Carlà (Noi Rete Donne): “Le quote di genere nei cda andrebbero estese alle imprese non quotate”

“La democrazia paritaria fa bene a tutti perché, quando a decidere ci sono le donne, le cose cambiano in meglio. Non solo per loro”: a provarlo è l’esperienza raccolta sul campo da Daniela Carlà che – insieme a Marisa Cinciari Rodanoha fondato Noi Rete Donne, la rete nazionale attiva da oltre un decennio per sostenere la democrazia paritaria perseguendo l’obiettivo di una adeguata partecipazione femminile ai vertici e negli organi decisionali, di natura pubblica e privata, in tutti i settori. Dalla cultura alla scienza, dal diritto alla politica e all’economia.

Si tratta di un approccio virtuoso che opera su più livelli, nazionale ed europeo, capace di mettere a sistema competenze diverse e arrivare a proporre correzioni al sistema sul piano normativo e culturale. Femminile e femminista, la rete è priva di finanziamenti e autonoma. Per immaginare e costruire un mondo nuovo serve prima di tutto pensarsi e rendersi libere, dai partiti, dai maschi e dai centri di potere qualunque essi siano”: Daniela Carlà, co-fondatrice di Noi Rete Donne e dirigente generale della pubblica amministrazione –  con incarichi in materia di politiche sociali internazionali, politiche del lavoro, immigrazione e controllo sugli enti pubblici – lo racconta ad Alley Oop.

Come nasce Noi Rete Donne e perché la scelta di centrarla sul rapporto tra donne e potere?

Noi Rete Donne è una realtà particolare nell’ambito dell’associazionismo e delle presenze femminili e femministe nel nostro Paese. Siamo una rete assolutamente informale. Non siamo mai andate dal notaio, non abbiamo registrato il logo, non abbiamo organismi né finanziamenti. Siamo nate come gruppo di amiche e conoscenti – esperte dei temi che trattiamo – e abbiamo cominciato a ragionare sull’idea di Noi Rete Donne riunendoci a casa mia a partire dal 2009. Solo quando Marisa Rodano, co-fondatrice, ha avuto le prime difficoltà nel guidare ci siamo incontrate nella sua splendida casa. Abbiamo ovviamente ridotto il numero delle partecipanti, anche per scelte organizzative e politiche intervenute: non abbiamo convocato tutte le amiche di Noi Rete Donne, ma le responsabili delle associazioni dell‘Accordo sulla democrazia paritaria, nel frattempo costituito.

Siamo un luogo di elaborazione, non di mobilitazione. Ma non per questo siamo meno impattanti. Anzi: le proposte precise e le elaborazioni innovative sono in questo momento la cosa più concreta. Ci concentriamo in particolare sul rapporto donne e potere perché pensiamo che sia un nodo centrale: la democrazia paritaria non rappresenta “solo” una delle questioni più importanti per le donne ma ingloba tutte le priorità da affrontare per un discorso interno allo sviluppo della democrazia nel nostro paese. Noi Rete Donne è costituita da persone con una forte sensibilità istituzionale e molte di noi possiedono anche una formazione politica, anche se la nostra non è una rete partitica ma una rete trasversale. Ci interessa l’evoluzione delle politiche della parità e delle pari opportunità. Ma ci interessa anche la difesa e lo sviluppo democrazia nel nostro Paese. La democrazia paritaria, se correttamente declinata, è un tema che ingloba tutte le altre tematiche femministe. Questa caratteristica ci diversifica rispetto ad altri approcci.

In che modo si declina correttamente il tema della democrazia paritaria per far sì che inglobi tutte le tematiche femministe? Oggi lo vede declinato correttamente?

Quando parliamo di democrazia paritaria parliamo di tutte le questioni che riguardano le donne. Perché se a decidere sono le donne le cose cambiano in meglio non solo per loro, ma per tutti. Oggi a riguardo ci sono delle elaborazioni avanzate e ci sono stati importanti risultati. Abbiamo raggiunto leggi significative ma non è vero che abbiamo ottenuto tutto e che dobbiamo semplicemente “applicare”. Ci sono state molte conquiste ma abbiamo ancora profondi vuoti legislativi. Ne è un esempio quello che riguarda le designazioni delle cariche pubbliche: sia nel caso di nomine che di consulenze, non c’è nessun vincolo che induca a eliminare il monopolio maschile nella gestione del potere. Sento spesso dire “basta” con le quote di genere, come se avessimo vissuto una stagione in cui ne abbiamo disseminate. In realtà non parliamo semplicemente di quote, ma di rimozione di discriminazioni e di politiche di promozione. Anche il pacchetto della Golfo-Mosca ha bisogno di integrazioni perché, ad esempio, lascia fuori le società non quotate e non è un problema banale: quindi non è vero che abbiamo una “iper-legislazione” sul tema delle quote, né che il discorso sia chiuso dal punto di vista normativo e che ora sia il tempo di concentrarsi sugli incentivi. C’è ancora molto da fare.

