Lgbtq+ e diritti nella UE: si fa ancora troppo poco

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“Everyone is born free and equal in dignity and rights. On International Day against Homophobia, Transphobia & Biphobia the EU reaffirms its strong commitment to respect, protect & promote the full & equal enjoyment of human rights of LGBTI persons”.

twitterCosì Joseph Borrel, alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza della Commissione EU, celebrando il 17 maggio, giornata mondiale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia.

Nonostante negli ultimi anni ci sia stata una certa accelerazione in materia di diritti per gli individui delle comunità Lgbtq+, il tema resta divisivo. Negli ultimi tempi, violentemente divisivo. Fa molto riflettere, allora, che all’interno dell’Unione Europea, a livello governativo, i segnali che arrivano non vanno tutti nella stessa direzione.

La situazione si è fatta più tesa recentemente. In particolare per la richiesta di Polonia e Ungheria di rimuovere la frase “Per togliere i riferimenti all’uguaglianza di genere” dalla dichiarazione congiunta finale dei 27 leader europei al vertice di Porto sulla definizione dell’agenda delle politiche sociali comunitarie. Si tratta di un passo eclatante da parte del partito nazionalista polacco e del primo ministro euroscettico Viktor Orban. Ma non il primo atto di linee d’azione contro la parità che non sono nuove né inusuali. Esempi sono le zone libere da persone Lgbtq+ polacche o l’opposizione protratta all’inserimento della tutela dell’uguaglianza di genere nei trattati di libero scambio tra l’UE e i Paesi in via di sviluppo. Dettaglio quest’ultimo non secondario dato che l’Unione ha competenza esclusiva solo su pochi ambiti, tra cui il commercio internazionale è forse il più significativo.

ILGA Europe e la situazione dei diritti LGBTQ+

In tema di diritti per le persone Lgbtq+ in particolare, la situazione dei 2 stati membri per quanto estrema, non è purtroppo isolata. Infatti, seppure entro i confini comunitari ci siano alcune eccellenze di rispetto ed emancipazione, non si può dire di essere vicini al traguardo prospettato nelle politiche della UE e rimarcato da Borrel.

Fa il punto della situazione, il report annuale di ILGA Europe. Pubblicato il 17 maggio, racconta sia i trend positivi che quelli negativi in 49 Paesi, tra vecchio continente e Asia centrale (fino ai confini di Russia e Turchia). Una prima nota dolente conferma che nell’ultimo anno i miglioramenti di alcuni stati si evidenziano soprattutto a causa…dell’immobilità degli altri e sono, quindi in definitiva, minimi. Ne sono un esempio Albania, Finlandia e Portogallo che sono sì saliti nel ranking generale, ma soprattutto grazie all’introduzione di piccoli interventi.

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Il podio della classifica è invariato da tempo. Malta occupa il grandino più alto (con un punteggio del 98,78% su 100, è oggettivamente molto più avanzata di tutti gli altri) come negli ultimi 6 anni. È seguita dal Belgio (per la quarta volta al secondo posto e il 74,24%) e dal Lussemburgo (terzo per il terzo anno consecutivo e il 71,95%). Fotocopia di un anno fa la situazione degli ultimi posti: Azerbaijan, Turchia e Armenia. Dentro l’Unione, la Polonia, al 43 esimo posto, è per la seconda volta nel 2021 l’ultima tra gli stati membri. L’Italia si posiziona al 35esimo posto con un indice che supera appena il 22%.

I dati raccolti rispecchiano le sfide imposte dalla drammatica situazione mondiale: è rallentato, quando non si è fermato, il progresso degli ultimi anni. La crisi ha inoltre messo in chiaro quanto la strada percorsa e i traguardi raggiunti, in parte dati per scontati, siano in realtà fragili. Vulnerabili alle spinte che si oppongono a maggiori diritti per le comunità LGBTQ+, per le donne e per le minoranze.

Si sta verificando, in molti luoghi, una “polarizzazione politica” che rende difficile “una mobilitazione capace di attraversare tutto lo spettro politico”, ha commentato il direttore esecutivo di ILGA, Evelyne Paradis, interpellata dalla Thomas Reuters Foundation. “Sta crescendo l’opposizione. E francamente manca alle volte la volontà politica di andare fino in fondo”. Tanto che anche Paesi notoriamente inclusivi e all’avanguardia in materia di diritti Lgbtq+, come Svezia, Paesi Bassi, Francia e Regno Unito, non hanno dimostrato di aver ancora completato gli impegni di riforma proprio con l’evolversi della pandemia.

Una strategia europea per l’uguaglianza delle persone Lgbtq+

Ci sono però alcuni segnali importanti, arrivati negli ultimi mesi da voci che potrebbero far cambiare il passo verso una società europea più inclusiva e rispettosa delle individualità. A partire dalla determinazione risuonata nelle parole della presidente di Commissione, Ursula von der Leyen, nel discorso sullo Stato dell’Unione di settembre: “Non risparmierò le forze quando si tratta di costruire un’Unione dell’uguaglianza. Un’Unione in cui ognuno possa essere se stesso, amare chi desidera, senza paura di recriminazioni o discriminazioni. Perché essere se stessi non è ideologia. È la propria identità. E nessuno potrà mai usurparla”. E continuando con il lancio della prima Strategia europea per l’uguaglianza delle persone Lgbtq+, che riafferma l’impegno della Commissione di assicurare la protezione europea contro le discriminazioni.

Nel panorama generale, l’anno passato ha stravolto abitudini e sconvolto vite. Mettendo tutto in discussione, ha evidenziato l’importanza delle sfaccettature della realtà e della necessità di riadattarsi davanti alla messa in discussione dei parametri conosciuti. E allora potrebbe anche avere aperto la possibilità di riscrivere quei parametri. Si legge sul report ILGA: “dimenticare la fragilità del progresso ci rende vulnerabili, mentre cercare di vedere e capire la complessità ci equipaggia per continuare a procedere”.