“Dove passo io con la sedia a ruote, passano tutti”
Lo ripete spesso Alessia Michielon, fondatrice, insieme alla sorella Sara, di Ruote Libere. Entrambe giovanissime, le due ragazze venete hanno creato insieme un progetto di turismo accessibile che sta dando speranza a persone con disabilità di tutta Italia. Il loro obiettivo è quello di vedere i siti della cultura fruibili a tutti. Perché viaggiare è anche questo: abbattere barriere fisiche e mentali. Alley Oop le ha incontrate.
Il turismo come opportunità inclusiva: quali sono le sfide più comuni e quelle inaspettate che avete dovuto fronteggiare?
Sara: Sicuramente le più comuni sono le barriere fisiche ovvero le barriere architettoniche: la ghiaia dei sentieri che rimane nelle ruote della carrozzina, i marciapiedi senza scivolo, le scale con gradini non percorribili in sedia a rotelle. Ma soprattutto, e questo lo abbiamo notato nei nostri viaggi, uno dei principali problemi è quello di non riuscire a trovare un bagno che sia accessibile e che comprenda le esigenze di una persona in carrozzina in termini di servizi e spazio sufficiente.
Le sfide invece nascoste sono tutte quelle che riteniamo classificate come barriere mentali, ovvero la mancata preparazione del personale a un turismo accessibile. Molte volte gli addetti non sanno come si accoglie e come è giusto rapportarsi con una persona con disabilità.
Alessia: Spesso, quando chiamo da sola un luogo per avere delle informazioni più accurate, per mancanza di preparazione sento il telefono che mi viene sbattuto in faccia.
Come è nata l’idea di Ruote Libere?
Alessia: Tutto è nato da una vacanza in Toscana, quando Sara voleva visitare dei luoghi culturali che stava studiando. In questa gita abbiamo compreso che molti dei siti non erano accessibili per persone con disabilità, soprattutto per quelle con necessità di una sedia a ruote. Ricordo che sono dovuta stare fuori perché non c’erano gli strumenti adatti e non mi sono potuta godere il viaggio. Da questa esperienza, come diciamo sempre, si è accesa una lampadina.
Sara: Mi sono laureata nel 2018 con una tesi sul turismo accessibile promosso dai social media. Abbiamo deciso, fin dall’origine di questo progetto, di non muovere una polemica che molte volte rimane sterile, ma di promuovere dei passi concreti per raggiungere l’obiettivo di un turismo alla portata di tutti.
Abbiamo visto, nella nostra esperienza, che partire all’attacco vuol dire trovare ascoltatori sulla difensiva. Invece vogliamo far capire che un turismo accessibile è una risorsa socio-economica per tutti: a livello sociale si promuove l’integrazione e sul piano economico, se un luogo è fruibile a più persone, esiste un giro dell’economia più ampio e più redditizio per il Paese.
Che cosa offre il portale di Ruote Libere?
Il portale mostra l’accessibilità dei luoghi, in particolare per disabilità che necessitano di sedie a ruote, in modo che le persone che hanno difficoltà possano decidere liberamente, con informazioni dettagliate in prima battuta, se visitare un certo luogo o meno. Per quanto riguarda invece gli enti, il nostro obiettivo è quello di far comprendere il valore socio-economico delle loro risorse se fossero accessibili a tutti.
Quale ruolo ha la cultura nelle vostre vite?
Alessia: La cultura ci porta tanta voglia di metterci in gioco e ci dà l’occasione di esplorare e conoscere dei luoghi anche vicino casa che, molte volte, non sapevamo nemmeno che ci fossero.
Sara: La cultura è importante per poter aprire i tuoi orizzonti, è una fonte di arricchimento perché con lo studio arrivi a scoprire cose che non avresti conosciuto in modo differente. Ti dà la possibilità di crearti delle nuove prospettive e di percepire le cose in modo diverso.
Che cosa lascia un viaggio nel cuore del viaggiatore? E invece, quali sono i pensieri e le sensazioni quando, per mancata accessibilità, un luogo non è visitabile?
Alessia: Voglio partire dall’ultima domanda, parlando di che cosa si prova quando un luogo non è accessibile. Ti lascia amarezza, perché sei così preparato per visitare quel posto e poi invece non puoi nemmeno entrare. Amarezza è la parola giusta.
Sara: Farò un paragone per far capire meglio la situazione: è come quando hai davvero voglia di pizza di un dato ristorante, entri con l’acquolina in bocca, ti siedi, aspetti il tuo turno e alla fine la pizza che ti portano è bruciata. La delusione è l’emozione principale, perché vieni invaso da sensazioni negative. Ti senti uno scarto della società. Noi pensiamo inoltre che siano le persone a fare la differenza, un luogo può non essere accessibile, ma magari l’esperienza viene resa migliore dal modo in cui il personale si approccia alla persona con disabilità. Invece, quando le cose vanno bene, ti senti molto leggero, una sensazione di pace ti avvolge. Il viaggiò ci dà leggerezza, nuovi stimoli, la volontà di scoprire.
