Torna il “bonus psicologo”: bocciato in manovra si punta a inserirlo in nuovo decreto

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La pandemia ha messo a dura prova la salute mentale degli italiani rendendo sempre più urgente garantire l’accesso a tutti alle terapie psicologiche. L’ultimo tentativo di introdurre nella legge di Bilancio il cosiddetto “bonus psicologo”, un contributo per sostenere le spese iniziali di un percorso di terapia per chi ha difficoltà economiche, è stato bocciato seppur sostenuto da un ampio numero di parlamentari appartenenti a schieramenti politici trasversali. Una bocciatura che ha attirato parecchie critiche e sollevato molte proteste online anche perché in manovra sono previsti altri bonus meno importanti, da quello per la tv a quello per i rubinetti.

Invece un contributo al sostegno psicologico viene ritenuto da molti osservatori come una misura necessaria e giusta, specialmente in un periodo di emergenza sanitaria e di forti restrizioni alla libertà personale come quello che stiamo vivendo. A sostengo dell’iniziativa a inizio gennaio è stata lanciata anche una petizione online che ha superato le 250 mila firme, per chiedere al governo di “prendere davvero in considerazione” la proposta del bonus “e inserirla nel primo provvedimento utile per andare incontro a un’esigenza immediata e pressante” delle persone.

Diversi esponenti politici auspicano adesso che il bonus salute mentale possa rientrare nel nuovo decreto Sostegni del governo o nel cosiddetto Dl Milleproroghe all’esame della Camera, dove già alcuni parlamentari, fra cui il deputato del Pd Filippo Sensi, hanno depositato proposte in questa direzione. Secondo Sensi, ex portavoce di Matteo Renzi a palazzo Chigi, infatti, la bocciatura della norma in Senato è stata una “grande occasione persa”. Il governo adesso, ha esortato, “ha una grande opportunità, perché il dibattito pubblico che si è acceso attorno al bonus e il fortissimo riscontro che ha avuto questo dibattito suggerirebbe di cogliere l’attimo. Proprio perché c’è una grande emergenza psicologica in questo Paese a causa della pandemia. Lo sperimenta ognuno di noi nella propria vita, non solo i ragazzi”. Quindi, ha aggiunto il deputato, “io penso che il governo non solo farebbe cosa buona e giusta a inserire lo strumento, ma penso che dovrebbe politicamente far fronte a questa esigenza che non è più neanche un’urgenza, ma una vera e propria emergenza”.

Fra i motivi che hanno portato a respingere la norma c’è anche quello della copertura finanziaria. Ma Sensi ha osservato che così come ci sono le risorse per fare altri interventi, vanno trovati i fondi anche per “dare una risposta a quello che avviene nelle nostre case e nella vita di ciascuno di noi”. Il problema economico, ha chiarito, “esiste ed è stato uno dei motivi della bocciatura al Senato. Ancora adesso il reperimento delle risorse viene sempre considerato un ostacolo. Ma ritengo che 50 milioni, perché di questo stiamo parlando, non sia un impegno così gravoso”.

Sensi (Pd): moderatamente ottimista che la proposta entri in altro provvedimento

Sensi si è detto, quindi, moderatamente ottimistasulla possibilità che la proposta possa avere delle chance di essere inserita e approvata in uno dei due possibili strumenti legislativi, il Dl Milleproroghe o il nuovo Dl Sostegni. “Io credo che le chance ci siano, abbiamo due strumenti possibili per agire rapidamente, il primo – ha spiegato – è il decreto Milleproroghe che è attualmente all’esame della Camera e il secondo è il nuovo decreto Sostegni del governo. Il Milleproroghe – ha ammesso però il deputato – presenta delle difficoltà proprio la sua natura di proroga di leggi. Bisogna individuare una legge da prorogare per provare a inserirci quel vagoncino. Non solo io, ma anche altri gruppi parlamentari hanno provveduto a presentare emendamenti che tenessero dentro la proposta del bonus psicologo, ancorandola a questa o a quella legge già vigente”.

Secondo Sensi, per la politica è infatti arrivato il momento di uscire dalla propria bolla e considerare quello che avviene nelle case e nelle vite di ciascuno di noi. “Sembra quasi che la politica – ha detto Sensi – sia un po’ chiusa nelle bolle delle proprie discussioni e propri interessi. Adesso staremo a parlare per giorni di Quirinale e ci dimenticheremo della realtà. La realtà è fatta di famiglie dove il figlio si presenta a tavola con la felpa tirata fino alle mani per non far vedere i tagli che si è fatto, oppure di un forte senso di angoscia, crisi d’ansia, disturbi alimentari, depressioni. Non passa giorno senza indicatori che dicono come questa pandemia abbia avuto un impatto deflagrante sulla nostra psiche. Questo è un modo della politica di tenere le due realtà come due compartimenti stagni: il Palazzo e poi quello che succede nelle case e nelle nostre vite come se fosse una specie di spazio fuori dalla scena da tenere altrove, ma è un comportamento insensato”.

