Minori in comunità, compiuti i 18 anni restano soli

Federico si è dovuto allontanare dalla famiglia perché la madre era tossicodipendente e la nonna era sola. Una volta uscito dalla comunità e trovata la sua strada, ha creato un’associazione proprio per occuparsi dei ragazzi come lui – i care leaver – che dopo i 18 anni restano soli. Almas, di origini pakistane, vive a Trento: è scappata dal padre violento con i suoi fratelli, è stata accolta in varie comunità ma lei e i fratelli sono stati divisi. Ora, dopo anni, vivono di nuovo insieme, hanno un appartamento e un lavoro. Denis è albanese, è arrivato in Italia da solo come minore non accompagnato, ha vissuto in comunità ad Aosta, adesso frequenta l’università a Torino. Studia e si mantiene.

Federico, Almas, Denis sono tre degli oltre 20 mila bambini e ragazzi ospiti ogni anno delle comunità per minorenni in Italia (più della metà ha tra i 14 e i 17 anni). Hanno storie diverse ma con un comune denominatore: compiuti i 18 anni e conclusa l’esperienza in comunità, non avendo una famiglia d’origine in cui rientrare sono rimasti soli. E si sono salvati grazie alla rete.

Federico e la nascita di Agevolando

Federico è nato e cresciuto in un paesino di montagna sopra Verona, a 10 anni è stato inserito in comunità. “Mia madre aveva 17 anni quando sono nato e aveva problemi di tossicodipendenza. Non avevo un padre, mia nonna era sola e faceva fatica a sostenermi”, ci racconta Federico, che oggi ha 43 anni.  “Erano gli anni 90, mi trovavo in un istituto con 30/40 ragazzi, gli educatori erano pochi e non formati come avviene oggi. E’ stata un’esperienza con alti e bassi ma mi ha dato la possibilità di lavorare in questo mondo e di dare il mio contributo”. I primi mesi in comunità sono molto difficili, Federico si sente solo, vede la nonna ma solo nel week end quando torna a casa.  Finisce le medie  e le superiori e arriva il momento di lasciare l’istituto. “Tra i 18 e i 21 anni , quando sono rientrato a casa , è stato il momento più difficile della mia vita. Mia nonna era anziana e mi sono trovato senza la rete di supporto e di persone a cui ero abituato. Avevo un tetto e una casa, ma era tutto molto faticoso”. Federico si iscrive all’università ma senza grandi risultati, così decide di trasferirsi a Ferrara, appoggiandosi a una comunità sul territorio. Cambia indirizzo di studi e inizia il percorso per diventare educatore.

A fine 2009 partecipa a un evento a Bologna in cui due ragazze testimoniano la loro esperienza in comunità e la loro fatica una volta uscite. Lì capisce cosa vuole fare: raccogliere la voce di chi ha vissuto le stesse esperienze per portarla alle istituzioni e cambiare le cose. Così nel 2010 Federico Zullo crea Agevolando, associazione no profit che ora ha una quarantina di soci e 400/500 beneficiari l’anno. “L’ho costruita a partire dalla doppia esperienza personale: aver vissuto in comunità e aver lavorato come educatore dal 2001 in poi in una comunità per adolescenti. Mi sono accorto che dopo il 18esimo anno vi è un vuoto, una carenza di supporto e attenzioni, c’è un abbandono. Ho pensato che si poteva fare qualcosa di più in termini di continuità dopo la comunità e l’affido, mettere a disposizioni soluzioni abitative, lavorative, relazionali e di studio adeguate”, sottolinea il fondatore di Agevolando.

Almas e il progetto di coabitazione

Almas è pakistana, ha 27 anni, vive in Italia dal 2004, quando con i genitori, sua sorella e i due fratelli si trasferisce a Mezzocorona, comune di circa 5000 abitanti in provincia di Trento. Ha 8 anni, non parla italiano e in casa la situazione non è facile: il padre è un uomo violento e lei, la mamma e i fratelli non possono uscire e avere amici. Almas si dedica completamente alla scuola, studia e si impegna. A un certo punto la madre cerca di ribellarsi, il padre con una scusa la riporta in Pakistan e la lascia lì, per poi tornare in Italia. Un giorno la situazione degenera e Almas e i fratelli denunciano il padre. Dopo la denuncia però tornano a casa, nessuno offre loro protezione e non sanno dove andare, sono terrorizzati.  Prendono un treno e vanno a Trento, dove chiedono aiuto. Dopo ore passate in una stanza in Tribunale, vengono collocati in due comunità diverse, inizialmente Almas è con la sorella maggiore ma poi resta sola. Ha 14 anni, studia e d’estate fa l’animatrice in un centro estivo sempre all’interno della comunità.  “Vivevo per la scuola, avevo voti alti, volevo solo studiare e essere brava – ci racconta – ho giocato anche a calcio per un anno, mi hanno iscritto con tanta fatica tra costi e questione burocratiche”.