Quali risultati avete ottenuto in Veneto, la vostra regione?
Sara: Siamo state molto contente per il progetto Veneto creators dove siamo state scelte tra ventotto ragazzi per promuovere la nostra regione. È stato un onore e una grande soddisfazione perché eravamo le uniche a parlare di inclusione e disabilità in un progetto istituzionale. Dopo abbiamo proseguito con lavori sul territorio come “Osterie accessibili a Treviso”.
Che rapporto avete con i social? Avete mai dovuto affrontare pregiudizi e preconcetti da sconosciuti?
Sara: Ricordo che il primo post lo abbiamo affrontato proprio con la volontà di buttarsi in un’esperienza nuova, mettendo in pratica i nostri pensieri. Abbiamo ricevuto molto feedback positivi, devo essere sincera, e per il momento non abbiamo incontrato i famosi haters. Molti ci chiedono informazioni sui luoghi che visitiamo e da lì si apre un dialogo che siamo sempre contente di portare avanti. Ci sono persone con disabilità che ci ringraziano per il nostro lavoro e per la spinta che diamo a uscire e frequentare luoghi sconosciuti. Tuttavia, non è raro che ci scrivano anche persone normotipiche che stanno imparando il valore dell’accessibilità dei luoghi e ci consigliano mete da visitare.
Su Instagram avete postato un bellissimo video sul decalogo di come comportarsi con una persona disabile. Potete riassumere il vostro pensiero?
Alessia: Quando ti trovi di fronte una persona con disabilità devi comportarti come faresti con un normodotato, senza trattarci in modo diverso. Non si deve inoltre dare per scontato che la persona con disabilità non abbia la facoltà di parola o di giudizio. E poi, cosa fondamentale, basta parlare ai disabili come si farebbe con i bambini piccoli.
Sara: Il video aggiunge anche altre piccole regole: non ostacolate il passaggio sulle rampe o sui marciapiedi con biciclette, monopattini, bidoni della spazzatura, perché per noi è un problema. Attenti al parcheggio davanti alle rampe e raccogliete sempre i bisogni dei vostri animali che potrebbero finire sulle ruote di una sedia. Poi, certo, Alessia lo ha detto, non modificate il nostro linguaggio e rivolgetevi sempre alla persona con disabilità se volete parlare con lei. Per esempio, molte volte ci è capitato che sconosciuti chiedessero a me delle cose di Alessia o che dessero per scontato che Alessia non possa pagare da sola una consumazione al bar. È tempo di cambiare questa narrativa.
Che cosa pensate del percorso di inclusività che sta avvenendo in Italia? Quali passi secondo voi sono ancora da compiere?
Sara: Ultimamente vedo che questa tema è molto dibattuto e si sta muovendo qualcosa. Il passo da compiere è quello di puntare all’eliminazione delle barriere, lavorando in primo luogo a quelle mentali. Quindi è essenziale aumentare la formazione nelle scuole, nel personale d’azienda e nel settore turistico. Anche i social possono essere una buona forma per sensibilizzare.
Come vivete quotidianamente la diversità e il vostro rapporto di sorellanza?
Alessia: Sarò sincera, quando andavo a scuola, mia sorella e io avevamo un rapporto come tra cani e gatti perché ci riconosciamo due caratteri opposti. Da quando ho terminato il percorso scolastico e abbiamo iniziato il progetto “Ruote Libere”, i rapporti sono cambiati. Quando ero più piccola provavo paura a parlare della mia disabilità e rifiutavo l’aiuto di tutti.
Sara: È vero, non abbiamo avuto sempre un rapporto idilliaco. Non mi è mai stato insegnato come rapportarmi alla disabilità di Alessia e a volte mi sentivo messa al secondo posto. Quando sono cresciuta ho capito che quest’ambiente mi ha aperto gli occhi: tutti abbiamo dei limiti e da quando abbiamo iniziato il nostro progetto insieme ci siamo capite di più. Possiamo contare l’una sull’altra. Adesso ci incastriamo caratterialmente e ci compensiamo. Ovviamente, come tra tutti i fratelli e le sorelle, non mancano anche i litigi.
Il 12 ottobre avete partecipato all’evento di lancio di 4 week 4 inclusion. Quale contributo avete portato al dibattito?
Sara: Il tema dell’evento era “Il corpo” e visto che noi ci occupiamo dell’abbattimento delle barriere, ci siamo focalizzate sull’idea che un corpo con disabilità viene visto dall’esterno come un limite. Abbiamo parlato anche della dimensione onirica: come in un sogno ti senti libero e leggero, vuoi riportare anche nella realtà questa sensazione. È necessario, come dico sempre, abbattere prima le barriere mentali. E tutti possono fare la loro parte, perché è essenziale creare un team, fare rete.
Alessia conclude: Lo speech inizia con questa mia citazione: dove passo io con la sedie a ruote, passano tutti.
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