Secondo il Time, Maria Montessori è una delle cento donne più influenti degli ultimi cento anni. Accanto a lei, Simone De Beauvoir, Grace Hopper, Rachel Carson, le sorelle Mirabal. Eppure ancora oggi, a settant’anni dalla sua morte, il suo pensiero non sembra essere stato pienamente recepito. Quanti ancora associano il nome Montessori a una tipologia di asilo oppure a un certo scaffale del negozio di giocattoli, quando non a un mobile, che sia il lettino o la libreria Montessori? Come mai manca la curiosità di scoprire e valorizzare la figura di questa donna, una delle prime donne laureate in medicina in Italia? Scienziata, innovatrice, insegnante, indagatrice dell’animo umano e filosofa, candidata per tre volte al Nobel per la pace: in tutto il suo lavoro e nella sua stessa vita privata si esprime la modernità e l’originalità di un pensiero paritario, libero e non violento.
L’ambito scolastico è certamente quello dove ha sede la messa in pratica delle sue teorie rivoluzionarie. Ma non si deve dimenticare il terreno su cui queste teorie sono germogliate, l’esperienza che le ha modellate, il pensiero che le ha generate. Il metodo educativo di Maria Montessori non era solo una rivoluzione utopistica, ma nasceva come l’incontro inedito tra pedagogia e scienza medica, e si alimentava delle riflessioni di una donna che stava attraversando un momento di profondi cambiamenti sociali in tema di parità di genere. Basti pensare all’impegno con cui si dedicò al tema dell’istruzione femminile in Italia e alla lotta all’analfabetismo. Per Montessori era chiaro che una “donna nuova”, ovvero una donna che con il proprio lavoro partecipava al progresso sociale e contribuiva al benessere comune, era il principio fondamentale di una vera rivoluzione, anche perchè alle donne era affidata l’educazione della prole. Per questo riteneva inaccettabile l’infantilizzazione della donna, quel modo di mantenerle nella marginalità togliendo loro ogni possibilità di scelta su questioni fondamentali come la generazione, e sosteneva dunque che l’educazione sessuale dovesse essere parte del programma scolastico, perché permetteva di liberare la donna da una tradizione che ne limitava assai le possibilità sociali. Le allieve dovevano essere informate su argomenti come la pubertà e la sessualità attraverso “la voce della scienza”, ed era importante che fosse la voce di una docente donna. Quando i tempi furono maturi, fu lei la docente a cui venne affidato l’incarico: nel 1900, ottenne la cattedra di Igiene e Antropologia presso il Magistero femminile di Roma, e la conservò fino al 1907.
Erano anni in cui l’intreccio tra medicina, società e politica, si faceva sempre più evidente, e nasceva un’idea rivoluzionaria della medicina, non soltanto scientifica, ma aperta a risolvere problemi sociali nell’intento di migliorare la vita di tutti. Montessori partecipò come pioniera a questo movimento, che tra i vari progetti di risanamento urbano portò alla creazione della prima Casa dei Bambini nel quartiere San Lorenzo, a Roma. Fu l’inizio del Metodo, certamente, ma non fu solo lì che il Metodo si strutturò: la vita di Montessori è costellata di viaggi, incontri, contaminazioni filosofiche tra cui spiccano il pacifismo, la nonviolenza, l’internazionalismo, che le valse anche le antipatie del partito fascista. Ma la dottoressa non si fece mai un cruccio delle indifferenze che riceveva in patria, avendo trascorso gran parte della sua vita all’estero: in Spagna, negli Stati Uniti, in Olanda, persino in India durante la Seconda Guerra Mondiale. Nella sua biografia si racconta che, poco prima di morire, l’amato figlio ed erede Mario le portò la notizia di una chiamata a diffondere il Metodo in Africa, nel Ghana, e lei si entusiasmò, sostenendo di volercisi recare personalmente. Aveva 82 anni e morì pochi giorni dopo, il 6 maggio 1952.
La sua vita ha ancora tanto da raccontarci, non foss’altro che per restituire alla sua figura la pregnanza storica che ha avuto, l’impatto ancora tangibile del suo Metodo per educare menti creative e innovative. Per fare solo tre esempi, sono montessoriani i fondatori di Google, di Amazon e di Wikipedia, che al di là del successo in termini di business, hanno innegabilmente creato un grande impatto nel contesto della rivoluzione digitale che stiamo vivendo. Ma c’è soprattutto una questione da riportare a valore: oggi più che mai abbiamo bisogno di un pensiero che costruisca pace, che educhi alla libertà, che mostri come essa non sia un caotico accedere a tutto, ma un gesto piccolo che dà valore al singolo rispettando la comunità. Perchè di fondo è questo che insegna il Metodo Montessori.
Per i 70 anni dalla morte di Maria Montessori, concediamoci allora di (ri)scoprire questa vita straordinaria, con il bellissimo libro “Maria Montessori. Una vita per i bambini”, edito da Giunti, di Martine Gilsoul e Charlotte Poussin, tradotto da Monica Miniati. Un racconto intenso, vibrante, accurato, ricco di testimonianze e documenti e con una bella appendice fotografica che mostra una Maria giovane e poi matura, con il sari e con i cappellini della belle èpoque. Un libro in cui convivono il rigore documentaristico e la narrazione appassionata, ben riassunti nella bella e celebrativa copertina pop. Scrivono le autrici: “È come se, condividendo le battaglie che animarono la sua esistenza, Maria ci invitasse a seguirla passo dopo passo affinché si possa dare al maestro d’amore, quale è il bambino, il posto che gli spetta e, insieme, contribuire ad affermare la pace”. Seguiamola allora, oltre il Metodo e oltre le teorie. Proviamo a entrare in risonanza con il suo pensiero libero.
Maria Montessori. Una vita per i bambini
Martine Gilsoul, Charlotte Poussin
trad. Monica Miniati
Giunti, 2022
€ 19
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