Certificazione di parità: nel codice appalti diventa facoltativa

La bozza del nuovo codice degli appalti  non contiene più alcun riferimento alla certificazione per la parità di genere (PdR 125). E la premialità – relativa ad una più generica “parità di genere” – diventa facoltativa, senza criteri pre-definiti. In sostanza l’impianto introdotto dal PNRR missione 5 e dal nuovo Codice sulle pari opportunità (art. 46-bis) viene smontato, come se l’occupazione femminile e l’equità di genere nel mondo del lavoro non fossero una priorità per il nostro Paese.

Sparisce la certificazione di genere

Dal testo è quindi stato tolto il riferimento diretto alla certificazione per la parità di genere, così come prevista dall’art. 46 bis del Codice delle pari opportunità, e inserito dal Governo Draghi in linea con la missione 5 del PNRR. ” Slegarla da questa norma primaria – spiega Elena Bonetti, deputata di Italia Viva ed ex Ministra per le pari opportunità e la famiglia – ed equipararla, in un allegato, ad altre certificazioni significa fare un passo indietro e tornare a parlare di donne come soggetti svantaggiati, al posto che come risorsa sociale ed economica per il Paese”.

La premialità? Una “possibilità”

Nella bozza ora all’esame del Parlamento le stazioni appaltanti non hanno più l’obbligo ma solo la “possibilità” (art. 61 comma 2 della bozza) di inserire nei bandi di gara meccanismi per promuovere una più generica parità di genere, equiparata alle altre tutelate per legge (occupazionale, categorie svantaggiate, ect..), come confermano fonti vicine al Ministero delle Infrastrutture. E questo perché l’inserimento dipende dall’oggetto e il contenuto del contratto (allegato II.3) , lasciando quindi margini di interpretazione e sopratutto togliendo valore alla trasversalità della certificazione fino ad ora in vigore. In aggiunta la bozza  prevederebbe anche la riduzione del 10% dello sconto sulle garanzie da presentare per chi ha tali certificazioni (dal 30 al 20%).

Il nuovo codice come tutela la parità di genere?

Il nuove codice, assicurano fonti governative, tutela la parità di genere all’articolo 102 , dove viene espressamente previsto che, nei bandi di gara, si potrà chiedere di assumere, fra gli altri, l’impegno a garantire le parti opportunità sia di genere che generazionali. Ma con quali criteri? Di certificazioni ce ne sono molte e diverse tra loro, oltre alla UNI/PdR 125 : dalla ISO 30415:2021 sulla Diversity and Inclusion al Family Audit, solo per citarne due. Mentre, come avevamo spiegato su questo blog, la forza della Prassi di riferimento (PdR) 125 era proprio quella di essere un riferimento unico, concreto basato sulla volontarietà da un lato e sulla premialità pubblica (unica ed innovativa nel suo genere) dall’altro.

Norma che “vince” non si cambia. O no?

Diventata operativa a luglio del 2022, in poco più di 6 mesi sono oltre 100 le aziende che hanno ottenuto la certificazione della parità di genere, misurando il proprio grado di maturità rispetto a sei aree definite dalla PdR 125. Questo approccio molto concreto, che riconosce alle aziende virtuose sgravi contributivi (fino all’ 1% e per un massimo di 50mila euro) e una premialità certa – fino ad oggi – nella valutazione dei bandi pubblici, aveva quindi  incominciato a funzionare. E  all’interno delle aziende quelle che prima erano buone prassi informali o singole iniziative – come la gestione della maternità, l’attenzione ai carichi di cura famigliari e ai percorsi di carriera al femminile – si stavano strutturando in un’ottica di lungo termine e con l’endorsement dei vertici aziendali. Fino ad ora.

Difficile dire cosa cambierà nel prossimo futuro: se il Parlamento affronterà lo snodo di queste modifiche e se le aziende non si “demotiveranno” – nonostante le migliori intenzioni – di fronte all’ennesima incertezza normativa. Qualche giorno fa il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha dichiarato all’Ansa che il nuovo Codice degli Appalti “è una rivoluzione in positivo, che però deve servire a sindaci e imprese e per cui “se qualcuno ha bisogno di qualche mese in più, non è un problema“. Nel frattempo certo è che quello che era un impianto organico, coerente e di lungo periodo per affrontare il tema dell’occupazione femminile è stato fortemente indebolito.

Un evento online

Del tema si parlerà il prossimo 15 febbraio alle ore 11 in un evento digitale organizzato dal Sole 24 Ore per Unioncamere dal titolo

LA CERTIFICAZIONE DELLA PARITÀ DI GENERE – Che cos’è, come ottenerla, i vantaggi

In quell’occasione sarà possibile ascoltare un videomessaggio di Eugenia Maria Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, e l’intervento di Stefano Pizzicannella, Direttore Ufficio per politiche delle Pari Opportunità, Dipartimento per le Pari Opportunità, Presidenza del Consiglio dei Ministri. Oltre a loro interverranno: Andrea Prete, presidente Unioncamere e Mirja Cartia d’Asero, amministratrice delegata Il Sole 24 Ore. Inoltre nelle tavole rotonde sono previsti gli interventi di Elena Mocchio, responsabile Innovazione e Sviluppo UNI – Ente Italiano di Normazione; Filippo Trifiletti, direttore generale Accredia; Marilina Labia, responsabile area Assistenza Tecnica PA – Si.Camera/Unioncamere; Antonio Romeo, direttore generale Dintec/Unioncamere.

Per registrarsi questo il link. La partecipazione è gratuita.

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