“Librino è il mio quartiere, è lì che passo le mie giornate. Gioco a rugby da 10 anni, i Briganti sono la mia vita”.
Raccontano tutto le parole di Giusi Sipala, Pippa, vicepresidente dei Briganti Rugby ASD Onlus “Librino”: tempo, spazio e sport. Le coordinate in cui si muove la storia dell’associazione sportiva di rugby diventata un riferimento sportivo e culturale nella periferia sud ovest di Catania.
Da una parte il mare, dall’altra l’Etna. In mezzo, lunghi viali deserti e saracinesche abbassate: è qui che sorge il quartiere satellite da più di 70mila abitanti. Le attività commerciali non decollano, i servizi mancano, i ponti collegano uffici immaginari e mai aperti: Librino non è la “New Town” moderna e funzionale immaginata dall’architetto giapponese Kenzo Tange trent’anni fa. Ma la bellezza è resistente e, indomata, trova spazio comunque. Proprio attraversando la Porta della Bellezza del quartiere, si arriva al Campo di San Teodoro Liberato: il campo di rugby costruito per le Universiadi del 1997, rimasto abbandonato per anni e occupato il 25 aprile del 2012 da I Briganti Rugby ASD Onlus “Librino” che, con cura e dedizione, ne ha fatto diventare polo sportivo e culturale del quartiere fino all’affidamento ufficiale da parte del Comune.
“Una data simbolica che il campo porta nel suo nome completo” specifica Sipala. Dopo tre anni di ritardi burocratici e ostacoli, il campo trova finalmente nuova vita. Lo scorso 18 febbraio, è stato ufficialmente consegnato alla società che da 10 anni lotta affinché questo sogno si realizzi: una distesa verde tra il grigio dei palazzi, in cui centinaia di ragazzi e ragazze si allenano, leggono, stanno insieme, vivono.
“La consegna del campo da gioco ai Briganti – ha precisato durante l’inaugurazione il presidente della Federazione Italiana Rugby, Marzio Innocenti, accompagnato dal presidente del Comitato regionale Sicilia FIR, Gianni Saraceno, e dall’assessore comunale allo sport Sergio Parisi – è per tutta la Federazione un momento davvero importante, non solo simbolico ma anche pratico, per le ricadute sull’offerta rugbistica di un territorio che da troppo tempo soffre di una carenza impiantistica non degna di una terra di rugby come questa“.
Il campo occupato, anzi liberato
Negli anni, i Briganti hanno messo in fila tutte le categorie, dagli under 7 alla prima squadra, facendo del rugby lo strumento per svolgere un’attività sociale preziosa nel quartiere. Una storia che parte da lontano e non si è mai arresa: “tutto è nato dall’iniziativa del centro sociale Iqbal Masih, dal nome di un bambino pakistano di 12 anni ucciso dalla mafia dei tappeti per aver avuto il coraggio di denunciare lo sfruttamento dei bambini nel suo Paese. Nel 2006, per allontanare i ragazzi dalla strada e tenerli con sé, i volontari del centro hanno scelto il rugby: pur di giocare, hanno improvvisato campi di cemento. Nel 2012, dopo una raccolta firme, abbiamo occupato il campo per dare spazio a tutte le attività. Compresa la creazione di una squadra femminile” spiega la vicepresidente Sipala.
Non è solo lo sport che costruisce il campo San Teodoro, ma l’opportunità di conquistare una vita diversa da quella a cui i giovani di Librino sembrano essere destinati. Un campo da rugby simbolo per tutto il quartiere, il riscatto di una periferia che rivendica il suo spazio consegnando alle nuove generazioni l’opportunità di scegliere la legalità dove questa è un’opzione, non la norma. “Se qualche anno fa aveste chiesto a chiunque di noi Briganti quale fosse il nostro sogno nel cassetto” – continua Sipala – “avremmo risposto in coro un campo d’erba. Oggi il sogno diventa realtà con l’auspicio di portare il rugby di alto livello, altissimo livello, a Librino”.
Essere Brigantesse: la vita come il rugby
Nel sogno diventato realtà, le donne sono protagoniste e pioniere: hanno creato la prima squadra femminile di rugby della loro città – Le Brigantesse – e sono diventate un’importante e attiva presenza culturale e sociale del quartiere. Rivendicare spazi, ribaltando stereotipi, è la loro storia e il loro futuro.
“Il rugby è una metafora della vita, ti insegna a rialzarti quando cadi, ti dimostra come rispetto e sostegno sono fondamentali in campo come nella vita. Si creano rapporti di amore reciproco” racconta la brigantessa Sipala. È così che a Librino nascono le Brigantesse, facendo squadra nel campo e nella vita: “buona parte delle mie compagne di squadra sono mie ex compagne di scuole – aggiunge Gloria Mertoli, capitana della squadra– abbiamo affrontato questa sfida insieme e da quel momento non abbiamo mai smesso. Un amore a prima vista”.
Un percorso andato avanti oltre ogni difficoltà e che mette insieme rivendicazioni pubbliche e personali: “Ho iniziato a giocare a rugby per recuperare fiducia nel mondo – spiega Sipala – a consigliarmelo è stata una mia amica, attivista per le Brigate volontarie per l’Emergenza e tra le prime occupanti del campo San Teodoro: nel 2012 mi propose di creare una squadra femminile e oggi siamo qui”. Esserci e crescere insieme: “Quando dico che gioco a rugby, i ragazzi pensano che sia una dura e le ragazze ne restano affascinate: per me significa crescere, smussare gli egoismi in campo e fuori” racconta la capitana.
