C’è “il rischio che il Recovery Fund diventi un boomerang” se non si scioglie il nodo del vincolo posto da Bruxelles del 57% degli stanziamenti ai settori green e Ict perché si tratta di “settori che hanno una percentuale di presenza femminile molto bassa e questo vuol dire che l’impatto di questo 57% può essere fortemente penalizzante per le donne, può addirittura acuire la disuguaglianza di genere“. È un allarme netto e chiaro quello lanciato da Linda Laura Sabbadini, ascoltata il 2 febbraio come presidente dell’Engagement group Women20 dalla commissione Esteri della Camera sull’utilizzo delle risorse del Recovery fund che, rimarca, deve avvenire “mettendo non a parole la parità di genere come obiettivo strategico vero”.
Come si può evitare questa “distorsione” per investimenti in ambiti che pure sono “fondamentali per il presente e per il futuro”? La risposta si deve trovare in una interlocuzione tra Bruxelles e Roma: “Così come la Commissione ha stabilito che il 57% è un vincolo per i Paesi, deve fornire linee e misure chiare da adottare nei Paesi stessi perché non ci sia un effetto squilibrante”. Sabbadini ricorda che “stiamo parlando di una cifra enorme, una possibilità enorme di crescita del nostro Paese ma che deve essere fatta sanando il grandissimo squilibrio di genere che c’è nel mercato del lavoro. Il prossimo governo con la Commissione europea deve trovare la strada per sanare questo problema”.
In sostanza, il nodo “si risolve con la volontà politica e con la coscienza che o si investe ora sull’obiettivo strategico dell’occupazione femminile che è un obiettivo di crescita per il Paese o non ne usciamo. Per fare questo ci vuole anche più peso politico delle donne”, sottolinea Sabbadini. “C’è bisogno di più donne al governo di questo Paese, della loro sensibilità e del loro approccio”. Inoltre, “il ministero delle Pari opportunità non può essere più senza portafoglio, bisogna dare più potere a questo ministero per incidere fortemente nelle scelte e nell’attuazione in un’ottica di genere del Recovery Fund”.
Il quadro generale in cui ci si muove, ricorda l’esperta di statistica e direttrice centrale Istat, è di “emergenza nazionale” perché c’è un “problema serissimo” dato dal fatto che la pandemia ha acuito le disuguaglianze di genere, certo non solo in Italia ma in modo “ancora più accentuato” nel nostro Paese che partiva da una situazione svantaggiata.
Un quadro in cui si era arrivati “faticosamente” a un tasso di occupazione femminile del 48,6% ma che a dicembre scorso ha visto un calo di 100mila occupati, quasi tutte donne perché la crisi ha investito prevalentemente settori a maggiore occupazione femminile a differenza delle crisi precedenti: servizi come ristorazione, alberghi, turismo, servizi domestici dove la maggioranza degli occupati sono donne con contratti a tempo determinato o con lavori precari e irregolari e quindi con la difficoltà di essere difesi con politiche tipo blocco dei licenziamenti e cassa integrazione. E questo si aggiunge ad un altro aspetto cruciale ossia che storicamente in Italia non si è investito adeguatamente in settori come infrastrutture sociali, sanità, istruzione.
Altro tema affrontato nel corso dell’audizione è quello della presidenza italiana del G20 che rappresenta “una grandissima opportunità e una grandissima occasione” perché l’ultimo G20, ha ricordato Sabbadini, ha previsto che, proprio sotto l’attuale presidenza, venga definita una road map per l’empowerment femminile: l’obiettivo, rileva l’esperta, deve essere non l’aumento della partecipazione al lavoro (che comprende sia occupati che disoccupati) o la riduzione del gap tra occupazione maschile o femminile (che potrebbe ridursi anche in presenza di un calo complessivo dell’occupazione) ma la crescita dell’occupazione femminile in una certa percentuale: ed è questa, riferisce Sabbadini, la proposta che verrà fatta come Italia al Women20.