Ai bambini fa bene prendere aria, fare una passeggiata e stare al sole? Impossibile non rispondere di sì, ovviamente. E’ un po’ come chiedere se fa bene bere acqua o respirare aria pura invece che inquinata. E’ il momento di stabilire per decreto che a tutti i bambini sia concesso uscire di casa per un’ora al giorno accompagnati da un adulto? In questo caso dire di sì non è affatto scontato e il discorso si fa complesso.
In questi giorni le misure di contenimento nel nostro Paese sono ancora molto rigide: i positivi al coronavirus sono oltre 97mila, si continua a morire al ritmo di 750 persone al giorno. In alcune regioni, Lombardia in testa, la situazione negli ospedali continua ad essere drammatica, con medici e infermieri allo stremo. E, in Lombardia, siamo alla terza settimana di lockdown, con misure che si sono fatte via via più restrittive, in alcune aree di Lombardia e Veneto non si va in classe dal 21 febbraio.
In questi stessi giorni, sui giornali sono apparsi appelli di vario tipo e con toni diversi affinché i bambini tornino al centro dell’attenzione, dopo essere stati messi da parte a causa dell’emergenza da coronavirus: l’isolamento inizia a farsi sentire, l’emergenza si sta prolungando o, forse, ci stiamo rendendo conto che dobbiamo occuparci anche della normalità, anche mentre l’emergenza ancora richiede tutta la nostra attenzione. Ma come farlo mantenendo ferme le misure di distanziamento sociale? Come garantire ai bambini la maggiore serenità possibile in questa situazione?
I pediatri: “Pensiamo prima di tutto ai bambini più fragili”
Federica Zanetto è presidente dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP), al telefono mi spiega che “c’è un ampio dibattito su questo tema” in questi giorni tra i pediatri. “Man mano che passano i giorni – dice – si sta accentuano questa preoccupazione per l’impatto sullo stare in casa, soprattutto nelle situazioni logistiche più difficili, magari con case piccole, senza spazi esterni. Quello su cui mi concentrerei in primo luogo però sono le situazioni si fragilità”. Pensiamo ai bambini con disabilità, con disturbi come l’ADHD (iperattività) o autismo, “che possono avere comportamenti realmente poco gestibili”. In questi casi “troviamo spesso situazioni in cui magari c’è un genitore solo, che si trova improvvisamente anche senza aiuti: in questi casi, magari, prevedere la possibilità di un’uscita vera e propria può essere di grande aiuto”.
Zanetto (ACP): “L’ora d’aria per tutti? E’ un tema complesso”
Secondo lei dovrebbe essere prevista in questo momento la possibilità per tutte le famiglie con bambini di uscire ogni giorno? “Non c’è un sì o un no è un problema che impone una riflessione forte. Nel momento di emergenza massima e di shock queste esigenze non sono emerse, ci si è dovuti giustamente occupare di altro. Ora bisogna iniziare a pensare anche a questo tema, a riflettere su come andare avanti. Certamente non si può dire che i bambini possono andare fuori e basta“, perché ci sono troppe variabili e troppe complessità in campo, riflette la dottoressa Zanetto. Nella grandi città, ad alta densità, è più difficile. Diverso potrebbe essere nei piccoli centri, per esempio. Ma certo è che “vanno ripensate le situazioni critiche, perché ci sono famiglie che già normalmente fanno più fatica a reggere, come nel caso dei disabili o di situazioni di fragilità sociale, per loro l’isolamento può diventare esplosivo”.
Oltre alle famiglie già fragili che rischiano di pagare il conto più salato, ci sono poi tutte quelle situazioni drammatiche create dall’epidemia: pensiamo ai figli di medici e infermieri e operatori sanitari, che spesso sono in autoisolamento per tutelare i familiari, oppure ai figli di genitori malati, per i quali sono necessari non solo una sistemazione pratica ma anche un attento sostegno emotivo e psicologico nella fase di isolamento. “Quello che noi sollecitiamo – sottolinea la dottoressa Zanetto – è che ci sia a questo punto un’attenzione ai bambini, che finora non si è potuta dare a causa dell’urgenza e della straordinarietà della situazione. La difficoltà è normare queste esigenze e queste possibilità che potrebbero essere date con la salute pubblica. Bisogna sicuramente confidare nella consapevolezza e nella responsabilità di ognuno“.
