Mamma tramonta, la zitella è una frittella. Il bestiario dei libri di scuola

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“Nel tuo lavoro sono poche le donne, perché le femmine non vogliono fare le giornaliste. Vogliono fare le parrucchiere e le ballerine”.

A parlare così era mio figlio. Lo guardavo attonita e non potevo credere alle mie orecchie. Anni passati a scegliere libri, cartoni animati e storie senza stereotipi. Era lui, che a due anni aveva ricevuto da Babbo Natale la cucina giocattolo. Lui, che aveva messo il rosa con polo e camicie, lui a cui era stato insegnato che non esistono giochi da femmina e giochi da maschio. Lui, che è venuto ad ascoltare la mia intervista a Bebe Vio e che ho portato a conoscere Samantha Cristoforetti, lui che ogni sera mi metteva in mano “Storie della buonanotte per bambine ribelli” e mi diceva: “Ancora un’altra, mamma”.

– Amore, perché pensi questo?

– E quello che dicono le mie compagne quando le maestre chiedono cosa vogliamo fare da grandi.

Allora capisci la potenza di quello che c’è là fuori. A cominciare dalla scuola, con libri, storie e conversazioni di cui non conosci i contenuti, ma che ti arrivano in casa.

Negli ultimi giorni è diventata virale l’immagine del libro che attribuisce alla mamma i verbi cucinare e stirare e al papà lavorare e leggere. Mi ha stupito che abbia stupito. Chiunque ha figli e si è seduto accanto a loro a fare i compiti si è visto passare sotto il naso certi stereotipi. Io, anni fa, avevo iniziato a fare una collezione fra quelli che trovavo online e quelli che mi giravano amici e amiche. E posso dirvi che quell’esercizio non è neanche nuovo, perché esisteva già nella vecchia versione del libro. E nessuno ha pensato di toglierlo. Hanno cambiato immagini sì, ma non i verbi, come dimostrano le foto qui di seguito.

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Cambia il disegno e la grafica ma la mamma continua a cucinare, stirare e tramontare. Un altro fulgido esempio della visione di mamma e papà sui libri di scuola è quello della foto che ho messo in apertura. La “supermamma” si mette il rossetto, cucina i tortelli, stira le camicie, va in posta, fa la spesa, certo va anche in ufficio a lavorare e beve il tè con le amiche, ma ha sempre tempo per i figli. Il “papone” invece, mentre la mamma ha cucinato, apparecchiato e fatto sedere i figli a tavola, se ne sta davanti alla tv a sentire il telegiornale, controlla le mail e forse quando ha finito i suoi comodi va a sedersi per cenare con la famiglia. Attenzione, però: certi stereotipi non fanno male solo alle donne, perché, come in questo caso, non rendono neanche giustizia alle nuove generazioni di papà che hanno un’attenzione per i figli e la famiglia non ancora rappresentata nei libri di scuola. Restano il corpo estraneo del nucleo familiare, tutti lavoro e se stessi.

ce6532b8-95f4-4f82-a694-ccfd9fb8a2f9E la lista degli esempi è lunga. Le faccende di casa alle donne, il lavoro e il divertimento, anche quello con i figli, agli uomini. E il lavoro di cura? Quello innegabilmente alle donne, perché i figli, nell’immaginario, sono ancora di proprietà delle mamme, tanto è vero che a parlare con le maestre, anche nei libri di scuola, ci vanno le madri e non i padri. Così le donne sono soprattutto mamme e gli uomini soprattutto uomini, come nell’esercizio sotto.

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Perché la donna, tutto sommato, se non è mamma non ha un’identità.  Peggio ancora se non è neanche in coppia: che funzione sociale può avere? È solo una povera zitella. Solo? No, è una donna brutta che nessuno vuol sposare! Sempre secondo un altro libro per la nostra scuola elementare.

Cambiano i tempi e gli stereotipi resistono e si adattano. Naturalmente, infatti, l‘innovazione e il digitale sono affari da papà. Perché mamma è quella che ancora sogna per te un futuro da violinista, mentre papà sa che sarai un mago dei computer.

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e16d8e02-9980-4050-891d-1465eedc55b2Perché, diciamocelo, per la tecnologia le mamme sono proprio negate anche quando si parla semplicemente dell’uso di uno smartphone. Per loro è tutta una novità, mentre i papà dominano la materia. E questo succede un po’ con tutte le professioni che hanno un profilo scientifico, come a dire: non è cosa da donne.

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Ma non si tratta solo di mamme e papà. Perché di stereotipi, nei libri di scuola ce n’è per tutti, a cominciare dai nonni. La nonna naturalmente cucina e fa la maglia, il nonno continua, come faceva da papà, a leggere il giornale e fumare la pipa.

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E chi di stereotipi ferisce, di stereotipi perisce. Si potrebbe paragrafare così la sorte delle maestre. Perché se gli uomini sono svegli, simpatici, divertenti e interessanti come papà e come nonni, lo sono anche come maestri. Mentre le maestre sono quelle che se ne stanno lì a chiacchierare fra loro nell’intervallo.

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Dagli adulti ai bambini. Come non dare loro una visione del futuro? Un futuro assolutamente diversificato per genere e già scritto: così le bambine sono quelle destinate a pulire e i bambini quelli che dovranno fare gli eroi e salvare il mondo. Anche sulle copertine dei quadernoni (che poi vorrei conoscere un genitore che compra un quadernone con in copertina una bambina che fa le pulizie!).

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Con la scuola primaria una sequela di stereotipi invade l’immaginario dei nostri bambini anche rispetto alle loro potenzialità e a quello che “sono portati” a fare: dal fatto che da piccole le bambine giocano con le bambole e preparano la torta, mentre i bambini suonano strumenti, fanno sub e giocano su un prato. Alle prospettive per il loro futuro: alle bambine si dice: ti piace il rosa, farai la ballerina e dovrai essere bella. Ai bambini si dice sei forte, coraggioso e portato a grandi imprese. Che se poi vogliamo, anche in questo secondo caso suona un po’ come un macigno sulle spalle.

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Il discorso sui libri di scuola, però, è ben più ampio di quello sugli stereotipi di genere. Perché poi ci sono quelli sugli immigrati, ad esempio:

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Ma non manca chi si lancia in novità scientifiche, come nel caso di questo libro della prima media.

Insomma, che dire, cari genitori, insegnanti, educatori, presidi, autori di libri, editori scolastici: forse è il caso di mettersi a tavolino e ripensare questa nostra scuola. Perché ognuno di noi si porta dentro i propri stereotipi e combatterli è dura. Ma insieme possiamo farcela.