La pandemia ha aumentato le richieste di aiuto per disagi e disturbi psichici

Con il dilagare della crisi sanitaria in tutto il mondo sono aumentate, infatti, le richieste di aiuto psicologico. Lo scorso dicembre l’Ordine nazionale degli psicologi (CNOP) ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta nell’ottobre del 2021 in collaborazione con l’istituto Piepoli su un campione di circa 5.600 professionisti dove emerge chiaramente che la pandemia “ha influito pesantemente sulla salute mentale” delle persone.

Dai dati si evince che il 21 per cento dei pazienti ha interrotto le terapie per problemi economici e che il 27,5 per cento delle persone che avevano intenzione di avviare un percorso non l’ha fatto, sempre per ragioni economiche. A farne le spese maggiori sono i giovani, soprattutto nella fascia d’età 18-24 ani per la quale è aumentata notevolmente la richiesta di aiuto.

In particolare, secondo la ricerca, la pandemia ha aumentato le richieste relative a problemi d’ansia (+83%), disturbi dell’umore o depressione (+72%), quelli dell’adolescenza (+62%), problemi di coppia e problemi con i figli (entrambi +49%). Sono aumentati anche i disturbi legati a una patologia fisica (+19%) e i disturbi dell’infanzia (+27%).

La salute mentale ha bisogno di un intervento strutturale, un bonus non basta?

Non sono, tuttavia, mancate anche le critiche di coloro che ritengono le risorse per il bonus di entità limitata perché avrebbero consentito ad un numero circoscritto di persone di potersi recare soltanto per alcune sedute direttamente da uno psicologo o psicoterapeuta privato, senza pensare al dopo. Secondo gli oppositori, la salute psichica, al pari della salute fisica, non è una merce ma un diritto garantito dalla nostra Costituzione. La stessa psicoterapia già rientra nei livelli essenziali di assistenza e il fatto che ci siano gravi criticità nella sua effettuazione da parte del servizio pubblico non giustifica lo strumento del voucher.

Anche Sensi si è detto d’accordo sulla necessità di intervenire in prospettiva in maniera strutturale, ma ha difeso l’intento della norma che è quello di mettere un tassello verso una direzione giusta. “Certo serve un intervento strutturale, assolutamente, anche se qualcosa è stato già fatto. Il ministro Speranza ha rivendicato 38 milioni di interventi, si è fatto qualcosa per lo psicologo a scuola, si parla del territorio, delle Asl, dei consultori, ci sono intere aree del Paese che non sono coperte”. Quindi, ha proseguito, “c’è bisogno di un intervento strutturale, ma il bonus può rappresentare una prima risposta per quei cittadini che hanno bisogno di un aiuto e un sostegno psicologico, perché magari non hanno i soldi. Anche se la cifra non è alta è comunque un inizio, l’inizio di un percorso. Io penso che questa sia una strada che non è affatto contraria a un aiuto strutturale: dal bonus una tantum si potrà passare a un fondo, come spesso è successo per tantissime altre iniziative, che diventa parte della risposta che la comunità, lo Stato e i privati danno a questo disperato grido di aiuto”.

In generale il tema della salute mentale resta ancora in buona parte un tabù in Italia.
Occorre accelerare un cambio culturale che la pandemia ha reso sempre più evidente.

Io penso che ci sia ancora un forte stigma e un senso profondo di vergona. Anche se non è ovunque così. Perché – ha sollevato l’interrogativo Sensi – il figlio di un professionista deve poter avere le opportunità di curare un disagio, di avere un sostegno psicologico, mentre quello di un’altra persona non abbiente, che magari non vive in una grande città, non lo può avere? Io credo che questo riguardi l’uguaglianza garantita dalla Costituzione. C’è la vergogna, per questo il bonus è importante, è una risposta immediata che mette nelle mani delle persone la possibilità di trovare un aiuto. Non è facile trovare un aiuto quando ti senti giudicato. Ci sono dei disagi che sono transitori, magari non c’è bisogno di una terapia lunghissima, è un momento che può essere affrontato tempestivamente”.

