Certificazione di parità, no a marcia indietro nel Codice degli appalti

Abbiamo ricevuto e pubblichiamo una lettere dell’associazione Rete per la Parità sul nuovo Codice degli appalti.

No a passi indietro, il gap di genere nell’occupazione e nelle carriere è ancora un problema persistente in Italia, come ha confermato l’ultimo rapporto ISTAT, e non è accettabile una retromarcia per motivi infondati.

Il Governo si appresta ad approvare il nuovo Codice degli appalti per ottemperare agli obblighi assunti con il PNRR. Le date previste sono slittate perché esistono dei nodi ancora non sciolti. Tra questi il tema delle premialità alle aziende virtuose che hanno ottenuto o hanno in corso le iniziative per ottenere la certificazione prevista dall’art. 46 bis introdotto nel Codice delle Pari Opportunità con la legge 162/2021.

Quante sono le aziende certificate?

Come indicato sul sito del Dipartimento per le Pari Opportunità, sono 264 le aziende certificate per beneficiare degli incentivi introdotti con la legge 162/2021 nel Codice delle Pari Opportunità, e altre 900 otterranno a breve questa certificazione secondo i dati di Accredia, uno degli enti certificatori autorizzati.

La Rete per la Parità ha da sempre sostenuto l’introduzione di tale misura anche in Italia, partendo dai positivi risultati ottenuti in altri Paesi, attraverso la riduzione del gap di genere che ha portato a un miglior rendimento delle aziende. Secondo il Diversity Brand Index, le imprese certificate fatturano il 23% in più.

L’impegno  delle associazioni

L’associazione nel 2020 con la Fondazione Ecosistemi ha organizzato per il Festival ASviS dello sviluppo sostenibile l’evento “Parità di genere, responsabilità sociale d’impresa e acquisti pubblici” e nell’ambito del Festival dell’anno successivo l’evento “La certificazione di parità di genere nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: come inciderà sul mercato del lavoro e sugli acquisti pubblici?” e ha in programma di trattare di nuovo l’argomento in occasione del Festival ASviS 2023 che inizierà il prossimo 8 maggio.

Durante la conferenza stampa del 7 febbraio scorso presso la Camera dei deputati, organizzata da Le Contemporanee, sono state unanimi le preoccupazioni sorte a seguito dell’invio da parte del Governo al Parlamento dello schema del Nuovo Codice degli Appalti, dove risulta declassato il cosiddetto “Bollino Rosa”.

Con successivo comunicato dell’8 febbraio, la Rete per la Parità ha evidenziato l’importanza delle premialità prevista per le aziende che riducano il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.

Salvaguardare la premialità

L’ANAC già nel novembre 2022, fornendo indicazioni alle stazioni appaltanti per favorire l’attuazione di tale misura ne sottolineava l’importanza anche perché in linea con i principi comunitari di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.
Con soddisfazione abbiamo riscontrato che l’opposizione al declassamento della certificazione e della premialità prevista dall’articolo 46 bis introdotto nel Codice delle Pari Opportunità dalla legge 162/2021 è stata inserita sia nelle osservazioni della Camera che in quelle del Senato comunicate al Governo. Tale osservazione era stata proposta dalla Rete per la Parità con una nota inviata al Senato. La stessa questione era stata segnalata alla Camera dalle associazioni FuoriQuota e Valore D.

È del tutto evidente che la mancata attenzione alla riduzione del gap sociale ed economico di genere disattenderebbe la parità di genere, uno degli obiettivi fondamentali del Pnrr che, insieme con la parità territoriale e generazionale, è in linea con i tre “pilastri”, le priorità trasversali del Next Generation EU. Si verificherebbe una modifica rispetto a quanto previsto nell’art. 47 della legge 108/2021 sulla governance del PNRR.
Una diversa formulazione comporterebbe non solo una perdita di competitività del Paese ma un freno alla missione stabilita dal PNRR.

In questo senso si è espresso il Presidente dell’ANAC Giuseppe Busia il 20 marzo scorso come diramato dall’ANSA in occasione del convegno “La certificazione della parità di genere tra sostenibilità e compliance” organizzato dall’associazione AITRA, Associazione Italiana Trasparenza e Anticorruzione presso il CNEL sulla certificazione: “Sulle quote rosa, non possiamo permetterci che il nuovo Codice Appalti faccia passi indietro. Purtroppo, rispetto al Codice attuale, che ha fatto proprio l’indirizzo del PNRR sull’incremento dell’occupazione femminile, nel nuovo Codice la spinta sembra venir meno. Si parla di parità di genere in termini generici, ma non si fissano soglie, né traguardi puntuali. Il testo che uscirà dal Consiglio dei ministri non può restare questo, altrimenti sarebbe un tradire le aspettative delle donne e del Paese intero” e ha aggiunto: “Il Codice aveva introdotto una rotta precisa: garantire il 30% di occupazione femminile e giovanile attraverso i nuovi contratti pubblici del Pnrr”.

Il giorno successivo si è svolto alla Camera il convegno “Parità che genera. L’importanza della parità di genere nelle imprese e in politica a 75 anni dall’entrata delle donne in Parlamento” organizzato dall’On.le Elena Bonetti, già Ministra alle Pari Opportunità, che si è aperto con i saluti della ministra del lavoro e delle politiche sociali, Maria Elvira Calderone. Un’altra preziosa occasione per approfondire il tema ed evidenziare anche il punto di vista delle aziende sugli aspetti positivi della certificazione.

Il nuovo Codice degli appalti

Secondo notizie che pervengono, sia pure in forma ufficiosa, l’orientamento del Governo sarebbe quello di eliminare quasi del tutto i meccanismi premiali per la parità di genere nel nuovo Codice degli appalti e sarebbe ridotta l’entità delle cauzioni provvisorie, in caso di possesso della certificazione di parità di genere, dal 30% al 20%. Inoltre i dati ANAC svelano migliaia di deroghe negli appalti del Piano. Su lavoratrici e under 36 violato il vincolo del 30%.

Si tratta di una grave duplice marcia indietro rispetto a uno dei principali obiettivi del Pnrr: più donne e giovani a lavorare attraverso la clausola che obbliga tutte le aziende che si aggiudicano un bando, e i relativi fondi, a destinare alle donne e ai giovani almeno il 30% delle assunzioni necessarie a portare a termine l’appalto.

Questo potrebbe provocare criticità durante l’esame da parte dell’Unione Europea del Nuovo Codice degli appalti che non sarebbe in linea con gli impegni assunti nel Pnrr. Si tratta di una misura comunicata a suo tempo all’UE e quindi non modificabile, come è stato evidenziato con il precedente caso della previsione del limite minimo di 30 euro per i pagamenti digitali, poi ritirata dal Governo.

Le preoccupazioni circa la possibilità per l’Italia di rispettate nei tempi previsti gli impegni assunti per poter accedere ai finanziamenti del Next Generation EU sono state espresse recentemente dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco e dal Commissario UE all’Economia, Paolo Gentiloni che hanno lanciato un monito dal palco della Bocconi sull’allarme dell’Europa in merito ai ritardi di attuazione del PNRR, che comporterebbero il rischio di perdere gli investimenti ad esso collegati.

La Rete per la Parità condanna fermamente ogni modifica al ribasso e proseguirà nell’impegno per una società che valorizzi il ruolo e le competenze delle donne e non sprechi risorse preziose per l’economia del Paese.