Almas finisce le superiori restando in comunità, anche se ha più di 18 anni. “Avevo bisogno di tranquillità, di stare nel mio ambiente, avevo degli educatori di cui mi fidavo”, spiega Almas, che inizia a discutere del suo futuro con l’ educatrice di riferimento quando ha 17 anni: rientrare in famiglia per lei non è un’opzione. Vuole continuare a studiare, fare l’università e laurearsi. “Dovevamo capire come fare. Il problema più grosso era la casa, io non volevo andare negli alloggi di semi autonomia, volevo essere indipendente, non essere più un peso per nessuno, non dipendere dai servizi sociali e dalla Provincia”.  Almas inizia a cercare un lavoro part time e a  fare colloqui ma non trova nulla. Partecipa a  tre test di accesso all’università –  infermieristica, assistente sociale, psicologia – e fa domanda per la borsa di studio. “Anche in quel caso è stato tutto molto complicato, servivano i redditi dei genitori ma non li avevo. Non c’era la casistica che riguardava i ragazzi fuori famiglia con reddito zero. Sui documenti hanno  dovuto barrare la casella orfana”. Alla fine Almas riesce a ottenere la borsa di studio, ma con 2000 euro l’anno non può mantenersi.

Proprio in quel momento avviene l’incontro con Agevolando, che sta promuovendo un progetto di coabitazione per i care leaver, il primo in Trentino. Per la giovane è una rivelazione: “E’ stata una scoperta sapere che c’era altra gente come me, le cooperative sono molto chiuse in se stesse. E’ stato un momento fantastico, mi sono confrontata con ragazzi con i miei stessi sogni, le stesse difficoltà, le stesse esperienze. E’ stata la spinta per cercare di cambiare le cose attraverso il mio racconto e la mia voce”.  Almas inizia così la sua esperienza con Agevolando ed entra  a far parte del progetto di coabitazione, in cui privati cittadini danno la disponibilità a ospitare care leaver in casa propria, in cambio di un contributo spese. Per Almas il progetto, della durata inziale di un anno, va avanti invece per tre anni. “Ci siamo trovati così bene che per me è diventata una seconda famiglia, mi hanno salvata, senza di loro non sarei riuscita a mantenermi”, ci racconta Almas.

Nel frattempo anche i suoi fratelli iniziano a stabilizzarsi. “Abbiamo sempre avuto voglia di tornare a vivere insieme, soprattutto per aiutare il nostro fratello più piccolo. Il primo anno la convivenza è stata molto difficile, il passato continuava a tornare con incomprensioni e questioni irrisolte, poi è andata molto meglio”. Oggi Almas ha 27 anni, la sorella e il fratello più grandi 30 e 29 anni, il piccolo 24. “Io ho appena finito la magistrale in scienze cognitive, mio fratello più grande vive e lavora a Milano, mia sorella ha un contratto a tempo indeterminato.  Ora abbiamo due progetti. Il primo: stiamo cercando di portare a termine il ricongiungimento famigliare con mia mamma in Pakistan, anche se è molto difficile. L’abbiamo rivista nel 2019, dopo 10 anni. Il secondo: stiamo per chiedere la cittadinanza. Dopo quasi 20 anni in Italia, non posso ancora votare”.  Almas lavora in un’associazione, ha fatto un tirocinio, insegna italiano ai bambini pakistani, partecipa a progetti europei. E’ nel direttivo Agevolando, fa formazione ai ragazzi e alle ragazze che studiano per diventare assistenti sociali ed educatori.  Grazie a due professoresse “illuminate” – come le definisce -, Almas fa anche formazione ai ragazzi in università. “E’ li che è importante lavorare, i giovani devono rendersi conto di quello che faranno senza basarsi solo su carte e regole molto rigide”, conclude Almas.