Sensi ha quindi rivolto un appello a tutti gli oppositori della misura: “Troviamo le formule per farla, non trinceriamoci dietro al fatto che ci vorrebbe ben altro. Certo che ci vuole altro, lo sappiamo bene tutti e una cosa non va a detrimento dell’altra. Il Servizio sanitario nazionale non viene depauperato se si dà ai cittadini la possibilità di andare dallo psicologo per avere prime risposte alle proprie domande. Io penso al contrario che verrà rafforzato e che magari una rete di sensori attorno possa essere utile a scaricare a terra questa energia terribile che la pandemia è riuscita a sprigionare”.

Cosa prevedeva il bonus bocciato in manovra

La proposta bipartisan (prima firmataria la senatrice del Pd Caterina Biti) respinta a Palazzo Madama durante l’iter della manovra prevedeva uno stanziamento di 50 milioni di euro ripartiti per due forme di supporto economico:

  • Un bonus avviamento, con 15 milioni di euro di finanziamento che consisterebbe in un contributo di 150 euro per i cittadini maggiorenni a cui non è stato diagnosticato un disturbo mentale. Questi non devono aver avuto accesso ad altre agevolazioni in materia di salute mentale, ma senza limiti di reddito.
  • Un bonus sostegno, con una dotazione finanziaria di 35 milioni di euro. Questo secondo bonus, più sostanzioso, prevedrebbe l’erogazione di un contributo di 1.600 euro con Isee (situazione economica familiare) fino a 15.000 euro, 800 euro con Isee compreso tra i 15.000-50.000 euro, 400 euro per le persone con redditi compresi trai 50.000-90.000 euro.

Ovviamente, considerati i costi medi di un percorso psicologico si tratterebbe di un aiuto iniziale. Secondo quanto stabilito dall’Ordine nazionale degli psicologi, infatti, un’ora di consulenza individuale può costare da un minimo di 35 euro all’ora fino a un massimo di 115 euro. Il prezzo medio, generalmente, oscilla tra i 50 e i 90 euro l’ora. Inoltre, gli psicologi ritengono che in presenza di un disturbo medio, il numero di sedute affinché un intervento sia efficace va dai 10 ai 15 incontri. Ipotizzando un costo medio a seduta di 70 euro allora servirebbero fra i 700 e gli oltre mille euro per tutto il percorso terapeutico.

Il nuovo emendamento depositato in commissione alla Camera da Filippo Sensi coglie lo spirito dell’emendamento di palazzo Madama “che è stato possibile mettere a punto grazie al lavoro svolto da Caterina Biti perché – ha evidenziato Sensi – è stata capace di far convergere tutte le forze politiche sulla sua proposta”. Il nuovo emendamento “prende infatti l’ispirazione e le mosse dalla proposta del Senato. Bilancia un po’ di più pubblico e privato, portando in pancia un innesto più strutturale. Ne coglie lo spirito bilanciandolo un po’”.

Discussione aperta da tempo, altri tentativi in passato

Da tempo si discute dell’opportunità di cambiare approccio nella considerazione pubblica della salute mentale e su come tutelarla attraverso il Servizio sanitario sempre più in difficoltà nel soddisfare le richieste di supporto e aiuto. Una situazione quella attuale che di fatto esclude tante persone dalla possibilità di intraprendere un percorso di cura riservando l’accesso alla terapia soltanto a chi può permettersi i servizi di un professionista privato.

In realtà un contributo con simili finalità, era stato istituito mesi fa con un fondo di 10 milioni all’interno del Dl Sostegni bis. E già dalla fine del 2020 altre proposte per l’attivazione di sussidi per la salute mentale erano già state presentate, senza successo, con alcuni emendamenti alla legge di Bilancio per il 2021.
Il finanziamento approvato nel Decreto sostegni bis era destinato all’accesso ai servizi psicologici “delle fasce più deboli della popolazione, con priorità per i pazienti affetti da patologie oncologiche, nonché per il supporto psicologico dei bambini e degli adolescenti in età scolare”.

Non si tratta di un vero e proprio ‘bonus psicologo’, ma di una serie di fondi a disposizione delle Regioni per rafforzare i servizi già esistenti, da quelli di ascolto e assistenza fino alla formazione del personale.

Intanto alcune Regioni si sono mosse, in primis il Lazio dove il presidente della Regione Nicola Zingaretti ha annunciato che istituirà un fondo di 2,5 milioni di euro dedicato all’accesso alle cure per la salute mentale e la prevenzione del disagio psichico. Anche Puglia e Sardegna, attraverso dei fondi europei, in questi ultimi anni hanno potenziato la presenza degli psicologi nelle scuole e la Lombardia ha approvato l’istituzione dello psicologo di base nelle nuove Case di comunità.

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