La pluri-campionessa Elisa Luccarini racconta lo sport delle bocce

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“Faresti meglio a darti alle bocce!”

Alzi la mano chi, almeno una volta, non ha detto o sentito dire questa frase. In ambito sportivo e non, e con un palese senso di ridicolo verso quel gioco etichettato come “anziano”. Non tutti sanno però (forse quasi nessuno) che questo è uno sport antichissimo (le prime testimonianze risalgono al 7000 a.C.) e romantico, quasi d’altri tempi, con un imprinting sociale, inclusivo e dai risvolti fantasiosi e imprevedibili.

Troppo spesso considerato come il minore tra i cosiddetti “sport minori”, le bocce incarnano il valore dell’eredità familiare. Un passaggio di consegne che avviene tra nonno e nipote, tra padre e figlio. Dal campetto di periferia al bocciodromo, dal parco alla spiaggia, tutti, almeno una volta, abbiamo preso in mano una boccia provando a destreggiarci tra un tiro al volo e un lancio più o meno calibrato. Immaginando di ripetere le gesta dei giocatori professionisti o dei nostri nonni sempre competitivi.

Nel caso della pluri-campionessa mondiale ed europea Elisa Luccarini – portacolori della Nazionale Italiana conosciuta anche per il famoso tiro al volo – le bocce hanno cambiato la sua vita, in ambito sportivo ma soprattutto a livello personale. Facendole scoprire di avere risorse che credeva di non possedere.

elisa_luccarini_1Come si inizia a giocare a bocce? Gioco da 42 anni. Ne avevo più o meno 5 quando ho cominciato. Accompagnavo mio fratello (Lorenzo Luccarini, anche lui giocatore di bocce) che andava a vedere nostro papà alle partite (Paolo Luccarini è stato uno dei più forti bocciatori d’Italia negli anni ’70 – ’90, campione d’Italia nel 1978 e componente della Nazionale). C’erano quattro campetti di terra vicino casa. Con Lorenzo abbiamo iniziato lì, per gioco. Spronata dal babbo, ho provato a rimanere in quel campo. Anche perché ero una bambina molto chiusa all’epoca e le bocce rappresentavano un modo per farmi stare in mezzo alla gente. Crescendo ho giocato prima a calcio e poi a pallavolo arrivando fino alla serie B. Bocciavo di nascosto perché mi vergognavo. Non era così usuale per una ragazza. Fino a che, a 16 anni, vinsi il mio primo titolo italiano.

Qual è la cosa che hai amato fin dall’inizio di questo sport? 

Con le bocce è stato subito amore. Mi hanno aiutata a tirar fuori quello che tenevo nascosto. E’ uno sport di precisione con un lato molto tecnico e mentale da gestire. In questo somiglia un po’ al tiro con l’arco. C’è da controllare ogni movimento, muscolo, emozione. Delle tre specialità io pratico la Raffa, con campi e bocce sintetiche. Le altre due sono Volo e Pétanque con bocce metalliche e campi in terra. Mi diverte molto la parte mentale. E’ come una partita a scacchi. Lanciare la boccia di quasi 1 kg a oltre nove metri da te (dopo una corsa di quattro) dichiarando cosa vuoi fare, racchiude due sfide in una.

L’attività di alto livello abbraccia uno sport per tutti

La bellezza di una disciplina come le bocce è quella di consentire davvero a chiunque di potersi mettere in gioco. Partecipando a gare individuali o a squadre riservate alle categorie amatoriali, senza l’impegno costante che invece mettono gli atleti d’Élite nazionale che si dedicano totalmente alla pratica sportiva.

Come si allena una bocciatrice professionista?

All’interno di una competizione ci sono intervalli di un’ora tra una partita e un’altra, quindi è importante avere una solida preparazione fisica per non perdere tono ed elasticità. La palestra, allora, diventa fondamentale: si allenano le gambe che sono la parte del corpo che fornisce maggior potenza durante i lanci delle bocce. Poi la schiena e il core, fondamentali per distribuire il peso e reggere la colonna. E infine le braccia, che insieme alle gambe sono i propulsori della velocità. E come tali vanno controllati per indirizzare ogni tiro al meglio. E poi c’è il gesto tecnico.

Come nasce il gesto tecnico? Ce ne sono di codificati o si inventano? 

La pratica ti fa acquisire negli anni molta familiarità con il gesto ma bisogna allenare il movimento meccanico sia a livello pratico che a livello mentale. Io, per esempio, tiravo un sasso in un secchio per un’ora intera, oppure giocavo la boccia sempre su una riga immaginaria senza il pallino come riferimento. Allenando così anche la mente. Avete presente quando a bowling vedete il tiro con l’immaginazione? Ecco, più o meno cosi. Ma questo è uno sport dove ci vuole fantasia e imprevedibilità, anche nel tirare la boccia.

Un po’ come è successo ai mondiali del 2019 in Argentina?

