Nel nord Europa si fanno figli, altrove molto meno

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I Paesi nordici, un po’ in controtendenza rispetto al resto delle altre economie più ricche, hanno ripreso a fare figli. Gli studiosi sembrano concordare sui cardini che in questi anni di pandemia hanno consolidato una tendenza evidente già prima del 2020. Un welfare generoso, politiche disegnate per alleviare le fatiche delle nuove famiglie. Il supporto elargito per affrontare lo stress economico e il carico mentale di chi ha avuto figli. In parte poi, la necessità di passare tutti – nonni, zii, cugini, fratelli più grandi… – molto più tempo in casa causa pandemia, ma con limitazioni un po’ meno restrittive di altrove, avrebbe offerto ai neo-genitori ancora più opzioni di supporto nella cura dei figli.

Il fatto che finlandesi (+6,7%), norvegesi (+5,5%), islandesi (+7,5%), svedesi (+1) e danesi (+4,2%) abbiamo ripreso ad allargare le loro famiglie è letto come “un segno di fiducia delle coppie nel sistema socialeE dell’abilità delle economie nordiche di affrontare con successo la crisi attuale” sostiene Nora Sanchez Gassen del Nordregio Institute di Stoccolma. Nelle prime fasi della pandemia, le restrizioni agli spostamenti avevano fatto credere che la tendenza visibile da tempo nel nord Europa, sarebbe stata comune un po’ ovunque.

Invece in molti altri Paesi ricchi la situazione ha seguito un andamento diverso. Complice l’incertezza nelle scelte di pianificazione familiare, i costi stimati per crescere un figlio e gli effetti stessi del lockdown (a partire dalla salute mentale di genitori e non) negli ultimi due anni quasi ovunque sono continuati i trend negativi delle le curve di natalità. L’Italia è emblematica in questo senso. Secondo i dati Istat, nel 2021 si è toccato un ulteriore minimo storico di nati: 399.400, cioè -1,3% rispetto al 2020, già anno da record al ribasso. Ed è dal 2006 che nascite e decessi non si equilibrano. Ma il bel Paese non è il solo nel registrare una denatalità importante.

A gennaio 2022 l’istituto di statistiche cinese ha annunciato per il quinto anno consecutivo un calo del numero di neonati. Nonostante la virata del dragone rispetto alla politica del figlio unico – oggi è possibile arrivare a 3 -, nel 2021 sono venuti al mondo 10,6 milioni di bambini contro i 12 milioni dell’anno precedente. La Corea del Sud, poi, ha registrato il suo tasso di fertilità più basso. E, seppure con numeri più contenuti, anche gli Stati Uniti hanno visto un rallentamento di nascite: un timido 0,1% di figli in più rispetto ai 12 mesi precedenti.

La famiglia al centro
Il modello nordico non è forse facilmente replicabile. Prevede tasse alte, in grado tra le altre cose di finanziare le spese di welfare familiare. Tra questi congedi parentali lunghi e benefit per i costi delle scuole dell’infanzia. Eppure pare che proprio mettere la famiglia al centro come fanno da anni al Nord, sia la via per invertire le tendenze al ribasso.

L’esempio della Provincia autonoma di Bolzano, cioè entro i confini del Paese tra i più vecchi al mondo, lo conferma. Qui anni di politiche inclusive, percorsi di affiancamento alle neo mamme, offerte più economiche di cura dei piccolissimi (le tagesmutter o i micro nidi, tra gli altri) hanno portato la popolazione a crescere nel 2021 praticamente ovunque. Per essere precisi: nel 77,6% dei comuni. In controtendenza rispetto al resto dello stivale, inoltre Bolzano registra alti tassi di occupazione femminile, bassa disoccupazione e migliori (meglio pagate) opportunità di lavoro per i suoi giovani diplomati e laureati.

Dove la popolazione invecchia
Il mondo sta crescendo a velocità diverse. Da una parte i Paesi africani sono quelli che registrano il maggior numero di giovani e quelli con i tassi di natalità più alti. Sono però poveri, spesso flagellati da guerre sanguinose, con minore accesso alle risorse e aspettative di vita più brevi. Dall’altra le popolazioni delle economie avanzate sono sempre più vecchie. Insieme all’Italia ai primi posti, il Giappone. Secondo uno studio recente, lì entro il 2045 un quarto degli over 65 sarà affetto da demenza senile. Avrà bisogno quindi di professionisti che al momento scarseggiano, causa anche la tendenza giapponese a non accogliere troppo facilmente lavoratori dall’estero. E affidarsi piuttosto a robot dedicati alla cura.

A guardare oltre i dati di natalità, fare sempre meno figli non è per forza solo una buona notizia rispetto alla sovrappopolazione del pianeta. Specialmente per gli equilibri attuali. Non lo è per le economie più benestanti che oggi già si confrontano con la preoccupazione di mantenere la loro crescita economica. O affrontare le spese sociali dovute a popolazioni sempre più anziane. Non lo è per le zone più povere dove le prospettive restano basse e un cambiamento di passo della qualità della vita sembra ancora molto lontano. È difficile fare previsioni, ma se l’Europa e i Paesi più ricchi vogliono tornare a livelli di ricambio di popolazione, devono immaginare piani a lungo termine.

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