Denis e il sogno dell’Italia

Denis ha 22 anni, è albanese, arriva in Italia da solo a 16 anni nel 2017. “Per noi albanesi l’Italia è la terra promessa”, ci racconta. Nel suo Paese vive in una situazione di pericolo, ha paura. Così, giunto in Italia per una piccola vacanza con il fratello più grande, decide di fermarsi e partire per la Francia. Prende il treno, che però non supera il confine ma si ferma ad Aosta.  “A quel punto vado in questura e racconto la mia storia, spiego perchè non posso tornare in Albania. Vengo inserito in una comunità, dove conosco altri albanesi che diventano la mia famiglia”, continua. Denis arriva nel nostro paese ad agosto e a settembre inizia la scuola, ha sempre avuto voti molti alti, frequenta la prima superiore. “Per me studiare è fondamentale, così faccio l’unica cosa che posso fare in quel momento: mettermi a studiare. Ricomincio dalla prima superiore, ma riesco a  concludere due anni in uno”.

Anche in comunità Denis cerca di non dare problemi, è sempre disponibile. Conosce alcuni professori che lo aiutano molto. Denis trascorre due estati in struttura poi si apre la possibilità di un inserimento in famiglia e accetta. “Sarei dovuto uscire dalla comunità a dicembre 2018, compiuti i 18 anni, ma a settembre  entro in una famiglia italiana”. Lì Denis rimane un anno, durante la terza superiore, lo trattano come un figlio.  “Anche oggi sono in contatto con loro, so che se ho bisogno mi aiutano”, spiega. Poi va in una comunità per maggiorenni, ritrova i suoi amici albanesi, hanno due educatori di riferimento. “Ho passato lì la quarta e la quinta superiore nel 2019 e 2020. Sono stati mesi molto belli, siamo stati molto fortunati a trovarci nell’alloggio di semi autonomia durante il covid. Eravamo in tre, non pagavamo l’affitto e gli educatori facevano la spesa. In caso contrario per noi sarebbe stata una sofferenza economica incredibile”.

Denis finisce le superiori col massimo dei voti: 100. Il suo sogno è studiare e frequentare l’università. Per lui ci sono due possibilità: restare ad Aosta o andare a Torino. Visto che è comunque costretto a lasciare la comunità , decide di riconciare di nuovo tutto daccapo e sceglie Torino.  Il problema anche per lui è mantenersi. D’estate ha sempre lavorato  e ha qualche risparmio ma ovviamente non basta. La direttrice della comunità gli fa conoscere Agevolando, incontro  fondamentale.  Denis vince un bando per sei mesi di affitto gratis, il resto delle spese è a carico suo ma se la cava. “Ho iniziato l’università in economia aziendale a settembre 2021. L’associazione continua ad aiutarmi con l’affitto, io mi mantengo con qualche lavoretto, ma non posso lavorare più di tanto per non tralasciare gli studi, cerco di finire gli esami il prima possibile così d’estate lavoro. Ho anche la borsa di studio dell’università. Faccio grossi sacrifici ma per me studiare è un investimento. Il primo anno a Torino è stato molto difficile, ora va un pochino meglio. Gli amici di Agevolando mi aiutano, ci vediamo anche solo per una partita di calcio o una chiacchierata”, conclude.

La rete dei Care leavers

Insieme ad Agevolando è nato il Care leavers network, una rete di cui fanno parte circa 100 ragazzi con un passato in comunità a affido familiare, presente in 10 regioni. L’obiettivo del network è confrontarsi sulle tematiche relative all’accoglienza, costruire raccomandazioni e lettere ai servizi sociali, ai tribunali e agli operatori del settore per dare voce alle diverse istanze. Tramite Agevolando, esiste una convenzione con l’ordine nazionale degli assistenti sociali per cui i ragazzi fanno formazione e corsi in cui sono co -docenti. Tra i progetti dell’associazione anche la realizzazione di progetti abitativi a canone agevolato: Agevolando ha una ventina di appartamenti tra Bologna, Ravenna, Verona e Ferrara, dove i ragazzi possono stare per due anni. “Li aiutiamo a cercare lavoro e attraverso il progetto “Se avessi..” – sottolinea Zullo – chiediamo ai ragazzi quali sono i loro bisogni e cerchiamo di soddisfarli, dalla patente alla psicoterapia”. L’associazione fa percorsi di formazione e avviamento al lavoro, nell’arco degli ultimi 5 anni ha collaborato con più di 60 aziende inclusive. A Milano ha un progetto per cui i giovani fanno visita alle comunità per portare il loro punto di vista perché nessuno diventa adulto a 18 anni, inutile chiederlo a ragazzi che hanno passato anni della loro infanzia e adolescenza in comunità. Per loro serve una rete, servono dei progetti.

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