Da dove si riparte per cambiare questo Paese?

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“What you do makes a difference, and you have to decide what kind of difference you want to make.” – Jane Goodall

Quando cinque anni fa ho dato vita ad Alley Oop non sapevo se davvero avrei potuto fare la differenza, ma sapevo che differenza avrei voluto fare. E con me tutt* coloro che dalla prima ora e poi negli anni si sono uniti a questo progetto. I compleanni sono fatti per fare bilanci e per disegnare sogni e progetti e oggi che Alley Oop, il blog multifirma del Sole 24 Ore dedicato alla diversity compie 5 anni non possiamo esimerci dal farlo.

Dal 2016 ad oggi sembrano passati decenni, soprattutto per gli ultimi 12 mesi di pandemia. Il mondo è sottosopra e deve ancora ritrovare il bandolo della matassa da cui ripartire e l’Italia ancor di più. E nel bel mezzo di una crisi economica, che rischia di diventare una crisi sociale, sembra quasi fuori luogo parlare di diversità. Eppure, mai come ora, è necessario farlo se si vuole ripartire tutti insieme e costruire un mondo che non lasci indietro nessuno.

L’insostenibile lentezza del cambiamento

Passiamo gli anni a festeggiare prime volte: la prima rettrice della Sapienza, la prima vice capa della polizia, la prima presidente della Corte Costituzionale, la prima ceo donna di una banca, la prima donna presidente del Consiglio nazionale del Notariato, la prima vice presidente di Assocalciatori. E potrei continuare per ore. Prime volte che danno l’impressione che qualcosa si muova, che non si resti fermi a guardare il tempo che passa senza conquiste.

Eppure poi i numeri ci mettono di fronte a una realtà che nella sostanza cambia poco: come quelli della politica, ad esempio. In 75 anni le donne al governo sono state appena il 6,5%. E il nuovo esecutivo a firma Draghi non è stato il punto di svolta che ci si attendeva, con le sue 8 ministre su 23 (35%). E se andiamo a vedere i numeri della carriera accademica non sono molto più incoraggianti: in Italia abbiamo 12.303 professori ordinari e 2.952 professoresse ordinarie; i professori associati sono invece 19.676 mentre le colleghe 7.575. E la sintesi somma è che su 84 rettori, solo 7 sono donne.

Qualcuna, quindi, arriva, è vero, ai vertici. Qualcuna ce la fa a sfondare quel soffitto di cristallo che, però, non si rompe e che come fosse eterno, rimargina quella frattura per tornare ad essere più duro e resistente di prima. Perché il cambiamento, quello vero, dovrà avvenire alla “base della piramide”. In un Paese in cui l’occupazione femminile resta sotto il 50% e la perdita del posto di lavoro in questa pandemia continua a penalizzare soprattutto le donne, è difficile credere che la parità sia un obiettivo raggiungibile nel giro di una generazione. Perché dal lavoro passa anche l’indipendenza economica, una maggior forza per uscire da situazioni di violenza, una maggiore capacità di decidere per il proprio futuro. Ma anche la possibilità di investire in cultura, di fare impresa, di dare opportunità ai propri figli.

E l’occasione da non perdere è quella del Recovery Fund. Che la priorità “occupazione femminile” non sia risolta con qualche incentivo o sgravo fiscale, ma che preveda un piano organico che parta dalla scuola e arrivi fino al ri-ingresso nel mondo del lavoro di quante sono state costrette negli anni ad uscirne, ma anche di quante non sono mai riuscite ad avere un impiego.

Basta parlare di lavoro per risolvere la questione di genere in Italia? No di certo. Ed è per questo che si deve lavorare sugli stereotipi perpetrati dai libri di scuola, sulla rappresentazione delle donne in tv e sui social, sulla narrazione della violenza sulle donne, su un welfare più equo, su una cultura di condivisione dei carichi dei lavori di cura. Questo solo per fare alcuni esempi dei fronti aperti, che ci vedranno come sempre impegnati su queste pagine.

Che fine ha fatto il mondo Lgbtq?

Era il maggio del 2016 quando il diritto di famiglia venne riformato dalla legge Cirinnà e in Italia vennero introdotte le unioni civili. Allora alcuni salutarono la nuova norma come una vittoria a metà, perché era stata esclusa l’omogenitorialità. Dopo un primo anno di novità, però, il mondo Lgbtq scomparso dalla scena politica italiana. E anche nel mondo del lavoro il cambiamento va a rilento, con solo un’azienda su 5 che ha attuato al proprio interno politiche di diversity management.