Essere brigantesse non significa semplicemente disputare una partita. Ma giocare la propria insieme alle altre: si battono su un campo polveroso fino all’ultimo minuto e, nel terzo tempo, familiarizzano con le avversarie dedicando un urlo al rugby, “Urrà”. Se durante la partita batti la tua avversaria, nel terzo tempo l’abbracci: “ho imparato che è normale avere paura, ma l’importante è non farsi schiacciare. Come nel rugby, farsi placcare senza lasciarsi sovrastare”.
Una sfida che le Brigantesse portano avanti sul piano pubblico e individuale, ribaltando ogni stereotipo sulla femminilità e placcando forte il male gaze, lo sguardo maschile giudicante e in molti casi interiorizzato dalle stesse ragazze: “Un livido da allenamento o una manicure non curata non ti rende meno femminile. Privarsi della gioia di uno sport perché la gente – o il tuo fidanzato – non lo reputa adatto al tuo genere è una violenza. Sono giudizi che colpiscono nel profondo anche le ragazze più forti: riuscire a liberarsi dal pregiudizio imposto dagli altri ci rende più libere, più capaci di farci spazio a modo nostro”. E il modo non lo decidono i parametri maschili: lo dice bene Mertoli, “forse era Oscar Wilde che diceva che il rugby fosse uno sport da bestie giocato da gentiluomini. Aggiungerei anche da donne”.
Non solo sport: la resistenza che dà fastidio
“A Librino il problema è culturale: si deve insegnare ai ragazzi che, a un torto, non si risponde con uno schiaffo: lo comprendono subito ma, a molti di loro, non è stato mai insegnato. Farlo tra libri e in campo è estremamente efficace”: le Brigantesse non si lasciano sovrastare e, fuori dal campo, investono la stessa caparbia nelle varie iniziative di accoglienza e sostegno per i giovani del quartiere.
La Club House è uno spazio ricreativo e libreria popolare dove i ragazzi e le ragazze di quartiere studiano, leggono, si riposano alla fine degli allenamenti. Qui nasce la Librineria, una biblioteca popolare – l’unica di Librino – i cui spazi vengono dedicati al doposcuola per i bambini. Tra le migliaia di libri e gli articoli di cancelleria per il doposcuola, una cucina e un piccolo bar fondamentale per l’autofinanziamento delle attività: l’obiettivo rimane incontrarsi, fare squadra anche fuori dal campo “permettendo ai ragazzi di Librino di incontrare loro coetanei di altre realtà”, stare insieme e confrontarsi con gli “ortolani”, come si fanno chiamare gli abitanti del quartiere che proprio fuori dal perimetro del campo da rugby autogestiscono gli orti sociali.
La realtà dei Briganti è stata accolta con la collaborazione di molti abitanti. Ma ha dato fastidio ad altri. Così sono iniziate le minacce. Il furto del defibrillatore, strumento fondamentale per l’attività, bruciato il pulmino che serviva per le trasferte, incendiata nel 2018 la Club House sede della Librineria. “Le persone di Librino scorgono un’alternativa in noi e il nostro lavoro è riconosciuto da molte scuole e realtà a noi affini che ci supportano con donazioni – specifica Mertoli – ma diamo fastidio a tutte quelle persone che hanno bisogno di mano d’opera, ovvero di usare i ragazzi come pali nelle piazze di spaccio”.
La storia dei Briganti di Catania ha fatto notizia in tutto il mondo e ha ricevuto espressioni di solidarietà dall’allenatore della nazionale inglese di rugby, Eddie Jones, e dall’ex capitano dell’Inghilterra Bill Beaumont. Anche World Rugby ha espresso il suo sostegno alla squadra: l’anno scorso, la squadra amatoriale di rugby di Bolton, con un patrimonio di 150 anni, ha stretto una partnership con la squadra siciliana: ad agosto, i Briganti voleranno in Inghilterra.
Vincere insieme: “le istituzioni ci supportino sempre”
“L’inaugurazione del nuovo campo, calpestarne l’erba, è stato coronare un sogno: possiamo finalmente allenarci in sicurezza” dice Mertoli. Un’emozione che non va dimenticata ma tutelata, lavorando in sinergia con le istituzioni per colmare il gap di infrastrutture e disponibilità di spazi: “chi vive a Trapani deve affrontare dieci ore di autobus per disputare una partita a Catania. È necessario creare più sinergia tra le federazioni sportive e le istituzioni, in modo da avanzare le nostre esigenze con più efficacia e far sì che le infrastrutture al Sud siano le stesse di quelle del Nord. Un punto fondamentale per dare vita e supporto al rugby” specifica la vicepresidente.
L’associazionismo è la chiave per vincere insieme: “Piattaforma Librino” è il nome del network che mette insieme tutte le realtà virtuose del quartiere e con cui i Briganti fanno squadra. Sul futuro, non hanno dubbi: “chiediamo che il nostro lavoro venga riconosciuto laddove sopperisce a delle mancanze dello Stato”. Il taglio del nastro che inaugura il nuovo campo è un primo traguardo, non l’ultimo: “vogliamo cambiare le cose, non sentirci dire che si è sempre fatto così. Librino può diventare un luogo di attrazione, non solo sportiva: per questo, chiediamo che il supporto delle istituzioni sia costante” sottolinea Sipala.
Le fa eco il presidente Mirko Saraceno: “finalmente dopo tre anni ci siamo: un lungo periodo molto difficile per tutti noi. Tra pandemia e il non avere spazi all’aperto, dove poter fare attività, è stata dura ma alla fine ci siamo riusciti. Adesso vogliamo rilanciare il nostro rugby a Librino e raccogliamo volentieri la sfida che ci è stata lanciata: essere promotori di questo sport e avere l’opportunità di poter sfornare qualche campione della palla ovale”. Magari sarà una campionessa. Chiaramente, Brigantessa.
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