Le aziende che corrono su filo dell’innovazione stanno adottando sempre più modelli organizzativi orizzontali, dove le gerarchie lasciano spazio a una leadership diffusa che rende il processo decisionale ben più veloce e dove si lavora per team multidisciplinari flessibili e funzionali al progetto e all’obiettivo da perseguire. Tale trasformazione si accompagna a una responsabilizzazione, autonomia e, anche, autoimprenditorialità delle persone, che si traduce in modelli di lavoro improntati a una maggiore libertà di movimento nello spazio e nel tempo.
Le nuove modalità di smart working e anche di welfare aziendale creano un ecosistema aziendale che offre alle persone un nuovo ambiente lavorativo, più favorevole in cui muoversi, con un impatto in termini di engagement non trascurabile. Ma cosa chiedono le imprese in cambio? Dalla corporate citizenship alla richiesta di essere ambassador e testimonial della propria società, fino a un’identificazione con la filosofia e l’immagine aziendale, che – secondo alcuni psicologi del lavoro ed economisti, come Luigino Bruno – possono finire per “rubare l’anima” alle persone.
L’equilibrio, si sa, è sempre la condizione più difficile da trovare, e non può che essere il frutto di un percorso – sia a livello individuale sia a livello aziendale – di consapevolezza. Il tema è urgente soprattutto per le donne, che in questa condizione di maggiore libertà spazio-tempo di lavoro, rischiano di rimanere schiacciate senza neppure accorgersene. Alla faccia del work-life balance! Come afferma Laura Torretta, counselor sistemico relazionale e formatrice in ambito privato e aziendale: «Il tempo e il suo utilizzo sono variabili centrali nella nostra vita, Spesso determinano il nostro grado di maggiore o minore soddisfazione e ben-essere. Ma spesso i nostri tempi sono dettati da altri, e da altro fuori da noi. Inoltre, le nuove tecnologie ci hanno invaso e dare confini temporali al nostro essere oltre che al nostro fare è sempre più complicato».
Per non farsi rubare il proprio tempo, unica risorsa in progressivo esaurimento, dunque, abbiamo bisogno di sviluppare ed esercitare la pratica della consapevolezza, che significa allenare alcune abilità fondamentali nella quotidianità. Eccole di seguito, tratte dal lavoro Ricomincio da Me con il Counseling di Laura Torretta, che offre un percorso di approfondimento, attraverso tredici narrazioni di riconquista di se stessi. «In realtà, le storie di tras-formazione e cambiamento sono quattordici…ci sono anche io. Non potrei aiutare gli altri, se non avessi prima preso coscienza dei miei limiti e delle mie risorse, se non avessi prima aiutato me stessa a ritrovare il mio centro» osserva Torretta.
Ma, prima di proseguire, la definizione di consapevolezza formulata da Nisargadatta Maharai, maestro spirituale indiano, è d’uopo: “Osservandoti nella vita quotidiana con attento interesse, con l’intenzione di capire piuttosto che giudicare, nell’accettazione completa di qualunque cosa possa emergere, per il solo fatto che è lì, tu dai modo a ciò che è profondo di venire in superficie e di arricchire la tua vita e la tua coscienza con le sue energie imprigionate. Questo è il grande lavoro della consapevolezza: rimuove gli ostacoli e libera le energie tramite la comprensione della natura della vita e della mente. L’intelligenza è la porta della libertà e l’attenzione cosciente è la madre dell’intelligenza”.
Come praticare la consapevolezza
La consapevolezza è il fattore centrale della nostra evoluzione, che si traduce in una serie di valori e comportamenti.
Resilienza. Questa forza evolutiva è stata studiata da Al Siebert ed è una delle possibili strategie che attiviamo per far fronte ai cambiamenti. L’unica funzionale per andare avanti veramente. La resilienza dipende da diversi elementi: relativi all’ambiente famigliare (buon attaccamento affettivo, buoni rapporti di fiducia e rispetto…), personologici (avere empatia, avere autostima, avere una buona affettività…), cognitivi (essere flessibili, adattabili, curiosi, ironici, avere un progetto di vita, assumere responsabilità, guardare in prospettiva…). Ciascuno di noi, in cuor suo, sa se è più o meno resiliente. Questa forza interiore si può educare e sviluppare, ad esempio ricercando “le prime volte”, ovvero quelle occasioni in cui abbiamo fatto cose diverse in modo diverso, mettendoci alla prova prima che la vita ci metta alla prova.
Presenza. Sono in uno stato di presenza a me stesso quando connetto corpo e mente con una respirazione consapevole. Quando sono presente sono attento “hic et nunc” (qui e ora), sono centrato, sento l’esperienza del momento per come si presenta, attimo per attimo. Se sono in uno stato di presenza la mia mente è aperta all’esperienza del momento, non rimugina sul passato (ormai andato) e non si proietta sulle aspettative future (ancora da venire). È l’unico spazio dal quale possiamo apprendere e cambiare veramente.
