Un ambiente di lavoro innovativo e dinamico – basato su idee e obiettivi – è anche più inclusivo, perché permette ad ognuno di esprimere il proprio potenziale al meglio.
Ne è convinta Laura Orlando, managing partner della sede milanese e co-head life sciences per l’area Emea dello studio legale internazionale Herbert Smith Freehills, perché lo ha sperimentato in prima persona. “Quando nel 2018 sono stata la prima donna a fondare l’ufficio italiano di un grosso studio internazionale – spiega la manager – e per di più ero in attesa del mio secondo figlio, ho fatto notizia”. Felice di poter essere una role model ma anche amareggiata dall’interesse che al posto di essere sulla sua expertise – Laura Orlando è tra i principali esperti italiani ed europei in materia di proprietà intellettuale – era incentrato sul suo essere donna e mamma. “Perché se al mio posto vi fosse stato un uomo, la cosa avrebbe meritato un trafiletto, ma nel mio caso era una vera e propria rarità e quindi ha appassionato molti giornalisti. E non dovrebbe essere così”.
Però lo è ancora, così: nel settore legale le donne con ruoli manageriali sono ancora poche. Perché? “C’è un doppio tema secondo me: culturale ed organizzativo. Molti studi come il nostro sono ormai così grandi da essere assimilabili a grandi imprese, e quindi hanno avuto la necessità di strutturarsi anche a livello organizzativo, definendo nuove policy e standard interni. Questo ha portato ad una maggiore diversificazione del capitale umano, ad un ambiente di lavoro più inclusivo, che è diventato anche meno standardizzato ed omologato. Il nostro studio globale ha oggi un ceo che è dichiaratamente gay, Justin D’Agostino, e la neo-eletta Senior Partner, Rebecca Maslen-Stannage, è una donna”.
Essere aperti alla diversità non garantisce però in maniera automatica la capacità di essere inclusivi e qui entrano in gioco le misure di D&I. “In Herbert Smith Freehills abbiamo un team di diversity & inclusion dedicato e separato rispetto alla funzione HR, proprio per garantire autonomia nelle iniziative di formazione e sensibilizzazione”. Tra le iniziative dello studio la definizione di target specifici di parità di genere da raggiungere entro il 2023 (donne socie e in posizioni di leadership al 35%), corsi specifici per combattere razzismo e stereotipi inconsapevoli ma anche una policy di agile working che prevede l’obbligo di presenza per non più del 60% del tempo e fino a 10 giorni l’anno aggiuntivi di permesso per iniziative rivolte all’innovazione.
Ma oltre al “fare” è molto importante saper ascoltare come stanno i propri collaboratori: “Facciamo un sondaggio a livello globale ogni anno (Insights Survey) per dare la possibilità ai manager di capire come i collaboratori percepiscono la loro esperienza lavorativa. E per stimolare le risposte, l’iniziativa è equo-solidale: per ogni risposta doniamo una sterlina ad una charity selezionata”. In aggiunta è stato creato un Emea People Forum: 14 partecipanti selezionati, escludendo i soci, con l’obiettivo di dare voce ai professionisti e ai collaboratori a tutti i livelli attraverso incontri trimestrali. “Sono molto fiera di coordinare il People Forum per tutta la regione Emea. Inoltre, tengo molto al dibattito che abbiamo lanciato – grazie anche ad una recente tavola rotonda organizzata con Legalcommunity e i rappresentanti di importanti aziende multinazionali – per capire come portare il tema del benessere organizzativo nell’agenda della Governance. È importante non sprecare tutto il processo di innovazione che forzosamente il covid ci ha costretto ad adottare”.
Innovazione e inclusione vanno di pari passo, secondo la manager che è impegnata anche in prima persona per l’empowerment al femminile: con la “Carica delle 101” abbiamo attivato un network di give back per start-up dove almeno uno dei founder é una donna, con incontri trimestrali di mentoring e tutoring”.
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