Neolaureati: corso di studi e ateneo pesano sulla differenza di salario per le donne

Sono più di centomila (105.507) i laureati dei percorsi magistrali biennali[1] che si sono presentati sul mercato del lavoro nel 2024 (Almalaurea 2025). Questi neo-dottori si ripartiscono in 98 classi di laurea (Figura 1) e 78 atenei (Figura 2).

Le differenze di genere nell’occupazione e nella retribuzione variano notevolmente al variare della classe e dell’ateneo in cui i laureati hanno conseguito il titolo, e dunque rappresentano uno strumento utile per la comprensione del gender pay gap che si osserva fin dall’inizio della loro carriera.

Neolaureati per classe di laurea magistrale biennale con più di 1000 unità

Elaborazioni su dati Almalaurea 2025

Neolaureati per ateneo con più di 1000 laureati magistrali biennali[2]

Elaborazioni su dati Almalaurea 2025

Persiste una marcata segregazione formativa

La componente femminile rappresenta il 58% dei neolaureati, ma le differenze di genere tra le classi sono molto marcate: si passa da un massimo del 98% in scienze pedagogiche ad un minimo del 14% in ingegneria meccanica. Questa concentrazione femminile in percorsi formativi diversi da quelli della componente maschile evidenzia che la scelta del corso di studi è ancora condizionata dal genere, e i cambiamenti nel tempo sono lenti.

Nell’ultimo decennio, infatti, la quota di donne è rimasta identica, sia per il collettivo (58%) sia per 5 delle 30 classi con più di 1.000 unità; in 15 classi la presenza femminile si è ridotta di poco, e nelle restanti 10 classi è aumentata di poco.

I cambiamenti più consistenti (oltre i 10 punti percentuali) sono limitati a 4 sole classi: le laureate si riducono da 60% a 49% in matematica e da 52% a 40% nelle scienze e tecniche delle attività motorie, mentre aumentano da 60% a 73% nelle scienze della comunicazione e da 52% a 63% in ingegneria biomedica.

La classe più consistente, quella di scienze economiche e aziendali, è tra quelle in cui la componente femminile perde qualche punto, passando dal 56% del 2014 al 52% attuale.

Tassi di femminilizzazione delle classi di laurea magistrale biennale oltre 1000 unità

Elaborazioni su dati Almalaurea 2025

Gender pay gap per classe di laurea

Le retribuzioni dei neolaureati variano molto a seconda del corso di studi: si passa da un minimo di 1.055 euro per le laureate di psicologia ad un massimo di 1.852 euro per i laureati di scienze infermieristiche. La retribuzione maschile supera i 1.800 euro in cinque classi: scienze infermieristiche, ingegneria meccanica, ingegneria informatica, ingegneria gestionale, e informatica, le stesse che si posizionano in testa alla graduatoria anche per la componente femminile, sia pure con importi minori.

Scendono invece sotto i 1.300 euro i laureati in scienze storiche, scienze dello spettacolo e produzione multimediale, psicologia e storia dell’arte, che sono in fondo alla graduatoria anche per le laureate, ma con importi al di sotto dei 1.200 euro.

In media, la retribuzione è pari 1.385 euro per l’insieme delle laureate e 1.613 euro per i laureati, con un gender pay gap del 14,1%.

Retribuzione media mensile netta per genere e gender pay gap per classi di laurea magistrale biennale con più di 1000 unità

Elaborazioni su dati Almalaurea 2025

Si noti che la componente femminile rappresenta il 93% dei laureati nella classe peggio retribuita (scienze pedagogiche), mentre nelle classi meglio retribuite scende sotto il 20% (14% in ingegneria meccanica e 19% in ingegneria informatica).

È evidente che le laureate guadagnano meno dei laureati perché scelgono corsi di studio che portano a retribuzioni più basse, ma le differenze di genere permangono anche all’interno di ciascuna classe di laurea: il gender pay gap sale infatti al 16,3% nella classe di scienze pedagogiche, tocca il minimo nella classe di lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale (2,1%), e si rovescia a favore della componente femminile (- 3,9%) in fisica.