Umiltà. Essere umile significa accettare consapevolmente di “sapere di non sapere”. La definizione di una persona umile è quella di chi sta con i piedi sull’humus, cioè con i piedi ben radicati alla terra, i piedi sono le nostre radici e appoggiati per terra possono, metaforicamente, prendere il nutrimento della natura. Diversamente, come siamo soliti dire, se stiamo “con i piedi per aria” abbiamo perso stabilità nella vita e ci siamo allontanati dal radicamento ai nostri obiettivi più veri. La persona umile è aperta all’apprendimento costante, ammette i propri errori, promuove la sperimentazione per evolversi, ricerca la libertà di essere come vuole essere.
Pazienza. Nel Vangelo di Luca si legge “Nella pazienza possederai il tuo cuore”. È un valore che ci permette di accettare con animo tranquillo le controversie, che ci rende tolleranti e perseveranti, che argina la nostra tendenza impulsiva a fuggire o combattere. È più nota, al contrario, l’impazienza, una forma di protezione in situazioni che la nostra mente cataloga come negative, perché vanno contro le nostre aspettative. Per tornare ad essere pazienti bisogna andare controcorrente cioè contro i nostri impulsi abitudinari: all’inizio è più faticoso, ma il risultato è sorprendente, il cuore si rasserena.
Compassione. Non si tratta di pietismo o compatimento. La vera compassione ci permette di vedere con autenticità nell’altro un nostro simile, ci fa entrare in intima comunione di sentimenti, ci fa comprendere e compartecipare delle emozioni altrui, riflette l’anelito del cuore a soffrire con l’altro per le sue difficoltà. Trovo molto efficaci le parole del Dalai Lama “La compassione è l’unica via contro la rovina collettiva […] Una disposizione che si nutre di stati mentali, raggiunti principalmente attraverso la pratica della meditazione, in cui le tensioni interiori sono placate, la mente è calma e si è raggiunta una duratura serenità interiore”.
Lentezza. Cosa dice la saggezza popolare? “Chi va piano…va sano e va lontano…” “E poi la gatta frettolosa ha fatto i gattini ciechi”. Se vogliamo ritrovare uno stato di presenza nella nostra vita frenetica occorre rallentare la corsa. Garantisco che recuperiamo più tempo andando meno veloci ma più attenti. Abbiamo più chiarezza su cosa viene prima e cosa viene dopo, decidiamo con più assertività cosa fare e cosa rifiutare. È un valore così importante che viene festeggiato da undici anni con la giornata mondiale della lentezza, una giornata che invita a rallentare il ritmo di vivere, invita a riflettere per ritrovare sia il significato nella vita che l’equilibrio personale.
Gratitudine. L’utilità di coltivare e diffondere riconoscenza, per noi e per gli altri, è essenziale. La nostra società ci porta a giudicare i risultati con parametri di performance crescente, guardiamo sempre “all’erba del vicino” e non ci diamo merito per i piccoli passi fatti, non ringraziamo abitualmente noi stessi e le persone che giorno dopo giorno ci vengono in aiuto con le loro parole, i loro gesti e le loro azioni. Ha senso invece recuperare tempo per manifestare la gratitudine per ogni stimolo vitale quotidiano. È un buon esercizio per riempire il cuore di benessere.
Umorismo. L’umorismo è un’arte che permette di sdrammatizzare gli eventi della vita. Con questa risorsa viviamo con più leggerezza, lasciando andare i macigni dal cuore possiamo di nuovo volare. Anche qui si può progredire togliendo i pesi che ancora ci impediscono di spiccare il volo, possiamo vivere la vita con autoironia senza prenderci sempre troppo sul serio. Invece di chiuderci a riccio per proteggerci da chi ci offende o ci vuole togliere valore, restituiamo al mittente con garbo un’altra battuta di spirito.
Respons-abilità. Il valore della consapevolezza responsabile è centrale nella vita di ciascuno di noi. Una parola a volte abusata e condita con profondo senso del dovere o della colpa. In realtà, si riferisce in questo caso alla capacità di rispondere a una determinata condizione o situazione (respons-abilità = abilità a rispondere). Per ricominciare da sé occorre assumere responsabilità su chi siamo e su chi vogliamo essere: responsabilità di Sé. Per tornare al centro del proprio benessere è vitale essere capaci di dare una risposta sulle proprie intenzioni, emozioni, azioni, risultati in modo consapevole per raggiungere i propri obiettivi.
«Questi sono i valori e i comportamenti principali che vedo io oggi – conclude Torretta -, stimolo ognuno di voi nella sua unicità e libertà ad aggiungerne altri, quelli che sentite più importanti ora. Basta prendersi il tempo per ascoltarsi, osservarsi veramente ed emergeranno». Un bel compito per iniziare l’anno nuovo!