C’è l’anima rock di Megan Rapinoe e la grazia di Ondina Valla, il coraggio della siriana Yusra Mardini e la schiacciata storica di Georgeann Wells. Sandro Bocchio e Giovanni Tosco, giornalisti di «Tuttosport», raccontano in “Campionesse ribelli” (Compagnia editoriale Aliberti) una storia di conquiste sportive al femminile che valgono, per i libri di storia, come il primo voto per le donne. Con uno stile piano, molto adatto a ragazzini e ragazzine, scorrono sotto i nostri occhi cestiste e velociste, nuotatrici e spadaccine a spiegare che nulla viene per caso e che tutto è ascesa e volontà. Un Everest da raggiungere, contro tutto e tutti. Si può vincere o si può perdere, si può vivere a fine Ottocento o nei nostri anni 20, importante è mettere la propria bandierina in vetta.
Alfonsina Strada nasce nel 1891, mette i pantaloni, e già questo è sconveniente, ama andare in bicicletta e partecipa al Giro d’Italia del 1924: dopo dodici massacranti tappe, su e giù per un’Italia di buche e strade bianche, arriva a Milano, unica donna ad aver mai portato a termine la corsa rosa.
Lo sport è emancipazione, è traguardi oltre le medaglie, alla faccia del barone Pierre de Coubertin, fondatore delle Olimpiadi moderne, per il quale le donne nello sport erano «inconcepibili». Correre, saltare, nuotare per spostare il limite un po’ più in là. Come ci insegna quella forza della natura di Bebe Vio o la tenacia di Alice Milliat che, a inizio Novecento, fonda la Fédération Sportive Féminine Internationale per spingere lo sport delle ragazze e portale ai Giochi olimpici. La osteggiano, la deridono ma intanto nel 1922 organizza i primi Giochi olimpici femminili e nel 1928, finalmente, le ragazze saranno parte dei cinque cerchi ad Amsterdam.
Tenaci, visionarie, eccessive, coscienti di una forza sovrumana, fatta di gesti e prese di posizione. Donna è emancipazione e anche coscienza storica, volontà di cambiare lo scorrere degli eventi, di dire no a dittatori e a partiti soffocanti. Così, Vera Caslavska, ginnasta cecoslovacca, è fra le firmatarie del “Manifesto delle duemila parole”, atto pubblico di dissenso al regime. Ai Giochi del 1968, a Città del Messico, la sua grazia fatta precisione e bellezza conquista l’oro nelle parallele, nel volteggio, nel corpo libero e nel concorso individuale. Durante l’inno nazionale, abbassa il capo e il regime, al ritorno a Praga, è feroce: non può gareggiare né viaggiare. Allora, sbarca il lunario facendo la donna delle pulizie e allenando clandestinamente le ragazzine. Senza mai rinnegare quel gesto, tanto che nel 1989, a regime abbattuto, Václav Havel la sceglie come consigliera.
Lo sport è molto più di punteggi, applausi e trionfi. Con lo sport si fa la storia propria e collettiva. Questo è il grande insegnamento delle “Campionesse ribelli”: allenarsi, competere, correre oltre ogni barriera. Le barriere sono solo dentro di noi. Basti ascoltare le parole di Megan Rapinoe, bomber della Nazionale Usa di calcio e paladina della causa Lgbt: “Dobbiamo considerare il tempo e gli spazi che abbiamo a disposizione per portare questo sport in un posto migliore. E magari il mondo in un posto migliore”.
Perché lo sport sa fare miracoli, fa gettare la vita oltre gli ostacoli come dimostrano le 56 atlete raccontate da Serenella Quarello e illustrate da Fabiana Bocchi nel libro “Non puoi correre con i pantaloncini corti” (Rizzoli). Il progetto è iniziato ricordando le imprese di Fanny Blankers-Koen (1918-2004) e le sue quattro medaglie ai Giochi olimpici di Londra 1948. Le dicevano che era anziana, che era sposata, che non poteva portare i pantaloncini corti e lei, la Mammina volante, vinse quattro ori nei 100 e 200 metri, negli 80 ostacoli e nella staffetta 4×100 m. Sono pattinatrici, nuotatrici, tenniste, sciatrici: sono rocce dalla tempra antica e modernissima allo stesso tempo e – spiega Serenella Quarello – “queste sono donne fantastiche che hanno saputo rompere barriere, di età, di razza. Prima che grandi sportive, sono grandi donne”.
Come quella piccola, immensa molla di muscoli e volontà che si chiama Simone Biles. L’abbiamo scoperta ai Giochi di Rio 2016 ed è la prima ginnasta nella storia ad aver vinto cinque titoli mondiali del concorso individuale. Con il suo body a stelle e strisce ha conquistato quattro ori in Brasile e l’Olimpiade di luglio a Tokyo sarà la sua ennesima consacrazione. Tutto facile, tutto un luccichio di ori e paillettes? Non proprio. Come racconta Viviana Mazza in “La ragazza che imparò a volare” (Mondadori), illustrato da Elisa Macellari, Simone ha imparato a volare perché la vita le ha zavorrato l’animo fin da bambina. Tanta povertà in casa, una madre alcolizzata, ma, per fortuna, i nonni si prendono cura di lei quando ha tre anni. Ed è proprio la nonna a portarla ai primi corsi di ginnastica da dove Simone ha spiccato il volo verso il mondo e la gloria. Ma nulla è gratis, nulla è per caso e l’ex ginnasta e commentatore tv, Tim Daggett, raccontando la finale al corpo libero di Simone Biles a Rio 2016, ha detto: “È la festa di Simone e tutte le donne sono sue ospiti”. Evviva!
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Titolo: “Campionesse ribelli. Trenta storie di sport per ragazze intrepide”
Autori: Sandro Bocchio, Giovanni Tosco, con le illustrazioni di Sara Capitani
Editore: Compagnia editoriale Aliberti
Prezzo: 15,90 euro
Titolo: “Non puoi correre con i pantaloncini corti. 50 donne che hanno fatto la storia dello sport”
Autrice: Serenella Quarello
Illustratrice: Fabiana Bocchi
Editore: Rizzoli
Prezzo: 22,90 euro
Titolo: “La ragazza che imparò a volare. Storia di Simone Biles”
Autrice: Viviana Mazza
Illustratrice: Elisa Macellari
Editore: Mondadori
Prezzo: 15 euro