Dall’Accordo per la democrazia paritaria promosso da Noi Rete Donne nel 2011 a oggi, quanti passi sono stati fatti a livello di partecipazione politica delle donne?

Noi Rete Donne, con l’Accordo per la democrazia paritaria, ha promosso per la prima volta nel nostro paese una rete tra tutto l’associazionismo ponendo come obiettivo comune quello della democrazia paritaria. Abbiamo predisposto gli emendamenti e siamo riuscite a farli passare per le assemblee elettive e anche per le giunte. Anche se non abbiamo ancora raggiunto il vincolo della composizione paritaria – 50% donne e 50% uomini – perché trovata la regola si trova l’inganno per non applicarla. Come nel caso delle donne capoliste nelle liste elettorali, in cui l’uso sapiente dei collegi elettorali “sicuri” e le candidature multiple permette ai partiti di aggirare la norma sulle quote. Nel 2012 abbiamo fatto presente il nostro Accordo per la democrazia paritaria a Giorgio Napolitano, all’epoca presidente della Repubblica che, con grande sensibilità istituzionale, ne ha valorizzato gli obiettivi e ha sottolineato l’esigenza di condividerli. Questo dimostra che anche dal punto di vista legislativo ci sono lacune, aggiustamenti e integrazioni da fare. Non si procede a tappe perché la democrazia è articolata e viva: non c’è una fase in cui si pensa e una fase in cui si approvano le leggi. Il percorso democratico è continua evoluzione, un’intersezione di soggetti e una pluralità di voci e di posizioni. In quest’ambito occorre oggi definire obiettivi precisi sul piano delle politiche legislative, in relazione a specifiche priorità.

Quali sono queste priorità?

Sicuramente il rapporto con la politica e la vita democratica all’interno dei partiti, in particolare occorre concentrarsi sul costo della politica: se la politica costa molto, per le donne è ancora più difficile accedervi e mi riesce intuitivamente possibile immaginare che possano essere scelte dagli uomini le donne più comode. Di conseguenza, chi risulta essere più “viva” o autonoma, potrebbe non stare dentro il sistema e non avere le risorse necessarie per prendere spazio.

Un altro vuoto legislativo da colmare riguarda le nomine delle designazioni pubbliche: la scarsa presenza delle donne, quando non la totale assenza, nei luoghi in cui si decide è un vulnus della nostra democrazia che necessita di essere affrontato e risolto con urgenza. Non si tratta soltanto di una questione di democrazia, di giustizia e di uguaglianza, ma di possibilità di partecipazione a un processo decisionale che ha un impatto forte sulla vita di donne e uomini. Occorre mettere a sistema la parte legislativa che riguarda il potere e il lavoro fatto con le imprese fatto in questi anni in termini di parità, penso ad esempio alla certificazione della parità di genere. Se non si agisce in modo trasversale il rischio è che si incoraggi un “parità” di facciata, tingendo di rosa le aziende. Il rischio è dietro l’angolo e non aiuta l’assunzione di una reale responsabilità. Dobbiamo costruire adesso una fase differente, i germi ci sono sia rispetto alle questioni essenziali e prioritarie ma anche rispetto a problematiche percepite come più “di nicchia”.

In che modo si può “fare rete” in modo proficuo e funzionale agli obiettivi ancora da raggiungere?