Nell’autunno scorso, però, si è tornati sul tema con un’altra proposta di legge che aspettava da tempo il suo turno: la legge contro la omotransfobia. A inizio novembre 2020 l’aula della Camera – con 265 sì, 193 no e un astenuto- ha approvato il testo unificato delle proposte di legge di contrasto alla violenza e la discriminazione per motivi legati alla transomofobia, alla misoginia e alla disabilità. Alessandro Zan, deputato del Pd e primo firmatario della proposta di legge, ha salutato positivamente la conferma di Elena Bonetti a ministra delle Pari Opportunità, perché si attende che nel solco della continuità la norma possa finalmente essere approvata anche al Senato senza ulteriori indugi. E certo questo sarebbe un ulteriore passo avanti per un Paese, che al momento è al 35esimo posto nel riconoscimento dei diritti civili.

Disabilità, il ministero cambierà passo sul tema?

Il governo a guida Draghi porta la novità del ministero della Disabilità, affidato alla leghista Erika Stefani. Un dicastero che entra in corsa in un fiume di questioni da risolvere e anche con una certa urgenza. Tanto che sul tavolo della neo-ministra è già arrivato un dossier dell’Anief, l’associazione nazionale degli insegnanti e dei formatori che richiama l’attenzione del governo, in un’annata record per mole di supplenze, sul numero impressionante di cattedre di sostegno vacanti. Non solo. Il decreto del Ministero dell’Istruzione sul nuovo modello di Piano educativo individualizzato viene giudicato un passo indietro rispetto ai diritti delle persone con disabilità e dell’inclusione sociale a scuola. Il decreto prevede, di fatto, la possibilità unilaterale della scuola di prevedere l’esonero da alcune discipline o la riduzione dell’orario scolastico per gli studenti con disabilità. Un’ipotesi che ha già fatto nascere una protesta di ampie dimensioni sotto l’hashtag #noesonero.

C’è poi tutta la questione dei caregiver, un esercito invisibile che soprattutto in pandemia sta pagando un prezzo altissimo. Si tratta di familiari, in prevalenza donne (74%) e di una età compresa fra i 46 e i 60 anni (38%), mentre ben il 31% ha meno di 45 anni. In una lettera inviata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’associazione Caregiver Familiari Comma 255, insieme a decine di associazioni, ha denunciato la situazione di abbandono in cui si sono ritrovate le famiglie con persone con disabilità durante i difficili mesi del 2020 con aiuti economici insufficienti, assenza di percorsi in ospedali dedicati ai disabili che hanno bisogno di accompagnamento, servizi di assistenza ridotti al lumicino.

All’emergenza si aggiunge quanto in quest’ambito andrebbe fatto per recuperare ritardi anche rispetto agli altri Paesi europei e le voci che abbiamo raccolto, di chi quotidianamente vive questa realtà, hanno proposte concrete per disegnare un futuro diverso.

Che cambiamento vogliamo essere

Ho fatto solo 3 esempi (donne, lgbtq, disabilità) di temi che ci vedono impegnati per informare, ragionare, confrontarci, interrogarci su quale possa essere la strada migliore per un Paese in via di evoluzione. Perché l’Italia sta cambiando, lentamente, a strattoni, in modo a volte confuso e a volte facendo passi indietro prima di riprendere lo slancio. Ma il momento è ora e nel suo piccolo questo blog multifirma, dopo 5 anni, rinnova l’impegno dell’inizio di questo cammino: Alley Oop continua ad essere un laboratorio dove ognuno di noi porta curiosità, originalità, cura, onestà intellettuale, informazione ed energia. E continua ad essere un luogo dove è possibile confrontarsi, dialogare, collaborare nella diversità.

Eravamo una ventina, oggi siamo oltre 150 autori fra giornalisti del Sole 24 Ore, collaboratori esterni e firme d’eccezione. Alley Oop da blog è diventato ebook, eventi, presenza social, webinar, dossier, dirette video, un canale Youtube e podcast. Abbiamo molti altri progetti per questo 2021 e per gli anni avvenire. Per contribuire a cambiare questo Paese noi ci siamo, e voi?

“Every great dream begins with a dreamer. Always remember, you have within you the strength, the patience, and the passion to reach for the stars to change the world.” – Harriet Tubman

  • Alessio |

    Il cambiamento si attua anche nella quotidianità, nei rapporti con le persone. Non basta abolire il genere grammaticale maschile e femminile per fare il cambiamento. Come non basta essere assertivamente politici se poi si combatte solo per modificare la società ma non per i valori del singolo individuo. Auguri!!

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