Una patina nera per sfregiare la memoria, la storia, il nostro essere comunità. Il 30 ottobre 2023, in via Dandolo a Roma, due pietre d’inciampo sono state imbrattate con vernice nera, quasi a farle sembrare bruciate. Ricordano Michele Ezio Spizzichino e Aurelio Spagnoletto, 36 e 39 anni, che il 16 maggio 1944 venivano prelevati dalla loro casa di Trastevere, per finire bruciati nei forni crematori di Auschwitz.
Da Milano a Parigi
Il presidente della Comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun, confessa tutta la sua preoccupazione davanti a questo atto gravissimo: «Non cediamo al terrore». Il sindaco della capitale ha condannato «questo gesto inaccettabile e miserabile». Non è il primo, nel corso degli anni Roma ha visto decine di profanazioni (addirittura venti sampietrini furono rubati in via Madonna dei Monti il 10 dicembre 2018).
In queste stesse ore, nel XIV arrondissement di Parigi, sono comparse una sessantina di Stelle di David su case, banche e negozi rievocando anni tragici della storia europea. In Austria, il Paese dove nacque Adolf Hitler, che fu inglobato per primo nel Terzo Reich e dove 65mila ebrei furono sterminati dai nazisti, ieri notte qualcuno ha dato dato fuoco all’atrio della sala delle cerimonie della parte ebraica del cimitero di Vienna e ha imbrattato il muro esterno di svastiche.
Sono in corso, poi, due guerre drammatiche: una, quella in Ucraina, è quasi un rumore di fondo al quale ci siamo tristemente abituati; quella in Israele ci ha sorpresi il 7 ottobre e ci coinvolge per la brutalità delle immagini che arrivano nelle nostre case da Gaza.
Non cedere al clima delle guerre
Tutto pare aggrovigliarsi, i torti, le ragioni, le vendette. I social media non fanno altro che amplificare il peggio. Chi alza la voce di più, chi oltraggia la storia, e invece chi cerca parole di pace, chi vuole il dialogo, come Papa Francesco nella fatica dei suoi anni e delle sue preoccupazioni: nella schizofrenia di questo grammelot di parole, sembra perdersi la diritta via. Eppure, le 80mila pietre d’inciampo d’Europa, museo diffuso voluto dall’artista tedesco Gunter Demnig per riportare a casa gli uomini e le donne uccisi dal regime nazi-fascista, ci ricordano nella quotidianità del vivere la strada, la forza della libertà, la necessità di un pacifico vivere insieme. C’è spazio per tutti.
La vendetta non porta a nulla come ricorda sempre Liliana Segre: «Uno dei miei aguzzini aveva dimenticato per terra una pistola. Ho pensato di raccoglierla e di sparare ma non l’ho fatto. Fu un attimo, un attimo importantissimo, decisivo nella mia vita perché io capii che mai, per nessun motivo al mondo, avrei potuto uccidere qualcuno. Io non ero come il mio assassino».
Sulle pietre d’inciampo – in Italia sono ormai circa 1.500 – costruiamo la casa della memoria, della nostra storia condivisa. Adottiamone una a testa, studiamo la vita dell’uomo o della donna che ricorda e cerchiamo di portare nel nostro agire i valori di quella vita. Sarà una costante manutenzione della memoria, ognuno di noi farà un pezzettino di strada per provare a ricomporre le distanze e l’odio.
E non smettiamo mai di insegnare ai nostri bambini la poesia di Gianni Rodari sulla pace:
Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola
a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
e orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra
per esempio, la guerra.
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