Editoria, in Mondadori arriva la diversity manager

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È una delle sfide più importanti e strategiche nella nostra società. Dopo la “rivoluzione” dello smartworking approdata in azienda, accelerata dalla pandemia, la funzione che si occupa del tema della diversity in azienda forse è la prossima frontiera da attraversare, perché un’impresa possa essere al passo coi tempi e valorizzare adeguatamente la ricchezza delle età, delle qualità e delle competenze come una risorsa, promuovendo un processo di inclusione che non può più essere rimandato. AlleyOop aveva affrontato questo tema già qualche tempo fa, evidenziando quanto questa nuova figura sia in crescita, sebbene in graduale via di definizione, dividendosi tra hard e soft skill.

Nel corso del 2021 anche il Gruppo Mondadori ha creato la funzione di diversity & inclusion manager, affidata a Francesca Rigolio, già head of human resources area Libri dal marzo 2018. L’obiettivo, come si legge nella nota diffusa, è «valorizzare la diversità di genere, età e competenze, e favorire l’inclusività in azienda, per dare ad ogni persona la possibilità di esprimere la propria voce e il proprio talento, dando un contributo decisivo e personale alle sfide che Mondadori dovrà affrontare». Una scelta dettata dalla consapevolezza che «le aziende che offrono a tutti concrete opportunità di crescita professionale ed economica sono anche quelle caratterizzate da una maggiore propensione all’innovazione, un ambiente di lavoro più positivo e performance migliori»,

«La scelta del nostro Gruppo di creare una funzione Diversity & Inclusion a riporto diretto dell’Amministratore Delegato ha come primo obiettivo quello di modificare l’architettura delle opportunità, non solo economiche, che offriamo alle persone che lavorano in Mondadori – spiega Francesca Rigolio ad AlleyOop – ogni talento deve potersi esprimere, vedere il proprio contributo richiesto e valorizzato e avere le stesse possibilità di crescita professionale e personale offerte agli altri. Purtroppo, nelle aziende questi meccanismi spesso non funzionano adeguatamente ed è quindi fondamentale indagarli e correggerli con un piano d’azione strutturato e precisi obiettivi quantificabili e misurabili».

Per questa nuova funzione sarà necessario mettere insieme nuove e antiche competenze, dosare sensibilità e attenzione ai temi della diversità di genere, del gender pay gap, della compresenza di diverse generazioni. Una strada nuova da tracciare, insomma. «Immagino un percorso che si basi sull’ascolto sia dei diversi interlocutori dell’azienda, non solo dipendenti e top management, ma anche sindacati, investitori e chi acquista i nostri prodotti, sia dei dati di genere – prosegue Rigolio  – a questo proposito trovo interessante ricordare il libro “Invisibili”, che spiega efficacemente gli effetti sulla salute, sulla sicurezza, sul mondo del lavoro, ma anche nella vita di tutti giorni, derivanti dal non raccogliere dati disaggregati: ciò ci permette di capire quali sono i problemi e agire di conseguenza».

Diversità e inclusione si fanno così largo come nuove leve nel contesto aziendale, anche pensando agli utenti finali che spesso si informano e orientano le proprie scelte in modo più consapevole rispetto al passato.  «Il tema della valutazione delle performance non finanziarie delle aziende è ancora piuttosto “giovane” – precisa la manager – ma pochi ancora sanno che un approccio strutturato alla D&I è a tutti gli effetti una leva di business. Gli studi dimostrano che una cultura aziendale inclusiva favorisce il confronto e la ricerca di soluzioni nuove, e che le aziende con un maggior tasso di diversità hanno performance migliori dei competitor perché sono più innovative: possono infatti attingere da un bacino di talenti molto più ampio degli altri, perché non si appiattiscono su un solo canone di eccellenza e interpretano meglio le attese del proprio pubblico, che per sua natura è “diverso”».

Serve, dunque, un cambio di passo. Il mondo del lavoro sta cambiando sotto i nostri occhi con grande velocità, tra vecchie certezze e nuove consapevolezze e la società è in mutamento. Ma per costruire una consapevolezza maggiore su questi temi è necessario partire dalla scuola. «Le tematiche D&I stanno acquistando sempre maggiore spazio e visibilità nel mondo aziendale e fortunatamente cominciano a delinearsi alcune best practice da applicare – conclude Rigolio – ma, se non si riesce a permeare la propria cultura aziendale lavorando sui cosiddetti bias, si rischia di ottenere solo risultati di breve periodo. Fortunatamente il Gruppo Mondadori ha molte anime e ognuna di esse contribuisce a questo progetto. Con la nostra casa editrice di scolastica Rizzoli Education, ad esempio, abbiamo proposto un manifesto sulla diversità che vuole abbattere gli stereotipi di genere nel mondo dell’istruzione, lavorando direttamente sulla formazione dei nostri redattori e dei docenti e quindi delle generazioni future. Ma le iniziative che stiamo portando avanti sono tante, per esempio nell’ambito della genitorialità, dell’hybrid working e del monitoraggio del gender pay gap».

Rizzoli Education ha elaborato un manifesto, una dichiarazione di valori e di intenti, presentata in diretta streaming nello scorso mese di ottobre, con la partecipazione e le testimonianze di voci dal mondo del giornalismo, della ricerca, dell’editoria, delle aziende, dell’arte e dello sport, come la sociolinguista Vera Gheno, la giornalista Francesca Mannocchi, il nuotatore Federico Morlacchi, il docente di pedagogia Dario Ianes.

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