La psicologa Oliverio Ferraris: il movimento conta, ma non basta
“I bambini e i ragazzi hanno sicuramente bisogno di movimento in situazioni di normalità, come dicevamo quando il problema era che stavano troppo a casa al computer e al telefonino. Ora certo il rischio è che facciano una vita troppo sedentaria, rischiano anche di deprimersi non avendo contatti sociali”, riflette Anna Oliverio Ferraris, psicologa e psicoterapeuta, per trent’anni professoressa ordinaria di Psicologia dello Sviluppo all’Università La Sapienza di Roma.Tuttavia, prosegue, “la situazione è difficilissima in questo momento, le uniche soluzioni sono quelle locali: l’uso delle terrazze condominiali, per esempio, dei cortili dei palazzi, dei vialetti di accesso.Si possono trovare modi alternativi per delle brevi escursioni all’aperto, l’importante è non avere contatti con bambini di altre famiglie o con altri adulti: dobbiamo tenere conto della situazione, che è tuttora drammatica”.
Il benessere dei bambini, in questo difficile momento, passa soprattutto dal benessere del genitore, che si trova in un momento già di per sé molto stressante, carico di ansie e di paure. “Certo che farebbe bene anche ai genitori una passeggiata… Ci sono purtroppo in molte case situazioni esplosive, che si potrebbero stemperare magari più facilmente all’aria aperta, scaricando le tensioni… Purtroppo in questa fase è ancora difficile, ci vorrebbero delle uscite contingentate, a turni, controllate, ma pare poco realizzabile”. E allora, cosa fare nel frattempo? In attesa che i numeri diano qualche indicazione positiva e permettano di allargare un po’ le maglie del lockdown?
La serenità dei bambini in quarantena arriva più che mai dagli adulti
“Nel caso di bambini piccoli – consiglia Oliverio Ferraris – si può favorire il movimento già dentro casa, magari spostando i mobili,per i grandi creando un tavolo da ping pong. Bisogna consentire ai bambini di fare cose eccezionali, in casa, in un periodo che è del tutto eccezionale”. Se i bambini diventano più irritabili, mostrano segni di nervosismo, sono segnali che vanno ascoltati: “Giocate con loro, fate magari anche giochi di movimento, leggete insieme anche con bimbi piccolissimi, è un’occasione per creare una grande vicinanza, è un modo nuovo per conoscersi e comunicare. Questa vicinanza ai bambini da’ molta sicurezza“. Se con i piccoli la vicinanza passa dal “fare” cose insieme (lavoretti di casa, cucinare, e via dicendo), per i bambini dalle scuole elementari in poi è importante dedicare un po’ di tempo “per parlare e spiegare cosa sta succedendo nel mondo, che si tratta di una fase transitoria e che la loro vita tornerà. Si può spiegare cos’è il coronavirus, come agisce, parlare del lavoro dei medici e degli infermieri. Parlare, sapere, conoscere è un modo di controllare la situazione e l’emotività. Quello che conta è lo stato emotivo dell’adulto che non deve trasmettere la paura e ansia, ma sappia parlare in maniera razionale e cerchi di trasmettere positività nel dare informazioni”.
Se è il buonsenso a fare la differenza
Parliamo di diritti dei bambini, quindi, perché è importante pensare alla vita mentre è troppo intorno a noi il dolore della morte, mentre in città intere il silenzio lo scandiscono solo le ambulanze. Salvaguardiamo il loro diritto alle risate, alla leggerezza, al gioco, all’allegria così come alla tristezza o alla rabbia, quando emergono. Rivendichiamo i diritti dei bambini partendo dai più fragili perché più degli altri vanno tutelati, loro e le loro famiglie. Rivendichiamoli senza che questo significhi dover sacrificarne altri di diritti. E prima di invocare nuove leggi, usiamo il buonsenso: al momento è consentita l’uscita individuale intorno alla propria abitazione: se un minore da solo non può uscire è chiaro che deve esserci un adulto con lui. Niente gruppi, niente incontri con nuclei familiari diversi, niente parchi (chiusi) e meglio non portare bambini al supermercato, ma la passeggiata implicitamente è già ammessa, anche secondo le interpretazioni date da alcune amministrazioni comunali. E allora, perché non usare semplicemente l buonsenso?