Per la parità tra uomini e donne la strada è ancora lunga. Ci vorranno un centinaio di anni (per precisione 99,5) secondo il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum pubblicato oggi. Per la parità a livello di accesso alla partecipazione economica addirittura 257 anni. Il dato naturalmente è a livello globale. E l’Italia? Se lo scorso anno avevamo festeggiato la risalita al 70esimo posto (dall’82esimo posto del 2017), quest’anno dobbiamo incassare un brutto colpo. Siamo scivolati al 76esimo posto su 153 Paesi, solo una tacca più su del posizionamento che avevamo nel 2006.
A penalizzarci, neanche a dirlo, è l’opportunità di partecipare all’economia del Paese a cominciare dal tasso di occupazione. In Italia lavora ancora meno di una donna su due. Solo pochi giorni fa il campanello d’allarme era stato suonato dal governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco; “Negli ultimi 20 anni numerosi studi, inclusi quelli prodotti in Banca d’Italia hanno messo in luce i molteplici benefici che derivano da una maggiore presenza e una più piena valorizzazione del contributo delle donne nell’economia e nella società”, ha sottolineando, aggiungendo: “il raggiungimento della parità di genere nel mercato del lavoro è ancora lontano“. In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, il divario fra tasso di occupazione delle donne e quello degli uomini è del 18,9%, in Europa fa peggio solo Malta.
La situazione peggiora, “naturalmente”, se le donne hanno figli. In Italia l’11,1% delle madri con almeno un figlio non ha mai lavorato. Un dato che è quasi tre volte la media dell’Ue pari al 3,7%. Il tasso di occupazione delle madri tra 25 e 54 anni che si occupano di figli piccoli o parenti non autosufficienti è del 57% a fronte dell’89,3% dei padri. Ma a guardare bene lo spaccato per livello di educazione il divario è davvero notevole fra l’80% del tasso di occupazione delle laureate e il 34% di coloro che hanno la terza media o meno ancora, secondo i dati diffusi dall’Istat dal titolo “Conciliazione tra lavoro e famiglia/Anno 2018“, pubblicato a metà novembre.
Tornando al Global Gender Gap Report sull’Italia pesa anche la differenza salariale fra uomini e donne a parità di livello e di mansioni. Nel 2019 il calo dall’8,8% al 7,4% non ha portato l’Italia fra i Paesi più virtuosi in Europa. E più le donne studiano, più aumenta il divario: se un laureato uomo guadagna il 32,6% in più di un diplomato, una laureata guadagna solo il 14,3% in più. Non solo. Le donne faticano a fare carriera e la percentuale di donne fra professionisti e manager non ci agevola a scalare di qualche posizione la classifica. A poco, in questo caso, serve la legge Golfo-Mosca, che ha portato sì la percentuale di donne nei board delle società quotate italiane al 36,4%, ma non ha avuto alcun impatto, neanche indiretto, sull’aumento della percentuale femminile nel management.
Sul fronte dell’educazione l’Italia sembra essere ben posizionata, con un ranking 55 su 149 Paesi, stessa cosa si dica sul fronte della politica, anche se siamo scesi da 38 a 44esimo Paese. Insomma a conti fatti c’è ancora molto da fare, soprattutto se ci confrontiamo con Paesi europei. Il Nord Europa viaggia ormai su un’altra orbita e lo ha dimostrato solo qualche giorno fa il nuovo governo finlandese guidato da Sanna Marin.
A guidare la classifica del World Economic Forum è l’Islanda, seguita da Norvegia, Finlandia e Svezia. Al quinto posto si trova il Nicaragua, seguito da Nuova Zelanda, Irlanda, Spagna, Rwanda e Germania.
La Spagna non è certo lontana da noi per cultura e per condizioni generali del Paese. Eppure loro sono all’ottavo posto e noi al 76esimo. E’ vero che il Paese oltre i Pirenei ha qualche difficoltà a trovare una solida maggioranza di governo, ma è anche vero che il Parlamento spagnolo è quello con la più alta percentuale di donne in Europa, il 47% contro una media dei 153 Paesi del Global Gender Gap report del 25,2%. Solo la cartina tornasole di una situazione in costante miglioramento nell’ultimo decennio. Un caso da studiare, per vedere cosa si sta muovendo e come.