Bambini poveri. Il Reddito di inclusione può essere un aiuto?

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Con la povertà e le difficoltà economiche delle famiglie è sempre difficile confrontarsi. Da sempre AlleyOop ha affrontato questo delicato argomento in modo trasversale raccontandolo, recentemente, dal punto di vista dei NEET (Not in education, employment or training – cioè giovani di 15-29 anni che non studiano e non lavorano), da quello dei Millenials fino agli Xennials. Tutte sigle che inquadrano tipologie diverse di giovani e meno giovani che affrontano e fronteggiano in modo diverso le difficoltà economiche. In questo proliferare di sigle c’è però una categoria che rimane senza etichetta e senza voce pur essendo suo malgrado parte del sistema economico: i bambini. I bambini sono semplicemente “bambini”. E tanto basta ad inquadrarli. Quando poi si parla di povertà collegata al mondo dell’infanzia si fa difficoltà a trovare una chiave di lettura adeguata.

I dati emersi dall’ultima campagna di Save the Children raccontano di una povertà minorile in continua crescita anche in Italia, dove ormai rappresenta una vera e propria emergenza. I numeri sono soffocanti se pensiamo che dietro a ogni cifra c’è il volto e la storia di un bambino. In dieci anni le famiglie in condizione di povertà assoluta con minori sono quintuplicate, passando dal 2% del 2006 al 10% del 2016: attualmente sono 669.000 i nuclei in tale situazione di disagio, per un totale di 1.292.000 bambini (il 36% dei quali ha meno di 6 anni), che rappresentano il 12,5% della popolazione sotto i 18 anni nel Paese. Il numero di minori in povertà assoluta ha registrato, in un solo anno (dal 2015 al 2016), un incremento del 14% (fonte Istat, dati riferiti al 2016).

Una povertà che colpisce la salute, la nutrizione e l’educazione e che i bambini subiscono in modo passivo all’interno del contesto familiare. Da questo mese di dicembre è stato messo a disposizione delle famiglie un nuovo strumento di contrasto alla povertà: il Reddito di inclusione (REI). Le famiglie potranno richiederlo dal 1° dicembre 2017 presso il Comune di residenza (o eventuali altri punti di accesso che verranno indicati dai Comuni) e si compone di due parti:

– un beneficio economico, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta REI) che varia in base al numero dei componenti il nucleo familiare e dipende dalle risorse economiche già possedute dal nucleo medesimo
– un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà, predisposto sotto la regia dei servizi sociali del Comune.

La seconda parte è sicuramente la più interessante e la più delicata perché coinvolge in modo attivo e personalizzato tutto il nucleo familiare, inclusi i minori. Ascolto e partecipazione di bambini e adolescenti dovrebbero auspicabilmente diventare il fulcro di questo nuovo percorso familiare e sociale.

“Sono 700.000 i possibili minori beneficiari del reddito d’inclusione, su un totale di 1.8 milioni di potenziali destinatari. Affinché la strategia di contrasto alla povertà minorile sia efficace, è necessario che al reddito d’inclusione, il quale rappresenta un positivo passo avanti, siano affiancate adeguate misure rivolte in modo mirato ai bambini e ai ragazzi in condizioni di svantaggio” ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia Europa di Save the Children, l’Organizzazione internazionale, dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e a promuoverne i loro diritti.

Il nuovo sussidio nazionale entrerà in vigore dal primo gennaio 2018, sostituendo il sostegno per l’inclusione attiva (SIA): nella fase di prima applicazione, fino al 30 giugno, ne beneficeranno potenzialmente circa 500.000 nuclei familiari, di cui 420.000 con minori; da luglio, quando il sussidio diventerà universale (vengono meno i requisiti familiari e sussistono solo quelli economici), i nuclei saliranno a 700.000.