Sì. Anche se quando si gioca all’estero, il fattore campo – nel senso più stretto del termine – gioca un ruolo cruciale. I campi sono leggermente più gommati e l’effetto rimbalzo è considerevole. Dunque la difficoltà è maggiore. Ai mondiali in Argentina il livello di pressione era importante e mi ritrovai a giocare sperimentando il cosiddetto stato di flow. Quella condizione che gli atleti provano almeno una volta nella loro vita agonistica. Vivevo un periodo personale non facile, mio padre era mancato da poco, così come un amico che mi accompagnava alle gare. La finale l’ho vissuta come schermata dal resto del mondo. I lanci venivano fuori naturalmente, intorno a me non vedevo e non sentivo nessuno. Non so nemmeno io come sia riuscita a tirare le bocce in quel modo. Mi piace pensare che con me, quel giorno, ci fossero mio padre e il mio amico a guidare le mie mani. Se sono diventata Campionessa del Mondo, lo devo anche a loro.

Dai progetti scolastici al crescente movimento femminile

Con un palmares importante che include 6 titoli mondiali, 7 europei, 5 italiani e l’oro agli Word Games (l’equivalente delle Olimpiadi), Elisa Luccarini non poteva non mettere a disposizione dei giovani il suo bagaglio tecnico ed esperienziale. Passione, competenze e impegno caratterizzano l’Elisa donna e atleta, e non è difficile incontrarla nel corso di attività sportive giovanili e femminili. Elisa dedica il suo tempo ad uno sport con cui ha un legame indissolubile e che l’ha resa un punto di riferimento non solo per i risultati raggiunti ma soprattutto per valori come correttezza, schiettezza ed umiltà.

Quali sono le competenze che hai sviluppato attraverso le bocce?

Acquisire dagli altri. Nel senso che ho imparato da mio padre ad osservare gli altri in tutto. Fuori e dentro al campo. Provando a cogliere il meglio da ognuno  e vedere se funzionava per me. Le bocce mi hanno aiutato nelle relazioni sociali. Ho accresciuto il mio modo di essere empatica, ho imparato a ragionare e a gestire le emozioni. Umanamente e culturalmente questo sport mi ha dato tanto, aiutandomi nello sviluppo del ragionamento e nella capacità di raggiungere un sano equilibrio”.

Come ti senti a poter essere una guida per tante giovani donne che vogliono avvicinarsi a questo sport? 

Sono grata alla Federazione per questo incarico, soprattutto perché hanno messo i giovani al centro del loro lavoro con progetti dedicati alle scuole. Il mio lavoro si focalizza non solo sull’aspetto tecnico e mentale ma soprattutto su quello emozionale. Voglio trasferire il mio entusiasmo per questo sport. Anche se sono giocatrice, da 17 anni seguo i giovani come istruttore regionale e da 4 anni come tecnico nazionale. Siamo una Federazione con tantissime potenzialità e credo che servano figure di riferimento che possano trasferire ai giovani quello che oggi si chiama know how, ma che quando ero bambina si chiamava eredità.

A proposito di eredità, tra le giovani leve c’è qualcuna in cui rivedi qualche tua caratteristica?

Sicuramente Chiara Morano, Capitana della Nazionale, che ha ereditato al massimo la mia etica sportiva. E poi ci sono diverse ragazze che secondo me possono far bene nel medio-lungo periodo. Ne cito un paio, Gilda Franceschini e Laura Picchio. Sono un po’ come lo yin e yang, due facce di una stessa medaglia. In una rivedo la mia imprevedibilità, nell’altra la linearità. Entrambe talenti nel tiro, due emblemi per il nostro futuro che partono da una base di controllo emotivo solida.

Bocce e social media. Può essere una via per la visibilità?

Certamente! Ai ragazzi che alleno ho chiesto di usare TikTok per far vedere cosa facciamo. Per far innamorare i giovani siamo noi che dobbiamo andare da loro.

Come sta crescendo il movimento femminile in Italia? 

Ad oggi, regioni come la Calabria, la Puglia e la Basilicata vedono un numero interessante di donne appassionate di bocce. Ma ci sono regioni in cui in lavoro da fare è tanto. Siamo partiti da questi territori anche con la volontà di estendere il movimento. L’obiettivo è dare alle ragazze gli giusti stimoli per entrare e rimanere in un bocciodromo, in un tempo storico diverso da quello che ha visto i miei primi passi in questa disciplina. Ma la Federazione sta lavorando benissimo sull’immagine di uno sport considerato fuori portata per i giovani ma che ha tutte le caratteristiche per fregiarsi di un movimento giovanile all’altezza, necessario anche per un ricambio generazionale.

Le bocce possono emozionare quanto il Carling?

Sono due situazioni diverse ma personalmente mi sono ritrovata molto nella tecnica mentale che da giocatrice ho percepito essere subito molto affine. Seguire il curling fa sognare anche noi delle bocce.

Quanto tempo pensi occorra alle bocce per entrare nelle Olimpiadi?

elisa_luccarini_6Spero pochissimo. Perché parliamo anche di uno sport molto inclusivo. La boccia paralimpica, per esempio, dovrebbe entrare alle Paralimpiadi del 2024, dopo oltre 100 anni dalla prima e unica partecipazione in via sperimentale. Proprio qualche giorno fa, a Zagabria, si è svolto il World Boccia Intercontinental Challenger  primo appuntamento per conquistare punti valevoli per il ranking di qualificazione a Parigi 2024 – che ha regalato all’Italia tre medaglie, due di bronzo e una d’argento, nelle prove individuali L’altra tappa di qualificazione si svolgerà dal 6 al 14 settembre presso il Centro Tecnico Federale di Roma. E poi ci sono i Giochi del Mediterraneo 2022, in programma ad Orano (Algeria) dal 25 giugno al 5 luglio prossimi.

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