Assodato che la scelta del corso di studi è ancora condizionata dal genere, e che il gender pay gap resta consistente in molte classi di laurea, estendiamo l’analisi alle differenze di genere tra atenei, perché anche in questo caso risultano piuttosto marcate, pur restando nell’ambito dello stesso corso di studi. Per evidenziare questo aspetto delimitiamo l’analisi alla sola classe di scienze economiche e aziendali, la più consistente per numero di laureati, disaggregando per ateneo i dati sulla presenza femminile e sulle retribuzioni.

Scienze economiche e aziendali: differenze di genere per ateneo

La presenza femminile tra i neolaureati di scienze economiche e aziendali non è uniforme intorno al 52% del collettivo, ma passa da un massimo del 65% della Statale di Milano a un minimo del 36% nella LUM G. Degennaro[3] .

Tassi di femminilizzazione dei neolaureati magistrali in scienze economiche e aziendali per ateneo

Elaborazioni su dati Almalaurea 2025

Tra gli atenei in cui la quota di donne è particolarmente elevata vi sono le Università di Modena e Reggio e dell’Insubria (con quote che superano il 60%), mentre nelle Università di Pisa, Firenze e Siena, e nella LIUC C. Cattaneo la componente femminile scende sotto il 45%.

Questa marcata variabilità della presenza femminile può dipendere dal fatto che l’offerta formativa degli atenei, pur nell’ambito della stessa classe di laurea, propone specializzazioni diverse che risultano più o meno attraenti a seconda del genere. In particolare, le donne prevalgono nei corsi di management, marketing e comunicazione d’impresa, ma diventano minoranza nei corsi di finanza, analisi dei dati e controllo di gestione.

Ad esempio, l’Università di Roma Sapienza offre 6 percorsi di laurea magistrale in scienze economiche e aziendali, e la quota di donne, che è pari al 54% nel collettivo, sale al 64% in economics and communication for management and innovation e scende al 44% in intermediari, finanza internazionale e risk management. Anche l’Università di Torino offre 6 percorsi di laurea magistrale in scienze economiche e aziendali, e la quota di donne, che è pari al 46% nel collettivo, sale a 58% nelle professioni contabili e scende a 34% in finanza aziendale e mercati finanziari.

Gender pay gap nelle scienze economiche e aziendali

Prima di disaggregare i dati sul gender pay gap per ateneo, analizziamo le retribuzioni medie per il collettivo, cioè per l’insieme dei laureati in scienze economiche e aziendali. La retribuzione mensile netta, un anno dopo il conseguimento del titolo, è pari al 1.639 euro per la componente maschile e 1.539 euro per la componente femminile; il gender pay gap è dunque pari a 6,1%.

Si noti che per l’aggregato di tutte le classi di laurea il gender pay gap è più del doppio (14,1%), ed è proprio la componente femminile che nella classe di scienze economiche e aziendali riduce nettamente la distanza rispetto alla componente maschile e guadagna molto più della media di tutte le laureate: 1.539 euro contro 1.385 (i 1.639 euro della retribuzione maschile non sono invece molto superiori alla media del collettivo, pari a 1.613 euro).

Da cosa dipende questo gender pay gap che permane anche nello stesso ambito disciplinare? Quali sono le differenze di genere osservate nei dati?

Le principali differenze di genere che si osservano tra gli occupati della classe di laurea in scienze economiche e aziendali e che possono riflettersi nelle differenze di retribuzione sono sintetizzate nella Tabella 2.

