Donne nella scienza: Teresa Fornaro, l’astrobiologa che studia il Pianeta Rosso

silvia

Cosa vuoi fare da grande? Vorrei scoprire i segreti dell’Universo”. Teresa Fornaro, 34 anni, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) – Osservatorio Astrofisico di Arcetri (Firenze), rispondeva così, già da piccolissima, a chi la interrogava sul futuro. Oggi, unica italiana scelta dalla NASA per guidare uno dei tre gruppi di ricerca che analizzano i dati della missione Mars 2020, può dire di aver realizzato il suo sogno. “Eppure – ammette – ero sfiduciata, come molte altre giovani donne appassionate di scienza. Temevo di non trovare sbocchi e che fosse una carriera quasi impossibile da realizzare“. Una paura comune, a giudicare dai numeri delle laureate in discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics): in Italia, appena il 18,9%. La Giornata Mondiale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza diventa quindi l’occasione per ribadire che i trend si possono cambiare, eccome. “Studio e perseveranza devono essere i nostri principali alleati” assicura la scienziata.

Fornaro inizia a seguire i primi corsi sull’osservazione del cielo già da adolescente e a 18 anni chiede in regalo ai suoi genitori non una macchina, ma un telescopio. Dopo la laurea in chimica all’università Federico II di Napoli, un dottorato di ricerca all’università Normale di Pisa e un postdoctoral research fellow al Geophysical Laboratory del Carnegie Institution for Science di Washington, rientra in Italia grazie a un concorso per giovani ricercatori indetto dall’INAF. Sostiene il colloquio e viene assunta – attenzione, attenzione! – mentre è già in attesa dei suoi bambini, due gemelli.

“La mia maternità non ha inciso nel processo di selezione, hanno contato gli studi e le competenze che avevo acquisito. In una parola: il merito. Dovremmo tornare a credere che qualsiasi sogno possa essere realizzato su una base meritocratica e scommettere molto di più su noi stesse”.

teresa-fornaro-preparazione-campioni-analoghi-marziani-in-laboratorioCosì è stato per lei, che non ha avuto paura di bussare alla porta della NASA per contendersi una delle 13 posizioni messe a bando come Participating Scientist per il progetto Mars 2020. “Il mio lavoro? Individuare tracce di vita passata su Marte a partire dai dati forniti dagli strumenti installati a bordo del rover Perseverance, in attesa di poter studiare i campioni di roccia che saranno prelevati dal suolo marziano“. Un progetto multidisciplinare in cui sono fondamentali competenze in chimica, fisica, ingegneria, astrobiologia, e molto altro.

Il team lavora in collegamento con gli Stati Uniti e questo significa essere sempre sintonizzati sul fuso californiano, con un occhio al tempo marziano, diverso da quello terrestre perché il giorno su Marte dura 40 minuti in più. Una sfida ulteriore, specie in termini di conciliazione, ma non un motivo per fare un passo indietro. Piuttosto, un invito a rilanciare. “Noi donne dobbiamo impegnarci il doppio: il giorno in cui sono nati i miei figli, ho lavorato al computer fino a poco prima del cesareo. – confida – Tutt’ora mi capita di fare riunioni con i bambini in braccio, ma non dobbiamo fermarci davanti alle complessità”.

silvia2È altrettanto vero, però, che se vogliamo più donne nel campo della scienza, molte cose devono cambiare intorno a noi: “Servirebbero più fondi per aprire nuove posizioni con una quota dedicata alle donne; gli enti di ricerca dovrebbero investire su politiche di welfare, ad esempio attrezzandosi con dei nidi aziendali e i percorsi di dottorato dovrebbero essere valorizzati molto di più, anche in termini di retribuzioni” ribadisce Fornaro. Infine, il suo appello più sentito, è indirizzato direttamente alle donne, specie alle più giovani: “Ragazze, credete in voi stesse, lavorate sodo ed emancipatevi da contesti limitanti. Non abbiate paura delle complessità: siete il futuro di cui abbiamo bisogno”.

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