Università, dal Portogallo la ricetta per la carriera delle donne

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Le università possono aiutare le donne a diventare più brave di quanto già siano, garantendo loro una formazione di alto livello. Ma anche diventare il motore di quel cambiamento culturale che ancora manca per realizzare una vera e propria leadership al femminile. Concreta, accessibile a tutte e non solo sulla carta. Ne è convinta Isabel Capeloa Gil, rettrice dell’università Cattolica del Portogallo e prima presidente donna della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (Fiuc). Nei mesi scorsi la rettrice è stata in Italia per la riunione del Consiglio Scientifico dell’Avepro, l’Agenzia della Santa Sede per la valutazione delle università ecclesiastiche del quale fa parte. e in quell’occasione l’abbiamo incontrata per capire quanto ancora c’è da fare per garantire alle donne europee percorsi di carriera senza ostacoli. “Abbiamo uguali opportunità per legge, ma il problema è la pratica, è la cultura che ancora non permette alle donne di andare avanti“, dice la rettrice in un’intervista ad Alley Oop, spiegando come le università rivestano “un ruolo chiave non solo nell’educare le donne sui temi della leadership, ma anche nel promuovere nel favorire consapevolezza di sé e autostima“.

isabel-maria-de-oliveira-capeloa-gilUn’autostima che può certamente partire dagli eloquenti dati sul livello di formazione delle giovani in Europa.  “Se guardiamo alla media Ue per il 2018 – spiega Capeloa Gil – possiamo dire che ci sono più donne laureate che uomini: le prime rappresentano il 51-52%, contro un 48- 49% di uomini“. Così come i dati sulle immatricolazioni agli atenei, che parlano di studentesse più numerose degli studenti. “Il problema non è quello di far entrare le donne nelle aziende, ma di prevedere politiche che permettano alle donne di conciliare lavoro e vita familiare” spiega la rettrice, secondo la quale proprio questo è uno dei punti sui quali serve “cambio di cultura” sottolinea la rettrice, secondo la quale: “La cura dei figli è una questione che riguarda donne e uomini allo stesso modo e anche se moltissime aziende ormai prevedono congedi parentali anche per i papà, la percentuale di uomini che approfitta di questa opportunità è ancora estremamente bassa“.

Ma l’ostacolo, a volte, è invece la paura di non farcela, di non essere all’altezza: “Ci sono tante professioniste bravissime – dice –  che non vogliono fare quell’ultimo passo verso il vertice perché sentono di non avere le condizioni per conciliare la vita familiare con l’impegno che leadership aziendale richiede“. Ma oltre a valide politiche di conciliazione famiglia-lavoro e di un ambiente dove le donne si sentano sicure di poter fare quel “passo in più” verso la vetta, secondo la rettrice bisogna creare le condizioni perché nelle aziende, nel mondo accademico e in politica  “il 50% delle donne e il 50% degli uomini siano presi in considerazione per le posizioni di vertice“.

In ogni caso, l’emancipazione dai quei pregiudizi che (ancora) gravano sulle carriere al femminile sembra partire da una scelta più di cuore (e di pancia) che di testa.  Prima di congedarci, abbiamo chiesto alla rettrice: quale consiglio darebbe a una giovane studentessa che sta per iscriversi all’università? “Scegli una laurea non solo in funzione del lavoro che vorrai fare – ha risposto –  segui i tuoi sogni sempre e lotta per quello in cui credi“.