Retribuzione media mensile netta dei laureati in scienze economiche e aziendali, e principali differenze di genere tra gli occupati un anno dopo il conseguimento del titolo

Elaborazioni su dati Almalaurea 2025

I laureati di genere maschile lavorano mediamente più ore alla settimana: 41 contro 40 della componente femminile; il part-time sia volontario sia involontario è prevalente tra le laureate: 4,9% contro 3,7% dei laureati; sono in maggioranza di genere maschile gli occupati nelle professioni dirigenziali e ad alta specializzazione: (36,4% contro 32,2%) mentre le laureate prevalgono nelle professioni esecutive e nel lavoro d’ufficio (17,2% contro 12,9%); i contratti a tempo indeterminato sono più frequenti per i laureati (38% contro 35,2%), mentre i contratti a termine sono più frequenti per le laureate (19,6% contro 17,1%); l’occupazione maschile è maggiore nei settori del credito e delle assicurazioni e nelle consulenze varie (48,6% contro 43,1%), mentre l’occupazione femminile è prevalente nei settori della pubblicità e comunicazione (6,9% contro 5,6%) e dell’istruzione (3,4% contro 2,7%). Infine, la componente maschile prevale tra coloro che lavorano all’estero (3,8% contro 3,4%).

Differenze retributive per genere e ateneo

Come per la presenza femminile, anche per le retribuzioni si possono osservare differenze piuttosto marcate disaggregando i dati per ateneo. L’ateneo che porta i laureati di genere maschile in testa alla graduatoria delle retribuzioni (Figura 5) è l’Università di Trento (1.915 euro), mentre in coda c’è l’Università di Catania (1.355 euro); per la componente femminile la classifica cambia (Figura 6): all’ultimo posto c’è l’Università di Chieti-Pescara (1.292), e al primo posto Pavia (1.698).

Retribuzione media mensile netta dei laureati in scienze economico-aziendali di genere maschile per ateneo

Elaborazioni su dati Almalaurea 2025

Retribuzione media mensile netta delle laureate in scienze economico-aziendali per ateneo

Elaborazioni su dati Almalaurea 2025

Anche il gender pay gap, pari al 6% per il collettivo, varia al variare dell’ateneo: sale a 14% nelle Università di Firenze e Chieti-Pescara, si azzera nell’Università di Pisa, e si rovescia a favore della componente femminile (- 12%) nell’Università dell’Insubria.

Gender pay gap tra i neolaureati in scienze economico-aziendali per ateneo

Elaborazioni su dati Almalaurea 2025

Perché le laureate dell’Insubria guadagnano di più dei laureati? Pur tenendo conto dell’esiguità dei numeri (108 persone), i dati disponibili evidenziano la maggior quota femminile di stage in azienda (32% contro 16% della componente maschile), la forte presenza di occupate nel settore industriale (30% contro 14% della componente maschile) e la notevole percentuale di laureate che lavorano all’estero (10% contro 7% della componente maschile, quasi il triplo della media nazionale, che è pari al 3,4%).

In sintesi, questi dati mostrano che la classe di laurea e l’ateneo sono categorie utili per capire la formazione del gender pay gap. Ciò che emerge dall’analisi per corso di studi è che la scelta dell’ambito disciplinare è ancora condizionata dal genere, e che il gender pay gap resta sempre a favore della componente maschile (con l’unica eccezione di fisica). Tra i neolaureati in Scienze economiche e aziendali il gender pay gap si attesta a metà della classifica (6%), ma disaggregando i dati per ateneo si osserva una marcata variabilità tra le diverse sedi pur restando nella stessa classe disciplinare, e anche in questo caso sempre a favore della componente maschile (con l’unica eccezione dell’Università dell’Insubria).

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[1] Nei dati Almalaurea le lauree magistrali biennali sono considerate separatamente da quelle triennali e a ciclo unico perché hanno struttura ed esiti occupazionali profondamente diversi. Il complesso dei laureati comprende: laureati di primo livello (56,0%), magistrali a ciclo unico (10,4%), e magistrali biennali (33,6%) (Rapporto AlmaLaurea 2025 sul Profilo dei Laureati).

[2] N.B.: Sono esclusi i laureati degli atenei con meno di 1000 laureati, le università Bocconi, Cattolica del Sacro Cuore e Politecnico di Milano, e le università telematiche.

[3] N.B.: Sono esclusi i laureati degli atenei con meno di 100 laureati nella classe LM-77, le università Bocconi, Cattolica del Sacro Cuore e Politecnico di Milano, e le università telematiche.