Facendo ordine nel disordine di politiche e interventi, concentrandoci sull’utilizzo degli strumenti, approfondendo le questioni. Per questo la logica delle reti è fondamentale: serve mettere in campo le competenze e, poiché spesso sono trasversali e interdisciplinari, è fondamentale avere una rete di persone così da metterle a sistema in modo strategico. Dobbiamo imparare a gestire la nostra voglia di fare per fare bene insieme. Un altro ingrediente fondamentale è la presenza delle donne nella politica, la loro autonomia e indipendenza: dai partiti, dai maschi e dai centri di potere qualunque essi siano. L’ultimo nodo che viene spesso trascurato è il nesso tra democrazia paritaria, la sua evoluzione a tutti i livelli e il contrasto alla corruzione: non sono temi staccati ma sono importantissimi per le persone che nella legalità possono sviluppare le proprie iniziative e vedere i risultati in un contesto sano.

Partecipazione delle donne alla vita pubblica: quali le misure che concretamente servono e quelle che invece fungono da “specchietto per le allodole”?

C’è da prestare attenzione alla rincorsa spasmodica delle certificazioni che, invece, è realmente efficace quando è accompagnata – all’interno delle aziende –  da una reale consapevolezza e crescita condivisa sui temi della parità. Per la maggiore solidità delle imprese nel tempo, la reputazione non la si rincorre in poco tempo: se si acquisisce velocemente, si perde velocemente. La reputazione, anche sul tema della parità di genere, si costruisce con la solidità. Questo vale anche per le reti e l’associazionismo delle donne: non ci si improvvisa, non si inventano le cose.

Le competenze vanno conosciute e riconosciute perché esistono e bisogna valorizzare. Anche declinare la democrazia paritaria nei settori è importante perché, benché si tratti di una riflessione a tutto campo, richiede della specificità in base al settore in cui agisce. Bisogna tessere un disegno e si deve evidenziare la trama, correndo i sentieri delle peculiarità e delle specificità. Se questo non accade la trama si scompone subito. Non c’è un’unica misura indispensabile, ci sono delle emergenze e ci sono delle priorità. Altre volte, invece, c’è la necessità soprattutto di stare “sul pezzo” seguendo tanti piccoli approfondimenti su casi specifici.

Qual è il messaggio che le nuove generazioni possono cogliere dalle precedenti per portare avanti le battaglie già intraprese (e quelle da intraprendere)?

Non sono per il messaggio che si dà sempre alle più giovani, ovvero di stare attente perché i diritti non sono dati per sempre: una giovane che li possiede tende a considerarli acquisiti, non è nel suo orizzonte mentale pensare che si debba chiedere il permesso per fare cose. Penso invece che alle giovani donne bisogna dire che progredire sul fronte dei diritti serve soprattutto a loro e al loro futuro: non basta la difesa di quello che c’è. Può essere sufficiente oggi ma, se lo si lascia così senza andare avanti, non ci copre domani. Servono evoluzione, impegni nuovi, sviluppi: diritti e doveri non sono mai definiti una volta per tutte anche perché, al di là della definizione giuridica, c’è un modo concreto di viverli che cambia continuamente.

Per questo, rivolgendomi alle nuove generazioni, punterei più sul discorso del cambiamento e sull’utilità per le ragazze di confrontarsi con le tematiche della democrazia paritaria. Se la chiamiamo così mi rendo conto che possa sembrare una cosa astratta, per questo parlo di declinazioni: è fondamentale capire che cosa la democrazia paritaria significhi nella vita quotidiana e nel futuro. E, domani, le ragazze avranno bisogno di consolidarla per essere sicure di poter fare tutto quello che vogliono fare. Per far sì che ciò avvenga, non esiste un ricettario: lo si può creare dopo aver fatto esperienza. A partire dall’eredità storica delle donne.

In che modo si valorizza l’eredità storica delle donne per far sì che arrivi a un pubblico sempre più ampio?

Rivisitando la storia del pensiero proprio attraverso le presenze femminili e rimarcando le assenze. Come Noi Rete Donne riteniamo importante riflettere sia sulla valorizzazione di alcune figure del passato anche recente: abbiamo proposto la realizzazione di francobollo per Elena Gianini Belotti – che sarà emesso l’otto marzo – e un altro per ricordare Marisa Rodano. La riflessione può essere portata avanti sia sulle presenze che sulle assenze: non ci si deve occupare solo del dopoguerra, bisogna intrecciare la storia del pensiero politico tra discipline diverse perché in ognuna assume specifici connotati. Promuoviamo un approccio che non anneghi le specificità delle questioni ma costruisca un contesto in cui venga data ad ognuna il peso e la collocazione giusta.

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