Donne e libertà: a cosa siamo disposte a rinunciare per essere noi stesse?

“Guardami, Anna. Ho messo i jeans sbiaditi che tanto odiavi. […] Ma quant’era bello, quel tuo tossire sottile sempre puntuale, la tua voce che mi chiamava per nome e mi sorprendeva di spalle in soggiorno.
‘Giuro che li faccio sparire, quant’è vero Iddio'”.

Severino Greco, settantenne siciliano, parla con la moglie che non c’è; Anna non è morta, come si potrebbe pensare, non è scomparsa in circostanze misteriose, lasciando un giallo da risolvere. Anna è fuggita, per inseguire la libertà. Inseguirla, come se quella, dispettosa, scappasse per non lasciarsi acchiappare. Chissà perché si dice sempre così. Chissà perché si fugge sempre da qualcosa, o da qualcuno, per sentirsi liberi.

Da che cosa fugge Anna, e quanto, chi fugge, è disposto a sacrificare della vita delle persone a cui vuole bene e che la amano pur di realizzare sé stessa, i propri sogni? Anna ha una vita semplice, una famiglia serena, un marito che la ama e un figlio avuto per miracolo, forse per intercessione della Madonna nera di Tindari, a cui tanti messinesi (Severino compreso) sono devoti. Una sera, dopo cena, quando tutto il mondo sembra al suo posto e ognuno occupa uno spazio definito, lei se ne va, senza dire nulla, lasciando Severino con tutti i suoi dubbi e la sua solitudine.

“E invece tu avevi già deciso che nessuna forma d’amore sarebbe riuscita a bastarti. Ti saresti nutrita di mancanze.
L’ho capito tardi, Anna, che esistono persone fatte per essere felici e altre che semplicemente non si arrendono alla felicità. E tu, di questa seconda specie, eri la più coraggiosa di tutte”.

Ha settant’anni Anna, non è più una ragazza, ma decide di non rimanere legata ancora al giogo delle convenzioni sociali e delle aspettative degli altri. In passato ha già accettato un matrimonio che la madre ha sognato per lei, e un figlio che in fondo non ha mai voluto, una vita che non ha mai sentito “sua”.

La trama di questo romanzo, così come la vita di ognuno, viene tessuta con le relazioni, che ci segnano, ci disegnano, fungono da specchio. E la vita di Anna è segnata da tutte le persone che ha attorno, e che le attaccano addosso aspettative, ruoli, carattere e la vita “come dovrebbe essere”. E invece Anna, che non compare (quasi) mai nel romanzo, se non attraverso i ricordi, rappresenta un punto di rottura fra un passato in cui una donna (Serafina, la madre) accetta di rimanere legata a un marito che scappa, la lascia, con due figlie piccole, e un’altra che invece lotta per riprendersi sé stessa, come le ha insegnato proprio quel padre che è fuggito.

Mentre, quindi, la madre le ha attaccato addosso l’etichetta di moglie devota a tutti i costi e le ha insegnato a soccombere e non porsi domande, il padre Giuseppe le ha lasciato una eredità importante:

“Quando torni?”
“Non torno”.
“Che vuol dire che non torni?”
“Vuol dire che non torno più, Anna”.

“Qual è il nostro motto?”
“Anna e Peppe sono liberi. Anna e Peppe devono fare solo quello che ad Anna e Peppe va di fare” ripetesti.

“Papà ci ha spiegato la libertà a modo suo e poi l’ha messa in pratica rovinando le vite di chi gli voleva bene”.

Come si fa a comprendere, e a prendere esempio da chi, partendo, ha rovinato la vita di altre persone? Fino a che punto ci si può spingere nella ricerca di sé stessi? Anna non si pone la domanda; Anna parte, con nella mente saldo il patto stabilito con il padre e davanti agli occhi un futuro solo per lei, per ciò che realmente desidera.

Il marito rimane invece, e gli ci vorrà un anno per decidere di muoversi, partire da Stromboli e cercarla. Inizia così, fin dalle prime battute, il viaggio; Severino ripercorre ogni luogo che li ha visti insieme, portando il lettore in una Sicilia solare e malinconica, interpella ogni persona che abbia conosciuto Anna, si perde nel racconto di tutto quello che hanno attraversato. È lui, nella coppia, quello che non si pone domande e che ama incondizionatamente:

“Cosa non ho fatto che avrei voluto fare? Quali rimorsi? Io non lo so. Nei miei ricordi c’è solo Anna. Le sue scelte e i suoi desideri sono sempre stati la mia unica strada”.

Lui, nel suo completo elegante, con un borsalino in testa e alle spalle la sua vita dedicata ad Anna, rappresenta il punto di vista opposto e suscita un’altra domanda: è costruttivo, a conti fatti, mettere da parte ciò che siamo per donarci completamente a un’altra persona, e magari ritrovarci soli e abbandonati perfino da noi stessi?

“In ogni luogo dove sono stato per cercarti non c’è nulla di noi che tenevi nascosto. Una foto insieme, una lettera di quando eravamo fidanzati, un misero ricordo di Anna e Seve. Più ti cerco più mi sento scomparire. Anche Seve di quando eravamo insieme sta scomparendo. Mi stai cancellando persino nei miei ricordi”.

E allora che cos’è tutta questa libertà che Anna insegue, nonostante tutto? Qual era la libertà che il padre aveva inseguito, scappando? Sono due ragioni diverse che li spingono a rischiare di far del male; quella del padre legata al senso di colpa, quella di Anna al tempo che scade, forse, e proietta nella mente tutti i compromessi stabiliti con la vita.

O forse, “per un pesce che ha scelto di nuotare in uno stagno”, vale quello che Giuseppe ha lasciato in eredità, e che fa un certo effetto anche a noi che leggiamo, come fosse un monito che non induce necessariamente a fuggire, ma a restare, con più convinzione e consapevolezza:
“La libertà è sapere dove non vuoi più stare”.

Un mio caro amico libraio, Carmelo Calì, ha detto che “accontentarsi” non significa necessariamente aver accettato ciò che la vita offre, ma “essere contenti” di ciò che si ha, provando costantemente a migliorare. Chissà se Anna, dopo aver incrociato la libertà agognata, inseguita, cercata, ha percepito che bastava “accontentarsi”, e non per forza lottare serrando le mani e i denti, e scappare.

Questo romanzo è un piccolo gioiello anche per la cura con cui è stato costruito. L’autore gestisce tutta la storia su vari piani narrativi, che controlla e rende perfettamente funzionali. Severino narra in prima persona, rivolgendosi, quando necessario, direttamente ad Anna, come si fa con le persone che non ci sono più, ci si parla, si cerca il dialogo perduto; il narratore esterno, che racconta il passato, tutte le vicissitudini che hanno interessato la famiglia di Anna, la sua gemella Nina, il padre e la madre; un terzo piano, il diario in cui Giuseppe Mazzone, padre di Anna, racconta la sua storia; e infine ci sono le lettere che Anna scrive, soprattutto una, alla sua amica, il suo specchio, quell’anima che si è resa libera prima di lei e a cui lei racconta sé stessa, prima che a noi, senza filtri, senza etichette.

“La fuga di Anna” (Sellerio) è il romanzo di esordio di Mattia Corrente, classe 1987, che viene proprio da quei luoghi della Sicilia che sono, insieme con Severino, Anna, Giuseppe e Serafina, protagonisti di una delle storie più belle incontrate negli ultimi anni.

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Titolo: “La fuga di Anna”
Autore: Mattia Corrente
Editore: Sellerio, 2022
Prezzo: 16 euro

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