli imperativi di business. Dove le aziende hanno standard di compliace sulla D&I, aumenta la probabilità (+13%) che queste iniziative siano ben finanziate e strutturate, così come la necessità di innovazione (+15%). Ma le norme da sole non bastano, avverte Jae-Hee Chang- perché è necessario un vero cambio culturale in azienda.

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