E se le donne scelgono di vivere con uomini insopportabili?

imeverywoman

Whatever you want, whatever you need
Anything you want done, baby
I’ll do it naturally
‘Cause I’m every woman.

whitney-houstonÈ una sera di febbraio del 2012, quando una giovane donna di nome Withney Houston, scivola nell’acqua della vasca da bagno di un albergo a Beverly Hills, troppo stordita dagli psicofarmaci per accorgersi che sta annegando. Un’immagine profondamente triste, che oggi come allora stona indicibilmente nel raffronto con la vita patinata e splendente della cantante di talento conosciuta negli anni ‘80.

I drammi familiari, legati soprattutto alla figura del marito, sono di dominio pubblico. Sembrerebbe l’ennesima donna intossicata non tanto dalle droghe quanto dalla relazione sbagliata, se non fosse che lei stessa, in un’intervista alla ABC nel 2002, ha dichiarato: “Nessuno mi fa fare qualcosa che non voglio fare. È una mia decisione. Quindi il mio più grande demone sono io”.

Alla luce di queste poche righe, quel verso, I’m every woman, reso famoso dalla sua voce incredibile, assume tutta un’altra connotazione. Offrirsi a una relazione dicendo “Posso essere tutto ciò che vuoi” equivale sostanzialmente a dire “Non importa chi o cosa io sia veramente”. In pratica è negare se stesse, i propri desideri, la propria volontà. Per trasformarsi in qualunque cosa sia necessario per mantenere in piedi tale relazione. È diventare un’ombra, fosse anche l’ombra della “grande donna” che si cela dietro ogni grande uomo. Ed è da questa riflessione che nascono le storie raccontate da Liv Strömquist, raccolte nella graphic novel “I’m every woman”, edita da Fandango lo scorso luglio.

Si tratta della raccolta di una serie di lavori giovanili di questa illustratrice, oggi quarantenne, che proprio per via della giovane età in cui li ha prodotti ha dato vita a un caleidoscopio punk e irriverente, raccontando figure femminili più o meno famose, ma quasi sempre accompagnate da personaggi maschili emblematicamente illustri. Einstein, Presley, Munch, per dirne alcuni. Ma anche Barbapapà, perchè di stereotipi di genere sono intrisi anche i prodotti per l’infanzia.

In alcune delle storie narrate, queste donne rimangono vittime del rapporto sbagliato, perdendo la possibilità di costruirsi una vita propria. In altre storie c’è una sorta di lieto fine, in cui come nelle fiabe è un atto di vero amore a salvare l’eroina, ma vero amore verso se stessa. Così scopriamo della rocambolesca fuga della leader delle Ronnettes dal suo compagno-sequestratore, o di Lee Krasner, pittrice moglie di un ben più famoso pittore, e della sua riconquistata libertà creativa dopo l’abbandono del focolare domestico. 

La teoria che sta sotto questa narrazione, è che per aderire a un modello di relazione basato su un insieme di pregiudizi, abitudini e valori patriarcali, molto spesso le donne accettino di sopportare di vivere accanto a uomini insopportabili. La famiglia nucleare, i figli, la monogamia: in quest’orizzonte tutto può assumere una connotazione sinistra, e si può finire col raccontare che i bambini sono dei conservatori fascisti perchè non accettano che mamma e papà si separino anche se sono palesemente infelici.

L’autrice spinge l’ironia oltre i limiti, talvolta suscitando un fastidio paradossale. Non si può non essere d’accordo con la tesi sostenuta, eppure si fatica a volte a leggere assiomi, teoremi e congetture così lontani dalle nostre logiche. Perchè le nostre logiche si sono sviluppate comunque in un contesto patriarcale, e per sradicarle bisogna avere anche il coraggio di guardare il lato oscuro, ovvero ciò che non è socialmente accettabile nè dire nè pensare. Per scoprire, non senza spavento, che in fondo certi pregiudizi e modelli appartengono anche a me. Nessuna è immune.

Me too, I’m every woman.


Liv Strömquist
I’m every woman
Fandango, 2019
€ 19