Cosa chiedono i giovani alla scuola? Uguaglianza, partecipazione e molto di più

Educare i giovani, istruirli, formare le nuove generazioni, orientare, preparare al futuro, guidare: da sempre il mondo adulto si pone in questi termini nel dialogo con adolescenti e ragazzi, un dialogo che, visti i presupposti, è quasi sempre un monologo, una lezione, un comizio. Raramente il mondo adulto si offre invece di “ascoltare” i giovani.

La loro voce, le loro richieste, la loro visione del mondo, persino. Istanze che spesso raggiungono lo spazio pubblico solo quando emergono attraverso il dissenso: manifestazioni, cortei, occupazioni. Modalità espressive che il mondo adulto spesso condanna a prescindere, perdendosi la possibilità di ascoltare le richieste e la volontà di partecipazione che le muove. Eppure è proprio nella presa di coscienza dell’età della formazione che il cinismo e la rassegnazione adulta potrebbero trovare una cura. In quel momento in cui la disuguaglianza è ancora inaccettabile, e immaginare una realtà diversa è possibile.

“Lettera alla scuola” è un libro che dà voce alla classe III M dell’Istituto Amaldi di Roma, guidata dal professor Christian Raimo, che già in passato si è occupato di indagare le istanze giovanili attraverso altre pubblicazioni (“L’ultima ora. Scuola, democrazia, utopia”, Ponte alle Grazie, 2022; “Ho 16 anni e sono fascista. Indagine sui ragazzi e l’estrema destra”, Piemme, 2018 e altri). È uscito lo scorso febbraio per Feltrinelli e si rivolge a un pubblico dai 13 anni in su. Raccoglie il testimone di “Lettera a una Professoressa” della Scuola di Barbiana di Don Milani, pubblicato nel maggio del 1967.

Attraverso l’analisi delle problematiche raccontate dai loro coetanei di Barbiana alla fine degli anni Sessanta, i ragazzi e le ragazze dell0Amaldi operano un confronto con il contesto odierno, cercando elementi di continuità e di dissonanza. Quello che ne scaturisce è un libro politico, rappresentazione di una coscienza collettiva consapevole, in cerca di giustizia. E di ascolto.

“La scuola è un ospedale che cura i sani e respinge i malati”

Luogo privilegiato per l’osservazione del mondo e per imparare a rapportarcisi, è la scuola. Questo anche perché, come si racconta nel libro, quando un adolescente torna a casa la domanda “Come stai?” è quasi sempre sostituita da “Com’è andata a scuola oggi?”. Il tempo della scuola è quello che occupa la stragrande maggioranza della giornata (e dei pensieri), dunque è questo il primo luogo dello spazio pubblico che i giovani desiderano vivere consapevolmente. Anche se, scrivono, “Oggi la scuola, più che viverla, spesso sentiamo di subirla”.

“La scuola è un ospedale che cura i sani e respinge i malati”, scriveva a sua volta Don Milani, e ricostruendo la storia della scuola dagli anni Settanta a oggi, i giovani autori e autrici del libro osservano come la scuola di ieri non differisca poi molto da quella di oggi. Certo ci sono state conquiste, sono aumentati e di molto i diritti, ma molto spesso né gli studenti né i docenti ne sono a conoscenza: “Per esempio, la stragrande maggioranza degli studenti ignora l’esistenza dello Statuto degli studenti e delle studentesse”, scrivono. “Questo testo è uno dei molti esempi di come la scuola italiana possa essere uno spazio dove si impara insieme a costruire la democrazia, dove si fa educazione politica. Invece ogni volta che si intravede una manifestazione studentesca particolarmente partecipata, l’attuale ministro dell’Istruzione (e del Merito) Giuseppe Valditara si sente di intervenire e di intonare uno dei ritornelli della destra al governo: a scuola si studia, non si fa politica”.

Perché a scuola non si impara il pensiero critico?

Il fatto è che la scuola stessa sembra da sempre restìa a insegnare l’autonomia, il pensiero critico, la libertà di espressione e la partecipazione politica. Ed è questa invece la vera richiesta che emerge dal libro: “Il ruolo di studentesse e studenti all’interno della comunità scolastica non dovrebbe, al contrario, essere quello di persone che contribuiscono alla riflessione e alle decisioni sul progetto educativo che li coinvolge? Dovrebbe, ma non è quasi mai così: quante volte chi fa le superiori si sente schiacciato dal paternalismo e dall’arbitrio degli adulti? E quante volte la politica sembra un’attività per minoranze di giovani militanti?”. La richiesta è chiara. La volontà di esserci e partecipare lampante. Come può rispondere il mondo adulto?

Non col paternalismo o con le lezioni, si spera. Non con la svalutazione dell’importantissimo e lucido capitolo su voti e bocciature e sul loro impatto sull’emotività e il futuro di queste persone in formazione. Sarebbe bello se gli adulti smettessero, a un certo punto, di scambiare i propri traumi giovanili per importanti esperienze di formazione, e che il “si è sempre fatto così“” non fosse più una formula magica per giustificare decennali incapacità pedagogiche. Perché se è vero che le difficoltà ci formano, è anche vero che non sono le difficoltà in sé a farlo, ma la possibilità di utilizzare strumenti (emotivi o materiali) per farvi fronte. E finché ci saranno le disuguaglianze a disunirci, le difficoltà non avranno lo stesso impatto formativo su tutti e tutte.

Christian Raimo

Su questo ci chiama a riflettere la III M dell’Istituto Amaldi di Roma. Con un tono asciutto, maturo, lucido, capace di maneggiare dati come di interloquire con gli esperti (il bellissimo capitolo 13 è un’intervista al sociologo Claudio Cippitelli). Mentre i loro predecessori, i ragazzi di Barbiana, sono stati a loro tempo molto meno clementi con i toni: “La nuova media esiste, è unica, è obbligatoria […] Fa tristezza solo saperla nelle vostre mani. La rifarete classista come l’altra? La media vecchia era classista soprattutto per l’orario e per il calendario. La nuova non li ha mutati. Resta una scuola tagliata su misura dei ricchi. Di quelli che la cultura l’hanno in casa e vanno a scuola solo per mietere diplomi”.

E i giovani, ecco la verità, non vogliono che la scuola sia solo un voto o un diploma. Chiedono di più. Quando saremo pronti, noi adulti, a offrire questo “di più”?

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Titolo: “Lettera alla scuola”
Autori: Istituto Amaldi di Roma. Classe III M (a cura di Christian Raimo)
Editore: Feltrinelli (2024)
Prezzo: 14 euro

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  • Gloria |

    Questa scuola odiata,questa scuola amata.Che la scuola è un ospedale che cura i sani e respinge i malati è un dato di fatto.Ma rispetto al passato l’ascolto e l’espressione degli studenti è notevolmente aumentato.Sarebbero necessari più Maestri con la M maiuscola che calamitano l’attenzione della scolaresca potenziando il loro senso critico e ampliando le loro conoscenze senza annoiarmi o attuando metodi soporifero del passato

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