Sorelle spaiate, quando la vita ti fa capire il pezzetto di bene che puoi fare

Il cuore ha sempre ragione, pare dirci Lucia Esposito in questo suo bellissimo “Sorelle spaiate“. Doloroso, ma pieno di futuro e di voragini finalmente sanate che portano pace e speranza.

Lucia Esposito è una giornalista che si occupa di libri e cultura e questo è il suo primo romanzo, con una storia antica. A fine anni 90, da cronista incontra Ershela, ragazza albanese costretta a prostituirsi sulle strade delle nostre città. Quella storia e le lettere che Ershela scriveva alla sorella Alina, rimasta in Albania, sono rimaste nel cassetto per 25 anni, e sbocciano ora alla vita. In modo sorprendente e luminoso. Sì, questo è un libro che vi farà stringere forte la vita e abbracciare cause perse che sfiorate, ma che, dopo Ershela e Viola, non vi saranno più indifferenti. Ognuno di noi può fare un pezzetto di bene, e rinascere.

Sorelle

Ershela e Alina, sorelle come Viola, l’alter ego di Lucia Esposito, e Chiara, già sposata e cullata in una vita ricca e agiata: «Per lei sono una mezza squinternata che si crede un po’ Matilde Serao, un po’ Oriana Fallaci e gioca a fare la giornalista». Viola lascia Napoli in una mattina di gennaio in cui tutta la famiglia la accompagna al treno con mille raccomandazioni, soprattutto quella sovrana: «Mangia, mangia, mangia!».

Ershela sogna una vita nuova in Italia, oltre gli strascichi del comunismo. Le promettono matrimonio e futuro, si ritroverà sulla strada cosciente fino in fondo del dramma in cui l’hanno scaraventata e, nonostante tutto, invita Alina alla speranza, la rassicura e le scrive quasi che la scrittura fosse medicina per sanare il cuore.

Viola fa la stagista, fatica a farsi largo nel mondo dei giornali, la considerano quasi quanto una sagoma di cartone (succede nei giornali…). La sorella Chiara è lontana: «Chiara è un’occasione perduta. Siamo due tessere dello stesso mosaico che non combaciano. Siamo sorelle spaiate. Siamo come una coppia di calzini fabbricati e venduti insieme che poi si perdono. Per caso, per distrazione o per scelta».

Vite in salita che fanno i conti con il senso delle parole, quelle dette e soprattutto quelle non dette: «Crescendo capirai – scrive Ershela ad Alina – che pure il silenzio può essere una colpa. Si tace per mille motivi: per paura, per quieto vivere, per salvarsi o per mentire a sé stessi, ma le parole non dette si accumulano e pesano sul cuore».

La potenza della parola

I giorni sono tutti uguali: per Viola al giornale dove il maschilismo è imperante, sulle strade della prostituzione per Ershela, ma la potenza della parola sostiene entrambe e diventa forza: «La mia vita va avanti così. Quando desidero morire, mi capita qualcosa di bello». Come l’incontro fra la giornalista Viola ed Ershela, che sceglie una comunità religiosa per fuggire dalla tirannia della prostituzione. L

e storie si intrecciano, le lettere di Ershela ad Alina tengono insieme i fili della storia e, dal di dentro, ci raccontano il dramma della prostituzione che ormai quasi è stato derubricato a quotidianità. Queste ragazze sono fantasmi della società, eppure Ershela vi mostrerà tutto il suo cuore . Il suo cuore per il cuore di tutte le ragazze schiave delle nostre periferie.

Salvarsi

Più oltre non possiamo scrivere perché la storia va assaporata e sarà come un gorgo in cui finirete avvinghiati. Per scoprire che il sangue dice molto, ma il cuore di più: scombina e ricombina le vite delle persone fino a suggerire che un modo per salvarsi c’è. Sempre. Soprattutto laddove la sorellanza diventa vincolo di sangue, strada condivisa.

Si può cadere, imboccare strade di polvere e dolore ma «l’amore è questo, esserci sempre. È decidere di restare anche quando vorresti scappare». Restare accanto alle sorelle spaiate che la vita ci mette sulla strada. Capirle e sostenerle: questo è l’unico senso della vita.

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Lucia Esposito, Sorelle spaiate, Giunti, pagg. 256, euro 15,90

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