Recovery Fund, Sabbadini: rischio boomerang se non si sana il gap di genere

MILAN, ITALY - MARCH 08: Linda Laura Sabbadini, Italian statistic during a conference at Tempo di Libri, International Fair of Publishing on March 8, 2018 in Milan, Italy. (Photo by Stefano Montesi - Corbis/Corbis via Getty Images)

Linda Laura Sabbadini (Photo by Stefano Montesi – Corbis/Corbis via Getty Images)

C’è “il rischio che il Recovery Fund diventi un boomerang” se non si scioglie il nodo del vincolo posto da Bruxelles del 57% degli stanziamenti ai settori green e Ict perché si tratta di “settori che hanno una percentuale di presenza femminile molto bassa e questo vuol dire che l’impatto di questo 57% può essere fortemente penalizzante per le donne, può addirittura acuire la disuguaglianza di genere.  È un allarme netto e chiaro quello lanciato da Linda Laura Sabbadini, ascoltata il 2 febbraio come presidente dell’Engagement group Women20 dalla commissione Esteri della Camera sull’utilizzo delle risorse del Recovery fund che, rimarca, deve avvenire “mettendo non a parole la parità di genere come obiettivo strategico vero”.

Come si può evitare questa “distorsione” per investimenti in ambiti che pure sono “fondamentali per il presente e per il futuro”? La risposta si deve trovare in una interlocuzione tra Bruxelles e Roma: “Così come la Commissione ha stabilito che il 57% è un vincolo per i Paesi, deve fornire linee e misure chiare da adottare nei Paesi stessi perché non ci sia un effetto squilibrante”. Sabbadini ricorda che “stiamo parlando di una cifra enorme, una possibilità enorme di crescita del nostro Paese ma che deve essere fatta sanando il grandissimo squilibrio di genere che c’è nel mercato del lavoro. Il prossimo governo con la Commissione europea deve trovare la strada per sanare questo problema”.

In sostanza, il nodo “si risolve con la volontà politica e con la coscienza che o si investe ora sull’obiettivo strategico dell’occupazione femminile che è un obiettivo di crescita per il Paese o non ne usciamo. Per fare questo ci vuole anche più peso politico delle donne”, sottolinea Sabbadini. C’è bisogno di più donne al governo di questo Paese, della loro sensibilità e del loro approccio”. Inoltre, “il ministero delle Pari opportunità non può essere più senza portafoglio, bisogna dare più potere a questo ministero per incidere fortemente nelle scelte e nell’attuazione in un’ottica di genere del Recovery Fund”.

Il quadro generale in cui ci si muove, ricorda l’esperta di statistica e direttrice centrale Istat, è di “emergenza nazionale” perché c’è un “problema serissimo” dato dal fatto che la pandemia ha acuito le disuguaglianze di genere, certo non solo in Italia ma in modo “ancora più accentuato” nel nostro Paese che partiva da una situazione svantaggiata.

Un quadro in cui si era arrivati “faticosamente” a un tasso di occupazione femminile del 48,6% ma che a dicembre scorso ha visto un calo di 100mila occupati, quasi tutte donne perché la crisi ha investito prevalentemente settori a maggiore occupazione femminile a differenza delle crisi precedenti: servizi come ristorazione, alberghi, turismo, servizi domestici dove la maggioranza degli occupati sono donne con contratti a tempo determinato o con lavori precari e irregolari e quindi con la difficoltà di essere difesi con politiche tipo blocco dei licenziamenti e cassa integrazione. E questo si aggiunge ad un altro aspetto cruciale ossia che storicamente in Italia non si è investito adeguatamente in settori come infrastrutture sociali, sanità, istruzione.

Altro tema affrontato nel corso dell’audizione è quello della presidenza italiana del G20 che rappresenta “una grandissima opportunità e una grandissima occasione” perché l’ultimo G20, ha ricordato Sabbadini, ha previsto che, proprio sotto l’attuale presidenza, venga definita una road map per l’empowerment femminile: l’obiettivo, rileva l’esperta, deve essere non l’aumento della partecipazione al lavoro (che comprende sia occupati che disoccupati) o la riduzione del gap tra occupazione maschile o femminile (che potrebbe ridursi anche in presenza di un calo complessivo dell’occupazione) ma la crescita dell’occupazione femminile in una certa percentuale: ed è questa, riferisce Sabbadini, la proposta che verrà fatta come Italia al Women20.

  • Discriminato |

    Sarebbe interessante sapere quanto sono costati negli ultimi 10 anni a livello regionale e statale gli incentivi all’occupazione subordinata femminile, gli incentivi all’imprenditoria femminile, le agevolazioni sui prepensionamenti delle donne (opzione donna etc. ), e il maggior numero di congedi maternità. Pongo la domanda perché il tutto è stato fatto non per generare lavoro o rendere più competitive o innovative le imprese, bensì per allocare in modo diverso il lavoro che già era presente, cioè per spostare la “coperta”.
    Quindi si chiedono soldi agli italiani in una situazione di debito estremo, ammazzando i consumi (da stimolare poi con altri debiti), per dare lavoro a Tizia al posto di Caio.
    Gli imprenditori dovrebbero capire che tale imposizione discriminatoria non favorisce certamente il senso di squadra, la cooperazione tra i dipendenti, l’aumento della produttività, il senso di appartenenza all’azienda e al Paese. Quindi gli incentivi o si danno a tutti o a nessuno.
    Anche nella formazione, la parte maschile non darà certamente il meglio, sapendo che busta paga, assunzioni e pensioni saranno influenzate dall’appartenenza ad un genere. Inoltre chi ha una buona formazione non vedendosi riconosciuta la professionalità potrebbe guardare a mercati con più opportunità (fuga cervelli o meno con i relativi consumi).

    Dopo oltre 10 anni di incentivazione all’occupazione femminile e tassi a zero della BCE, bisognerebbe accettare il fatto che le previsioni di sapore “profetico” di Laura Sabbadini, che legano il boom economico all’aumento dell’occupazione femminile non hanno alcun fondamento logico non si sono avverate e hanno portando ad un peggioramento di tutti gli indicatori economici.
    Faccio notare che molta dell’occupazione è part time, la disoccupazione non è scesa, gli inattivi sono sostanzialmente stabili, le aziende chiudono, la produttività non aumenta, i consumi scendono anche con incentivi, le fiducia scende, gli investimenti delle imprese diminuiscono, la fiducia degli investitori diminuisce, le nascite diminuiscono, il debito esplode.

    Vorrei capire perché Sabbadini e Segre, (che se non sbaglio sono entrambi cognomi di origine ebraico – israeliana) insistono così fortemente nell’attribuire di più alle donne non vedendo una spesa così folle in Israele per lo stesso fine.

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